Immaginati un piccolo borghetto tutto colorito nel cuore del Messico, a due passi da un capoluogo, nel pieno dell’America Latina. Parti e senti Vasco Rossi in sottofondo, ti aspetti tacos e guacamole e invece trovi la pizza italiana più buona de todo el México, un cartello di benvenuto in Italiano, la bandiera nostrana e dosi massicce di polenta fatta con metodi antichi. Perché? Come? Quando? Eh sì, ti stai ponendo una domanda storica, la stessa che si è posto qualcuno prima di te. Siamo vicino alla Heroica Puebla de Zaragoza, in uno dei 31 Stati del Messico, che profuma di polenta, burro e formaggio: la comunità tutta ti dà il benvenuto (in veneto) a Chipilo, unica nel suo genere. Una piccola Italia trapiantata in Messico, già da tempo, e qui per restare.
Chipilo, il frutto di un esodo
Chipilo, il cartello di benvenuto – GC87 / Shutterstock.com
Partiamo con la domanda, o meglio, le domande naturalmente sorte poco fa. Perché, come, quando, ma aggiungiamo un gran bel chi. Siamo nell’autunno del 1882: il Piave ha fatto un guaio e le campagne dell’alto Trevignano si sono sotterrate sotto tre metri d’acqua. La bellezza passa, ma la fame resta. E la fame è ciò che ha spinto coloro che, ironicamente, avevano come ragione di vita il combatterla, la fame: la pellagra torna in auge e l’emigrazione era l’unica cosa da fare.
Cosa fare, quindi? Si parte da Genova, a centinaia, su una nave chiamata Atlantico che li avrebbe portati in America. Una quarantina di giorni per una destinazione, in effetti, a dir poco ignota: non avevano la più pallida idea che sarebbero finiti in Messico. Chipilo venne fondata nel 1882 da un grosso gruppi di immigrati veneti che lasciarono l’Italia in cerca di terre fertili. A fine ‘800 se ne andarono 950 mila veneti, quasi tutte famiglie numerose di braccianti molto ricercati, quando el presidente Porfirio Diaz promise terre e bestiame per ammodernare l’agricoltura e colonizzare le proprie terre con contadini bianchi ed europei.
E queste poco più di 500 persone sulla Atlantico erano 460 veneti, una cinquantina di lombardi, una dozzina di trentini, qualche friuliano e qualche campano. Vennero in molti da Segusino, Stramare e da paeselli vicini come Volpago del Montello, Cornuda e Valdobbiadene. Arrivarono e si stabilirono su un altopiano, distante dalla capitale, trovando casa nei resti di una hacienda messicana: la bellezza di 600 ettari da sfruttare vennero fermati come nuova colonia il 7 ottobre 1882. La colonia di Fernàndez Leal.E la prima cosa che fecero? Non sapendo la lingua, nei primi anni la comunità di Chipilo (ci arriveremo) creò case, chiese e fattorie in modo da ricordare casa, commerciando con la vicina Puebla la loro polenta, formaggio e burro e pane, (ri)creando una tradizione casearia e diventando i primi fornitori di burro e di gelato.
Chipilo, il Monte Grappa e l’orgoglio ritrovato del Bel Paese. Dove 100 eroi hanno battuto 4000 barbari
Difesero la loro nuova e amata casa con le unghie e con i denti. Nel 1917 con la rivoluzione messicana arrivano 4.000 uomini sotto Emiliano Zapata, vogliosi di razzia e di occupare la colonia. I veneti e gli abitanti di Chipilo si nascondono dietro l’altura e con cento uomini hanno inflitto così tante perdite che gli uomini di Zapata semplicemente decisero che non valeva la pena morire così tanto dal capo della resistenza Giacomo Berra Zancaner, che qualche mese dopo venne nominato generale da Venustiano Carranza, presidente del Messico. Celebrato poi dalla stampa del Regno d’Italia e dal Fascismo.
Il paese cambiò nome in Chipilo de Francisco Javier Mina, poi accorciato in Chipilo. Così come cambiò il nome anche dell’altura in Monte Grappa, coerentemente con lo stesso periodo, quello della Grande Guerra. Passiamo avanti a Mussolini che nel ’24 prese una idea di D’Annunzio e portò sulla nave Italia militari, politici e artisti per allargare la nostra cultura a macchia d’olio, ma fino agli anni ’70 di Chipilo non parlò più nessuno fino ai mondiali di calcio in Messico.
Qualcuno arrivò a Chipilo per scoprire ciò che c’è ancora oggi: polenta, formaggio, dialetto veneto. Torna l’interesse e arriva il gemellaggio con la sua origine, Segusino, ma si rivede ciò che non è mai cambiato: i lampioni hanno la bandiera italiana, così come tante cose in quest’oasi tutta Italiana. Tutt’oggi il 66% dei chipileñi parla il Chipileño, una varietà del veneto misto messicano.
Cosa fare e vedere a Chipilo
chipilo1882, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons
Una cosa interessante è che in questo paesello non troverai una vera e propria piazza principale propriamente detta, o un centro, ma c’è una piazzetta con una chiesa che potrebbe interessarti. E soprattutto, ciò che è adiacente ad essa: la Casa d’Italia, il luogo più emblematico di Chipilo. Un centro culturale dove si celebrano le tradizioni dei 500 immigrati italiani fondatori (con Museo delle Migrazioni Italiane di lato). Sta vicino alla Parroquia de la Inmaculada Concepción, la chiesa sulla piazzetta, costruita in stile siciliano con archi di mezzo punto.
Visto che sei lì, goditi assolutamente il Monte Grappa, la collina dove quei 100 eroi hanno respinto 4000 barbari. Dà una vista panoramica su Chipilo e sui vulcani vicini di Iztaccíhuatl e Popocatépetl, e i sentieri sono ben tenuti.
E non scordare di mangiare Italiano. Qui la polenta la fanno come un tempo, piatto comunissimo sulle tavole di Chipilo. Non solo, però, perché il tipico Bella Italia storpiato dell’estero rimane lì: qui c’è pasta fatta in casa, formaggi, salumi, pizza e dolci. Caffè. E pure le lasagne. Dopotutto il capoluogo, Puebla, sta a 30 minuti a nord, perché a Chipilo siamo nel Comune di San Gregorio Atzompa, anche se localmente possono aggiungere un twist locale che è molto apprezzato.
Sì, Puebla, la stessa sulla quale si imposero come produttori caseari. La cultura casearia di Chipilo è immensa e tra formaggi, yogurt e gelati si torna da noi, perché le tecniche sono nostrane. Tant’è che Chipilo vende i suoi prodotti a livello nazionale. A seconda di quando vai o arrivi, le feste sono fondamentali. La Festa della Madonna del Rosario e altre ricorrenze religiose nostrane vengono fatte con la stessa devozione italiana. Processioni, musica tradizionale, banchetti abbondanti, anche alla Befana: i chipileñi sono ben felici e orgogliosi delle loro origini, e fanno bene.
E provate il loro Chipilo. Un cocktail fatto con lo Spritz.