Era il terrore degli inglesi e, quando fu a tiro, la Royal Navy volle prendersi tutti i meriti del suo affondamento.
Gran parte di quanto sappiamo sulla fine del nostro sommergibile Scirè si deve allo storico e subacqueo Fabio Ruberti che, in un volume di 350 pagine appena pubblicato, raccoglie i risultati di più di 12 anni di ricerche sul relitto. L’autore ricostruisce minuto per minuto (su documenti inglesi e italiani) la missione e il combattimento, avvenuto il 10 agosto 1942 davanti al porto di Haifa, nell’allora Palestina Britannica, oggi Israele.
Lo Scirè è il simbolo di un’Italia che, con scarsi mezzi, inventiva e coraggio oltre le possibilità umane riusciva ad ottenere risultati strabilianti. Il battello era stato adattato per trasportare i famosi “Maiali” o Siluri a lenta corsa (SLC), sistemi d’arma geniali messi a punto da Teseo Tesei ed Elios Toschi, che venivano guidati da due subacquei sotto le chiglie avversarie per minarle con una carica esplosiva.
Sia lo Scirè che gli SLC appartenevano alla X Flottiglia MAS della Regia Marina; nel settembre ’41 arrivano i primi successi con due navi cisterna e un cargo armato britannici affondati/danneggiati gravemente nel porto di Gibilterra. Tuttavia, la missione più famosa dello Scirè fu in dicembre, sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese, contro la base di Alessandria d’Egitto quando i Maiali riuscirono a penetrarvi sorpassando mine e recinzioni subacquee e a danneggiare gravemente due corazzate: la Valiant, la Queen Elizabeth, il cacciatorpediniere Jervis e la petroliera Sagona, incendiata. I Britannici vivevano, quindi, con l’incubo di essere affondati persino nei loro stessi porti.
Nell’estate del ‘42, temendo l’avanzata di Rommel in Egitto, la Royal Navy trasferì gran parte della propria flotta dal porto di Alessandria a quello di Haifa.
La Regia Marina progettò contro questo, per agosto, la Missione S.L.1 affidandola allo Scirè, sotto il comando del Capitano di Corvetta Bruno Zelik:. Si sarebbero impiegati non gli SLC, ma gli Uomini-Gamma, una nuova specialità della X MAS: undici subacquei incursori che, a nuoto, avrebbero minato le navi inglesi ad Haifa, così come avevano già danneggiato quattro grossi piroscafi a Gibilterra il 14 luglio.
I britannici, però, stavolta intercettano e decrittano con il sistema “ULTRA Secret” le comunicazioni italo- tedesche, preparando un’imboscata. Fra le scoperte di Ruberti – autore anche della prima accurata elaborazione in 3D del relitto – c’è che, per proteggere il porto di Haifa, gli inglesi disponevano anche di un segretissimo sistema antisommergibile: un sistema di cavi speciali depositati sul fondo, denominato indicator loops, che individuavano tramite le variazioni elettromagnetiche il passaggio di grosse masse metalliche. Innumerevoli reperti di questi cavi sono stati infatti ritrovati collegati in mare e in terra alle casematte di rilevazione. Considerando che gli Uomini Gamma si sarebbero mossi a nuoto, lo Scirè doveva avvicinarsi al nemico più che nei casi in cui lanciava gli SLC; in tal modo passò sopra gli indicator loops dai quali partì l’allarme sulla presenza di un sommergibile proveniente da 357° (nord). Dal porto inglese fu inviato in caccia il peschereccio armato Islay che cominciò a sganciare bombe di profondità: una di queste danneggiò lo Scirè a prua, costringendolo a riemergere. I tre cannoni inglesi da 155 mm del 14° Reggimento Artiglieria Costiera, posizionati sul Monte Carmelo e già pre-allertati, fecero fuoco con due salve e centrarono il battello con un colpo a proravia della torretta. Lo Scirè cominciò a inabissarsi di prora e, dato che il fondale era di appena 33 metri, prima si impuntò sul fondo e poi, in otto minuti, affondò. Gli uomini che si erano salvati dalle esplosioni si radunarono a poppa, qualcuno tentò di uscire dallo scafo, ma il repentino affondamento impedì ogni salvezza.
Alla Royal Navy, poi, occorreva “spargere il sale” sul nemico vinto e inviò alcune ore dopo, al ritorno da Beirut, due cacciatorpediniere, il Croome e il Tetcott a scaricare altre bombe di profondità sul relitto per “accertarsi che la distruzione dello Scirè fosse definitiva”.
Per decenni la marina britannica ha tenuto segreto sia l’intervento dell’artiglieria costiera (per non dividere il merito con l’esercito di Sua Maestà?), sia il fatto che avesse affondato il sommergibile grazie alla capacità di decrittazione delle macchine Enigma e di altri sistemi. Fino agli anni ’80, infatti, molti paesi continuavano a usare la macchina crittografica tedesca e la Gran Bretagna voleva continuare, indisturbata, a sfruttare questa superiorità di intelligence.
Nel 1984, la nostra Marina recuperò gran parte dei resti dell’equipaggio dello Scirè: furono trovati tutti a poppa, uno nella garitta di decompressione, morto nel tentativo di uscire, ma sedici membri dell’equipaggio sono tuttora dispersi fra le lamiere.
Negli anni ‘60, parti di scafo furono sezionate ed oggi si trovano ben conservate in vari musei italiani, fra i quali il Sacrario delle Bandiere al Vittoriano. La mitragliera antiaerea Breda Mod. 31 da 13,2 mm, invece, nonostante le segnalazioni di Giulio Cozzani, fondatore del Comitato “M.A.S.-Valorizziamo Bocca del Serchio”, continua, invece, ad essere divorata dalla ruggine all’aperto fra le erbacce di un bastione della Fortezza di Pistoia. Ne abbiamo già scritto qui. Una protezione istituzionale, mediante accordi bilaterali italo-israeliani, sarebbe indispensabile, anche per i resti dello Scirè sui fondali dove riposa dal ‘42.
Andrea Cionci
Storico dell’arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall’Afghanistan e dall’Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo “Eugénie” (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi – vive una relazione complicata con l’Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore