Dal sito Ocean4future un articolo di storia della navigazione probabilmente scordato dai più: il mito del Passaggio a Nord Ovest.
Il mito del passaggio a Nord Ovest
La ricerca da parte degli Europei di una via più breve dall’Europa all’Asia, navigando verso occidente, iniziò con i viaggi di Cristoforo Colombo nel 1492 e continuò fino alla metà del XIX secolo con una lunga serie di spedizioni esplorative provenienti principalmente dall’Inghilterra, ovviamente interessata a ridurre le distanze per le sue reti commerciali.
Questi viaggi portarono nuove conoscenze geografiche sull’emisfero occidentale, in particolare sull’America del Nord verso l’Artico. Vi furono numerosi esploratori che tra il XVI e XVII secolo fecero scoperte geografiche sul Nord America. Molte località portano il nome di quegli audaci: John Davis, Henry Hudson e William Baffin. Nel 1670, l’incorporazione della Hudson’s Bay Company portò a un’ulteriore esplorazione delle coste canadesi e dell’interno dei mari artici. Nel XVIII secolo, tentarono la sorte in quei mari sconosciuti e non privi di pericoli grandi esploratori come James Knight, Christopher Middleton, Samuel Hearne, James Cook, Alexander MacKenzie e George Vancouver. Nei primi del 1800, si comprese che non esisteva nessun passaggio a nord-ovest navigabile. Ma le necessità economiche spinsero la Gran Bretagna ad organizzare una nuova spedizione.
Franklin’s expedition
La spedizione di Franklin
Nel 1804, Sir John Barrow divenne secondo segretario dell’Ammiragliato e decise di intraprendere una nuova ricerca con la Royal Navy per ricercare il mitico Passaggio a Nord-Ovest a nord del Canada navigando verso il Polo Nord. Nei successivi quattro decenni, molti esploratori intrapresero l’esplorazione dell’Artico canadese. Tra questi c’era John Franklin, secondo in comando di una spedizione verso il Polo Nord sulle navi H.M.S. Dorothea e H.M.S. Trent nel 1818 e capo di due spedizioni via terra e lungo la costa artica del Canada tra il 1819 e 1827. Nel 1845, le scoperte avevano di fatto ridotto le parti rilevanti dell’Artico canadese a un’area di circa 181.300 chilometri quadrati. La spedizione di Franklin in questa zona avrebbe dovuto navigare, dirigendosi a ovest attraverso Lancaster Sound e poi verso ovest e sud, evitando banchise di ghiaccio, iceberg e stretti pericolosi. La distanza da percorrere era stata calcolata in circa 1040 miglia nautiche.
Sir John Barrow
Barrow, deciso ad intraprendere questa esplorazione, ricercò invano numerosi candidati come comandanti, scartati per mancanza di esperienza o per loro rifiuto. La sua scelta cadde sul 59 enne Sir John Franklin, un anziano comandante della Royal Navy, che aveva combattuto con Nelson alla battaglia di Copenaghen. La spedizione doveva essere eseguita con l’impiego di due navi, H.M.S. Erebus e H.M.S. Terror, ognuna delle quali aveva già navigato con l’esploratore James Clark Ross. A Franklin fu dato il comando di H.M.S. Erebus, e Crozier fu nominato comandante del H.M.S Terror. Franklin ricevette il comando della spedizione il 7 febbraio 1845. Le due navi erano state costruite con criteri di robustezza con motori a vapore che servivano un’unica elica che consentiva una velocità di 4 nodi. Tenendo conto che le due navi non superavano le 400 tonnellate ciascuna non era certo molto. Ma tutto va visto a quell’epoca. Gli interni erano stati rinforzati per resistere alle morse dei ghiacci ed un sistema di riscaldamento interno era disponibile per dare conforto agli equipaggi. I timoni e le eliche potevano essere intubate per dare maggiore protezione. Furono frettolosamente imbarcate conserve alimentari per tre anni. Molte di esse erano conservate in scatola e questo fu un errore. Poco dopo la partenza si scoprì che erano state confezionate in malo modo e molte furono scartate e gettate a mare perché vistosamente deteriorate. La maggior parte dell’equipaggio erano inglesi, molti dei quali provenienti dal North Country, così come un piccolo numero di irlandesi e scozzesi. A parte Franklin, Crozier e il tenente Graham Gore, gli unici altri ufficiali che erano veterani dell’Artico erano un assistente chirurgo e i due icemaster. Questo fu per Franklin il suo quarto ed ultimo viaggio. Dopo alcuni primi incidenti, le due navi furono bloccate dal ghiaccio nello Stretto di Victoria vicino a King William Island nell’Artico canadese. Cosa accadde dopo e’ stato solo ipotizzato sulla base dei resti ritrovati dopo oltre 160 anni. Il 22 aprile 1848, 105 sopravvissuti lasciarono le navi nel tentativo di raggiungere la terra ferma a piedi, ma nessuno sopravvisse. L’intera spedizione, 129 uomini tra cui Franklin, andò perduta.
