Dal sito Ocean4Future la quarta parte sull’argomento a cura di Gian Carlo Poddighe

La soluzione oggi concettualmente più diffusa è quella inizialmente proposta dall’industria olandese e poi adottata dalla Reale Marina Olandese per i nuovi pattugliatori di altura impostati nel 2009, definita I-MAST (Integrated MAST, ossia albero integrato). Un approccio concettuale ed uno sviluppo progettuale completamente diversi dal layout tradizionale che considerano i sensori un optional a tutti gli effetti e li integrano in una struttura separata, autonoma, installabile quasi come un gioco Lego.

Autonomia ed indipendenza totale tra sistema nave e sistema C4I (comando, controllo, comunicazione, computer e intelligence) che converte questo grande pattugliatore in una unità navale, con varie opzioni come configurazione di armamento. Nella foto si evidenzia come il HNLMS FRIESLAND, P842, pattugliatore da 109 mt e 3750 T di dislocamento, abbia operato completamente allestito ma senza aver imbarcato il sistema di combattimento ed i principali sensori di scoperta (Foto defensie.nl)
Una struttura portante che ospita i sensori radar, optronici e di comunicazione e le antenne, nonché tutti gli “armadi” e le periferiche, che viene collocata (si potrebbe dire “a piacere” o meglio secondo necessità) in posizione centrale sovrastante le sovrastrutture tradizionali. Una semplificazione costruttiva che concentra la maggior parte dei sistemi in un modulo prefabbricato senza dover sottostare alle costose e lunghe procedure di installazione, cablaggi, sistemazione e calibratura di antenne in fase di allestimento. Nell’I-Mast non solo è possibile il preallestimento ed il cablaggio, alla stregua in un tipico modulo prefabbricato di scafo, ma la possibilità di testare la funzionalità dei sistemi prima della collocazione del modulo a bordo, in pratica l’applicazione del concetto Turn Key per sensori ed elettronica di ricerca e combattimento, che possono essere sostituiti nel tempo e di fatto, all’interno di opportuni parametri relativi a utenze, consumi e carichi che possono essere variati a piacere. Nella fase finale di costruzione, nel corso di refitting o anche nel caso di cambi di destinazione e configurazione di impiego, il “modulo alberatura” viene imbarcato come blocco sull’ unita, sia che si trovi ancora sullo scalo a completamento delle sovrastrutture, sia che si trovi in una sosta di manutenzione di durata contenuta.

FRIESLAND, P842, pattugliatore da 109 mt e 3750 T di dislocamento con I-MAST 500 in posizione e sistema C4I operativo (Foto defensie.nl)
Un’ottimizzazione tecnico/industriale ancor prima che operativa che permette ai cantieri di approntare rapidamente la piattaforma nave ed eventualmente accettare un contratto ed un rapporto diverso tra il proprio utente/cliente ed i fornitori dei sistemi d’arma e C4I. Per il cantiere si tratta di predisporre un’interfaccia relativamente semplice e versatile per i collegamenti alla rete di alimentazione, ai servizi di condizionamento e refrigerazione, agli utenti dei sistemi di combattimento, realizzando una sorta di plug and play che si concreta con il collegamento meccanico del “complesso alberatura” alle sovrastrutture, una operazione che in forma relativamente agevole e rapida può essere ripetuta in caso di aggiornamento dei sistemi e refitting. L’alberatura perde la sua natura di struttura isolata di sostegno e diventa un normale modulo pressurizzato, parte integrante della cittadella della nave, fornendo tutta la classe di protezioni previste: NBC, antiradiazioni e/magnetiche, antishock, antincendio, antivibrazioni, ambientali ed atmosferiche in condizioni estreme. Ovviamente la concentrazione dei sistemi crea una vulnerabilità maggiore di quella dei sistemi tradizionali e viene a mancare l’efficacia di eventuali ridondanze e/o molteplici posizionamenti. Nel caso in esame, quale modello replicabile, è stata adottata una struttura portante esterna in acciaio per facilitare l’integrazione di diversi tipi di sensori e comunicazioni, con apparecchiature disposte su quattro livelli di ponte (ponte superiore, ponte antenne superiore, ponte antenne inferiore, ponte attrezzature). Un condotto schermato o “backbone” instrada il cablaggio e i circuiti di raffreddamento in posizione centrale del modulo per i collegamenti con le singole apparecchiature. Tutti gli “armadi” ed i sistemi di processo sono sistemati nel ponte inferiore del modulo, lo stesso che costituisce l’interfaccia con la “piattaforma nave”, con agevole accesso per il personale e ridondanza di alimentazioni con allacciamenti attraverso panelli posizionati su ambedue i lati, dr e Sn. I servizi instradati attraverso questi pannelli riguardano energia, acqua, aria, dati nave, monitoraggio e controllo, doppia comunicazione, bus di sistemi video e di combattimento e interfacce ausiliarie.

