Approfondimento sull’argomento dal sito Ocean4Future a cura dell’ Amm. Fernando Cerutti
Nella confusione ricorrente sui media appaiono spesso fantasiose ricostruzioni, molto amate dal pubblico per la loro spettacolarità che riguardano la caccia a mezzi subacquei di diverso tipo che possono interagire con le forze navali di superficie in pattugliamento. In realtà, il mondo reale è ben diverso dai videogiochi o dalle rappresentazioni fatte da sedicenti esperti di settore. Abbiamo il piacere di pubblicare questo piccolo saggio, ad uso divulgativo, scritto a due mani dall’ammiraglio Fernando Cerutti, specializzato nella lotta sotto la superficie, e dall’Ammiraglio Marco Bandioli, specializzato in operazioni navali e anfibie che ci offriranno un assaggio della vita reale a bordo di una nave moderna quando intenta in questa forma di lotta navale, tutt’altro che obsoleta, come dimostra la recente creazione del Polo Nazionale della Dimensione Subacquea. Una dimensione, come ribadito dal ministro della Difesa Crosetto, strategica per il nostro Paese sia per la sua funzione catalizzatrice di riunire competenze e creare sinergie tra Istituzioni e privati sia per proteggere i molti interessi vitali del Paese che si sviluppano sotto la superficie del mare.
Ma torniamo ad un possibile quanto attuale scenario operativo partendo da una simulazione; siamo alla fine degli anni ’80, a bordo di una fregata “classe Maestrale”, impegnata in una attività addestrativa di lotta Anti-Sommergibile (AS) che prevede la ricerca, la localizzazione e l’ingaggio di un sommergibile/sottomarino con il concorso delle altre unità navale e aeree coinvolte nell’esercitazione. In tale situazione, un tipico dialogo tra i locali operativi della fregata, più precisamente tra la Stazione Anti-Sommergibile/AntiSom (STAS) e la Centrale Operativa di Combattimento (COC), poteva essere il seguente:
“STAS da COC, qual è la previsione di portata del sonar?”
“COC da STAS, 9500 yard nello strato, 2.500 sotto lo strato con il sonar a scafo e 12.000 con il sonar rimorchiato”.
In una fresca serata autunnale la fregata procede manovrando alla velocità di quindici nodi per ottimizzare le capacità di scoperta dei propri SONAR (Sound Navigation and Ranging). L’esercitazione Antisom è iniziata da quasi due ore e fino ad ora non c’è stato nessun tipo di contatto con il sommergibile. Il sonar continua incessantemente ad emettere la sua serie continua di “ping”, impulsi sonori tanto lunghi quanto fastidiosi, specialmente per il personale che in quel momento è sotto coperta negli alloggi prodieri, vicino al trasduttore a scafo.
Gli operatori addetti al sonar continuano a scrutare lo schermo a fosfori verdi, interpretando continuamente i segnali rappresentati, che giungono anche in audio dall’altoparlante posto sopra la console. Cercano di scoprire, tra la miriade di falsi contatti e riverberazioni, la traccia di una eco attribuibile ad un sommergibile: un lavoro che, quando protratto ed effettuato in una situazione reale, diviene estremamente stressante.
Immagine prodotta mediante il tool di simulazione sonar attivo ‘Sonar A’, sviluppato dall’ammiraglio AN (ris.) John Crastolla
Ad un neofita un’attività come questa può apparire più un’arte che il frutto di un’istruzione ed un addestramento che, tra i vari insegnamenti che un militare di Marina può ricevere, è tra i più difficili da mettere in opera, in quanto porta l’uomo ad interagire con un mezzo, il mare, in modo molto più complesso dal punto di vista fisico in ragione dei sensori impiegati per sfruttarlo, molto di più rispetto alla semplice superficie del mare e del cielo sovrastante.
“Plancia e COC da STAS, contatto sonar, rilevamento 215°, distanza 9500 yard; possibile sommergibile. Il contatto è sul sonar rimorchiato”.
Immediatamente ha inizio l’azione della simulazione di attacco. Cominciano le manovre tra le unità di superficie, gli elicotteri e gli aerei da pattugliamento marittimo, cooperanti con la fregata, e impegnati a simulare gli attacchi al sommergibile. Il sommergibile, da parte sua, deve invece riuscire a far perdere il contatto alla nave o a guadagnare una posizione utile per poter effettuare il lancio dei siluri. A questo punto non può mancare una considerazione da parte dell’Ufficiale “in Comando di Guardia” presente in COC: “Perché abbiamo preso contatto con il sonar rimorchiato a 9.500 yard quando la portata era di 12.000?“
É una domanda che probabilmente ogni ufficiale addetto alla lotta sotto la superficie si è sentito rivolgere almeno una volta nella propria vita, la cui risposta non è ovvia o semplicissima. Il prossimo articolo spiegherà, in maniera quanto più semplice per i non addetti ai lavori, quali sono i fattori in gioco per la previsione matematica della portata di un sonar attivo.
Fine prima parte – continua
Ammiraglio ris. Fernando Cerutti
Amm. ris. Marco Bandioli
Si ringrazia per la consulenza operativa di superficie l’ammiraglio Marco Bandioli e per quella tecnica l’ammiraglio AN ris. John Crastolla
in anteprima: il tecnico sonar di terza classe Michael E. Dysthe di guardia nel centro informazioni di combattimento durante un’esercitazione di guerra antisommergibile a bordo dell’incrociatore lanciamissili di classe Ticonderoga USS Chancellorsville (CG 62) – Foto della Marina degli Stati Uniti di Andrew Schneider, specialista in comunicazioni di massa di seconda classe/pubblicata) 160621-N-XQ474-112
sailor stands watch in the combat information center during an anti-submarine warfare exercise aboard USS Chancellorsville. (27837190745).jpg – Wikimedia Commons