Sir John Franklin
La spedizione di soccorso
Pressato dalla moglie di Franklin, Jane, l’Ammiragliato inglese intraprese nel 1848 una ricerca di soccorso per la spedizione scomparsa. Molte spedizioni successive si unirono alla caccia, raggiungendo nel 1850 undici navi britanniche e due americane. Molte di queste navi iniziarono al ricerca al largo della costa orientale dell’isola di Beechey, dove furono rinvenute le prime tracce della spedizione, incluse le tombe di tre membri dell’equipaggio. Nel 1854, l’esploratore John Rae, mentre esplorava la costa artica canadese a sud-est di King William Island, raccolse delle informazioni sul passaggio di Franklin dagli Inuit locali. Una ricerca condotta da Francis McClintock nel 1859 scoprì una nota lasciata a King William Island con dettagli sul destino della spedizione. Le ricerche continuarono per gran parte del diciannovesimo secolo.
una delle sepolture ritrovate
Nel 1981, un gruppo di scienziati guidati da Owen Beattie, un professore di antropologia all’Università di Alberta, iniziò una serie di studi scientifici sulle tombe, i corpi e altre prove fisiche lasciate dagli uomini di Franklin sull’isola di Beechey e sull’isola di King William. Essi conclusero che gli uomini sepolti sull’isola probabilmente morirono di malattia. Gli stenti, il clima estremo e l’avvelenamento da piombo, ritrovato nei tessuti dei poveri resti, non gli fu favorevole. Forse fu a causa delle lattine male saldate o dei sistemi idrici installati sulle navi che lentamente avvelenarono l’equipaggio. Furono ritrovati tracce di tagli su altre ossa delle sepolture sull’isola di King William significando, forse, che i disperati si abbandonarono al cannibalismo. Le prove combinate di tutti gli studi suggeriscono che gli uomini dell’equipaggio non morirono tutti insieme. Fu una lunga agonia sulle banchise. Fu l’ipotermia, la fame, l’avvelenamento da piombo e le malattie insieme all’esposizione generale ad un ambiente estremo ed ostile senza un abbigliamento e nutrizione adeguati, che uccisero tutti i componenti della spedizione.
La scoperta
Il 1 settembre 2014, una ricerca canadese sotto la bandiera della “Victoria Strait Expedition” trovò due oggetti su Hat Island nel Golfo della Regina Maud, nei pressi dell’isola di King William di Nunavut. Il primo era un oggetto di legno, probabilmente appartenente all’occhio di gubia, apertura presente sulla superficie dei masconi delle navi dove trova alloggiamento l’àncora, e parte di una gruetta per il rilascio delle scialuppe con i marchi di due grandi frecce della Royal Navy.
Immagine sonar scan dell’ H.M.S. Erebus nei pressi
del Queen Maud Gulf in Nunavut.
Parks Canada/The Canadian Press via AP
Il 9 settembre 2014, la spedizione annunciò che aveva finalmente localizzato una delle due navi della spedizione di Franklin. La nave, che dall’analisi dei tracciati sonar risultò essere il H.M.S. Erebus, è ancora in ottime condizioni, preservata dalle fredde acque artiche.
Grazie alle immagini raccolte con il sonar a scansione laterale fu possibile esaminare nei dettagli persino il fasciame del ponte.
Il relitto dell’H.M.S. Erebus giace su circa 40 piedi di profondità (circa 13 metri) ma la temperatura dell’acqua di mare richiede attrezzature subacquee dedicate. Sebbene la posizione del relitto non sia stata rivelata la stampa ha rivelato che si trova nella parte orientale del Golfo della Regina Maud, ad ovest di O’Reilly Island.
Due anni dopo il ritrovamento dell’H.M.S. Erebus, il 12 Settembre 2016 fu annunciato che la Arctic Research Foundation expedition aveva finalmente ritrovato il 3 settembre 2016 il relitto del H.M.S. Terror a sud di King William Island su un fondale di circa 80 piedi (25 metri). I ricercatori a bordo della nave Arctic Research Foundation, la Martin Bergmann, erano entrati nel Terror Bay su suggerimento di un membro dell’equipaggio di etnia Inuit, Sammy Kogvik. Il marinaio si era ricordato di aver visto del legno conservato nel ghiaccio marino alcuni anni prima. Dopo una veloce esplorazione risultata infruttuosa, la nave si stava avvicinando all’uscita dalla baia, quando apparve sull’ecoscandaglio una sagoma interessante. Dopo un’ispezione ravvicinata con un ROV, i ricercatori capirono di aver trovato effettivamente un relitto.
Ma di cosa si trattava?
La nave si trovava a circa 60 miglia (96 km) a sud del luogo in cui i documenti affermavano che l’equipaggio avesse abbandonato la nave intrappolata dai ghiacci. I ricercatori analizzando le immagini raccolte con i piani della nave ebbero finalmente la conferma del ritrovamento.
Side scan sonar H.M.S. Terror
Il fatto che il relitto fosse perfettamente intatto ed appoggiato sul fondo del mare suggeri che la nave non fu frantumata nella morsa dei ghiacci ma affondò in un secondo momento. Probabilmente l’equipaggio si era già avventurato sulla banchisa alla ricerca della terra ferma. Si concluse cosi dopo quasi 170 anni la ricerca della sfortunata spedizione.
Analisi delle immagini e dei piani dell’Erebus
Gli archeologi continueranno a studiare i resti, miracolosamente conservati nelle fredde acque, per ottenere informazioni preziose sulle navi dell’epoca.
Ed il passaggio a Nord Ovest?
Probabilmente ci penseranno i cambiamenti climatici a renderlo percorribile. Questo sarà fonte di nuovi problemi geopolitici legati allo sfruttamento delle risorse presenti nelle terre e nei mari lasciati liberi dai ghiacci. Contenziosi territoriali sono già iniziati tra la Russia ed il Canada ma … di questo … ne parleremo in un prossimo articolo.
.Andrea Mucedola
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