Il primo articolo sull’argomento, estratto dal sito Ocean4Future a cura di Gian Carlo Poddighe.

Teoricamente la posizione migliore per ciascun sensore su una nave sarebbe in cima all’albero, il più alto e più in alto possibile. Più sensori significano più antenne, arrivando ad un impossibile affollamento ed all’ incompatibilità per interferenze e vicinanza. Tali sistemazioni arrivano a comportare l’uso alterno dei sensori, disposti sullo stesso albero od in posizioni vicine, data la necessità di spegnere un sistema prima di poterne utilizzare un altro.

La moltiplicazione degli alberi su cui sistemare i sensori, via seguita dalla metà del secolo scorso, aveva evidenti limiti. Sino a tempi relativamente recenti la scelta dei sensori era quasi indipendente da ciascuno dei servivi di bordo, con asservimenti e impiego “diffusi” in ogni spazio a bordo considerato utile ed opportuno. Di conseguenza, poiché tutti i sistemi (e relativi sensori) venivano (ed in certa misura ancora vengono) installati separatamente a bordo e successivamente integrati e testati, aumentano notevolmente i tempi e i costi necessari per l’allestimento di una nave militare, e spesso con difformità tra unità della stessa classe, soprattutto quando non costruite contemporaneamente. La recente tendenza allo sviluppo di sovrastrutture integrate, piuttosto che di alberi nelle varie forme ha portato alla sparizione delle dozzine di antenne e sensori che si sistemavano praticamente su ogni mensola realizzabile e supportabile sugli alberi o sulla parte superiore delle sovrastrutture di una nave da guerra. Strutture integrate, che dei tradizionali “alberi” hanno ben poco, realizzate grazie all’ impiego di nuovi materiali e lo sviluppo di tecnologie innovative dirette al sistema e non al singolo sensore, con l’ottimizzazione delle prestazioni non solo del sensore stesso ma dell’intero sistema.
Strutture integrate che hanno permesso la creazione di moduli preallestiti, al pari di altre sezioni nave, con riduzione di costi e tempi di allestimento ma soprattutto prove di funzionamento prima dell’installazione in cantiere Esistono problemi di interazione (e quindi integrazione e posizionamento) con gli scarichi delle motrici, ma a fini divulgativi ci si limita a tratteggiare l’evoluzione degli “alberi non più alberi” integrati in funzione dei sistemi e servizi di sorveglianza, scoperta e navigazione, guerra elettronica (EW), comunicazione nonché il loro condizionamento nelle più recenti costruzioni navali.
La piattaforma nave ha oggi un orizzonte di impiego di circa trent’anni (di vita anche maggiore), al contrario dei sistemi di bordo e della sensoristica con una media di dieci anni e quindi deve essere facilitata e programmata la loro sostituzione o adeguamento con minimi interventi strutturali e ridotti tempi di fermo nave, nel possibile riconducibili a “interventi chirurgici”.

Presupposti e condizioni
In che modo un’antenna viene progettata per l’uso navigazione, controllo del fuoco di armi, comunicazioni, contromisure elettroniche o per qualsiasi altro motivo e infine installata a bordo di una unità navale di superficie? La risposta dovrebbe essere che fa parte della procedura di progettazione dell’antenna. Sebbene la risposta sia semplice, il processo di posizionamento ed installazione non lo è.
C’è stato un tempo in cui questa procedura di progettazione, denominata “dart-boarding” (il gioco delle freccette, quelle che ciascun capo servizio tracciava sui piani per riservarsi spazi e posizioni), si basava su un’ipotesi plausibile per il layout più fattibile delle antenne, seguita da una verifica sperimentale. Il ripiego elementare era anche quello di distanziare e sfalsare il più possibile tra loro almeno i sensori principali.

Con l’aumentare della dipendenza da sistemi elettronici come comunicazioni, scoperta, navigazione, controllo del tiro, identificazione amici/nemici (IFF), contromisure elettroniche e operazioni aeronautiche, ci si è resi conto che apparecchiature elettroniche complesse e di difficile ed esigente sistemazione a bordo erano poco utili a meno che godessero di soddisfacenti prestazioni dell’antenna. I precedenti metodi di progettazione dell’antenna e di sistemazione a priori in posizioni accettabili anche se non teoricamente ottimali non erano più adeguati; si superò (anche se non completamente) il gioco delle freccette, per orientarsi verso un’attenta pianificazione/ottimizzazione ingegneristica/scientifica di sistema.
Tradizionalmente nella progettazione navale si prendevano in considerazione pochi e semplici concetti relativi alle antenne da sistemare a bordo, grosso modo in tre gruppi di antenne:
– omnidirezionali: utilizzate principalmente per comunicazioni, navigazione aerea e ricezione passiva. Questi soddisfano la necessità di navi e aerei di manovrare indipendentemente l’uno dall’altro e dalle stazioni radio fisse.
– direzionali: utilizzate per trasmettere e ricevere energia concentrata nello spazio da una sola direzione, variabile di volta in volta, come nel caso più usuale delle a. rotanti. Era (è) il caso di radar di vario genere, del controllo del tiro, delle comunicazioni satellitari, tutti sistemi destinati a captare informazioni su o da oggetti remoti.
– direzionali: utilizzate per determinare il rilevamento della radiazione incidente; impiegate inizialmente per la navigazione e contromisure elettroniche (ECM).
La dotazione minima/base di un’unità navale in termini di sensori riguarda antenne di comunicazione da HF a UHF, radar di navigazione, radar di sorveglianza, IFF, Radar di tiro, ESM, jammer, sensori elettro-ottici e up-link missilistici. Dotazioni che riguardano un gran numero ed una notevole varietà di servizi con antenne da sistemare in uno spazio estremamente ristretto: una problematica difficile, come mole e diversità, che non ha riscontri in altri settori della progettazione navale. Il raggruppamento di così tante antenne in così poco spazio, oltre alla necessità di emissione e ricezione simultanee insieme all’indesiderabile, ma inevitabile, accoppiamento e irradiazione elettromagnetica provocato da una miriade di apparati ma anche fra e da semplici oggetti metallici a bordo della nave, si traduce in un arduo problema di integrazione. In passato tale problema di configurazione/posizionamento trovava soluzione nel distanziamento e nel miglior compromesso del momento, basato sulla ricerca – in termini di efficienza generale del sistema – del minor degrado delle prestazioni complessive (punto di vista del cantiere, sottostando comunque la possibilità di miglior risposta e maggior efficienza di singoli sistemi settorializzando l’uso in particolari situazioni operative). Il distanziamento e la moltiplicazione delle posizioni dei sensori e delle antenne creava enormi problemi, costi e soprattutto tempi, nel primo allestimento delle unità e poi in occasione non solo di ogni refitting ma anche del frequente caso della sola sostituzione di alcuni apparati: bisognava destreggiarsi tra esteso smontaggi, un intrico di passerelle cavi, nuovi collegamenti, guide d’onda dove necessarie, che rivoluzionavano e condizionavamo gli allestimenti interni, imponendo lunghe soste e ritardi nella messa punto, e solo dopo questa fase si poteva procedere al ripristino delle sistemazioni interne e dell’abitabilità.
Fine I parte – continua
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Giancarlo Poddighe

Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.