Assonometria generale ed indicazione dei sensori riferiti alla struttura esterna del I-MAST 500
In questa configurazione tutti gli apparati e sensori di un I-Mast hanno la possibilità e capacità di operare a 360° ed in forma simultanea senza essere afflitti da interferenze. La scoperta è affidata a radar phased array attivi, non rotanti a quattro facce, con un rilevante miglioramento delle prestazioni: poiché le quattro facce operano contemporaneamente per la sorveglianza aerea e di superficie, con il vantaggio di ridurre di quattro volte i tempi di battuta sul bersaglio tipiche di un radar rotante. La scelta del radar di sorveglianza di superficie è mirata alla scoperta ed al tracciato di piccoli oggetti(minime dimensioni, come la testa di un naufrago) anche in caso di moto ondoso, contribuendo enormemente al controllo dell’ambiente circostante in scenari costieri, ambienti estremamente complessi per la densità di echi e segnali, tanto naturali come artificiali, dovuti all’ intenso traffico commerciale aereo e marittimo, allo stesso traffico veicolare lungo la costa, agli effetti della propagazione anomala.
A complicare ulteriormente il problema, negli ultimi anni si è assistito all’emergere di un insieme di minacce sempre più “asimmetriche” (veicoli aerei senza equipaggio, mezzi veloci da attacco costiero, alianti, gommoni, incursori e mine) che sono intrinsecamente difficili da rilevare in sfondi ad alto disordine. Lo sviluppo di “alberi” integrati è mirato alla soluzione di questi problemi, grazie all’integrazione tra sistemi con diversi sensori che devono operare simultaneamente e non devono presentare interferenze o limitazioni di campo.

Uno schema di funzionamento ideale di un “albero integrato” i cui apparati e sensori possono operare contemporaneamente senza settori ciechi e senza interferenze reciproche a 360 e su tutto l’arco verticale.
Questa breve panoramica a campione dimostra come il concetto di “albero integrato” sia oggi universalmente accettato con una certa convergenza su poche soluzioni; non si tratta più di realizzazioni né sperimentali né prototipiche e l’impatto dell’albero integrato incide notevolmente sulla progettazione della “piattaforma nave” (anche in termini positivi, di riduzione dei costi e dei tempi di costruzione e soprattutto di allestimento ed approntamento.
Tra i tanti aspetti chiave rimangono la selezione dei materiali, le modalità di montaggio a bordo (non più solo come costruzione ma come retrofitting se non come polivalenza), la stabilità, gli shock e gli effetti dei movimenti nave, l’integrazione strutturale e le facilità di accesso. Altra sfida dovrebbe riguardare la relativa standardizzazione di queste strutture integrate e la possibilità di posizionarle e renderle funzionali su unità di diverse dimensioni, così come rendere funzionali per diversi utenti con diverse esigenze operative le stesse “piattaforme nave” (tipico caso quello di pattugliatori rapidamente convertibili a ruoli “più operativi”). L’albero integrato oggi risponde ancora, per la sua accettazione e diffusione, più a considerazioni economiche, di facilità costruttiva e decentramento della produzione e delle attività di allestimento e collaudo, a riduzione dei tempi di consegna ed al miraggio di retrofitting rapidi senza interventi radicali sulle piattaforme, piuttosto che a stringenti requisiti operativi. Certamente vengono risolti senza estenuanti prove a bordo e con minori compromessi fenomeni di interferenza e settori ciechi tipici delle tradizionali strutture e collocazione topside di antenne e sensori, con una segnatura ridotta, ma la vulnerabilità è altrettanto certamente aumentata, rientrando nel dilemma ricorrente di navi affidabili o navi spendibili.

In sintesi l’albero integrato offre notevoli vantaggi, tra i quali si possono annoverare:
– Migliori prestazioni operative a parità di apparati/sistemi;
– Maggiore affidabilità in termini di usura e maggiore disponibilità operativa grazie alla possibilità di manutenzione nell’ambiente protetto e riparato dell’“albero”, considerato che non è più necessario attendere per le riparazioni condizioni meteorologiche sufficientemente sicure;
– Tempi di costruzione, e soprattutto di allestimento, notevolmente ridotti;
– Ridotti requisiti di manutenzione e centralizzazione della stessa, vantaggi ulteriori nel caso di antenne non rotanti; approccio modulare sugli interventi d riparazione, gli stessi costi dei sensori possono risultare minori, grazie alle minori esposizioni alle intemperie, certamente inferiori grazie al miglioramento dell’ambiente, minore corrosione, minori trattamenti di prevenzione;
– Riduzione dell’esigenza di spazi all’ interno dello scafo, e miglior distribuzione funzionale degli stessi;
– Segnatura ridotta/maggior arco di copertura;
– Progressiva riduzione dei pesi, per materiali innovativi e semplificazione degli apparati e dei sensori/stabilità migliorata;
– Riduzione delle necessità EMI (Electro Magnetic Interference), e facilità RAM per i ponti coperti;
– Possibilità di rapidi cambi di ruolo: flessibilità, aggiornabilità senza lunghi fermi nave.
Giancarlo Poddighe
in anteprima HNLMS Holland con I-Mast HNLMS Holland.jpg – Wikimedia Commons
Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
PARTE I PARTE II PARTE III PARTE IV

Gian Carlo Poddighe
Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.