Missioni di antipirateria a bordo delle navi commerciali in aree a rischio.
Parla un Capo Team italiano, già ufficiale della Folgore. Requisiti e prospettive.
Filo diretto.
Un ufficiale in congedo proveniente dalla Folgore è da diversi anni il coordinatore (Team Leader) di nuclei di protezione a bordo di navi italiane, contro la pirateria che infesta le acque africane, medio ed estremo oriente.
La sicurezza sulle navi da carico è una attività che suscita molto interesse tra i paracadutisti in congedo, ma che in Italia è regolamentata in modo differente rispetto ad altri paesi. In occasione di due inserzioni che abbiamo pubblicato per conto di due importanti agenzie italiane di sicurezza, abbiamo ricevuto oltre 150 risposte, ma molte non erano adeguate ai requisiti necessari.
Abbiamo chiesto al nostro interlocutore di aiutarci a conoscere meglio questa attività: lo chiameremo “Falco”, visto che in Somalia era in 4a Compagnia Falchi, perché non gradisce che venga citato il suo nome, né pubblicata una sua foto, essendo tutt’ora in attività.
Buongiorno Falco, da quanto tempo fai questo lavoro?
Buongiorno a te Walter. Sono stato assunto e decretato come GPG autorizzato per l’antipirateria a Novembre del 2013, immediatamente dopo l’uscita del Decreto Attuativo del DM 266/2012.
Come si diventa addetto alla sicurezza sulle navi e quali requisiti richiede la legge italiana?
Attualmente la legge Italiana (art.4 DM 139/2019) prevede:
1. L’assunzione e conseguente decretazione come GPG presso un Istituto di Vigilanza autorizzato ad effettuare il servizio di antipirateria marittima.
2. La titolarità di Porto d’Armi per difesa personale per arma lunga, a norma dell’art.42 del TULPS.
3. La frequentazione di un corso come da art.6 DM 154/2009. Dato che questi corsi da allora non sono mai partiti, in deroga alla legge, possono essere impiegate in servizi di antipirateria GPG che “… abbiano partecipato per un periodo di almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze Armate, alle missioni internazionali, con incarichi operativi.” La suddetta deroga è attualmente in scadenza al 30/06/2022.
Quanti giorni passi a bordo delle navi da carico?
Non c’è una regola. Dipende ovviamente dalla rotta della nave e dalla possibilità di sbarcare nel primo porto utile. Generalmente una missione può durare dai 10/15 giorni ai 20/25, ma come ho detto prima dipende anche dalla possibilità che dal porto di sbarco transiti un’altra nave che necessita del servizio di protezione. In ogni caso difficilmente oltre i due mesi.
In quali zone del mondo è richiesta la Vostra presenza ?
Generalmente operiamo in Oceano Indiano e i porti di imbarco/sbarco sono in Egitto (Suez/Port Said), Emirati Arabi (Dubai/Fujayrah), Oman (Muscat/Sohar), Sri Lanka (Galle), Maldive (Malé), Isole Comore (Moroni).
Come si organizza la vita a bordo, una volta in mare?
Le giornate sono prevalentemente divise tra i turni di guardia, dovendo garantire una presenza h24 7/7 sul porte di comando, e il riposo in cabina. Durante il transito, in accordo con il Comandante, vengono effettuate delle esercitazioni. Uno shooting test per testare l’efficienza dell’equipaggiamento e una prova di allarme simulando un approccio/abbordaggio e conseguente coinvolgimento dell’equipaggio con discesa in cittadella (safe room). . Il tempo residuo è generalmente dedicato all’attività fisica, se la nave ha una palestra attrezzata, e al riposo.
Quali contratti vengono stipulati con gli operatori?
A quanto mi risulta tutte le società autorizzate stipulano contratti a tempo indeterminato a chiamata (Job on Call).
Gli stipendi sono attrattivi?
Col tempo sono molto diminuiti. Lo stipendio che scaturisce dalla singola missione ovviamente dipende dalla durata della stessa, ma direi che, a mio avviso, possa ritenersi soddisfacente, pur riconoscendo che, nel contesto in cui operiamo, potrebbero essere più alti.
Quali sono le attività del Capo Team ?
Nel mio ruolo di Team Leader rientrano vari; Verificare la documentazione necessaria alla partenza degli operatori; Effettuare un briefing con il Comandante e lo Ship Security Officier; Condurre con il Comandante un Briefing con l’equipaggio; realizzare un Risk Assessment; giornalmente inviare un report e tutte le check-list che vengono richieste; organizzare e sovraintendere a tutte le attività che coinvolgono il Team; Redigere un Mission Report a fine missione; Verificare e predisporre la documentazione necessaria per il rimpatrio.
E quelle della squadra?
Gli operatori del Team oltre ad effettuare i turni di guardia, tempo permettendo, collaborano alla realizzazione del Risk Assessment, effettuano una periodica manutenzione dell’equipaggiamento.
Tutti italiani ?
Si, attualmente tutti Italiani.
Quali metodi di difesa passiva ed attiva adotti a bordo?
Esiste un documento denominato BMP5 (Best Management Practices) che stabilisce quali possono essere le difese passive da adottare a bordo, sono le più varie, filo spinato, grate, utilizzo di idranti, ecc. Tutte soluzioni che hanno il compito di rallentare la progressione degli intrusi in caso di abbordaggio. L’unico deterrente efficace dimostrato con i numeri è la presenza a bordo dei Team di sicurezza.
I Comandanti delle navi sono collaborativi?
Certamente. La presenza a bordo del Team è un motivo di tranquillità per tutto l’equipaggio percui il Comandante ne riceve benefici in temini di efficienza.
Salite a bordo con le armi? Quali?
No, ritiriamo e riconsegnamo tutto l’equipaggiamento, armi e munizioni comprese, prima dell’ingresso e dopo l’uscita dall’area a rischio (High Risk Area) effettuando un Rendez-vous con delle navi-armeria posizionate in corrispondenza delle rotte più frequenti. Utilizziamo carabine semiautomatiche in 308 Win. o in 223 Remington
Ti è mai capitato di usarle in autodifesa?
No, non è successo. Ritengo che questo sia dovuto al fatto che ho sempre applicato le procedure corrette e nei tempi giusti. In questi 8 anni ci sono stati avvicinamenti che potrebbero essere stati tentativi di approccio bloccati sul nascere, come da procedura, sparando razzi rossi e mostrando le armi, ma chi può dirlo come sarebbe andata a finire se questo non fosse avvenuto?
C’è un episodio che ricordi più degli altri dove la Vostra sicurezza è stata minacciata più di altre volte?
Sinceramente in navigazione non mi sono mai sentito in pericolo o comunque non ho percepito la minaccia come non gestibile avendo gli strumenti per farlo. Al contrario ogni volta che ci si trova in paesi in conflitto come lo Yemen, anche se apparentemente sembra tutto tranquillo, sapendo quello che accade nei dintorni, ho qualche preoccupazione in più.
Che consiglio daresti a chi, tra i nostri lettori, volesse iniziare a fare il Vostro lavoro?
E’ una scelta molto personale. Occorre spirito di iniziativa e adattamento, se possibile anche più di quello richiesto durante il servizio per le Forze Armate dovendo gestire situazioni in maniera del tutto autonoma. Può capitare di stare lontano da casa per molto tempo. Per contro capita di soggiornare in luoghi che altrimenti difficilmente avresti la possibilità di vedere (Isole Comore, Seychelles, Mauritius, Maldive, Sri Lanka, ecc.).
Ogni volta che parlo con qualcuno che vorrebbe intraprendere questo tipo di lavoro le domande fioccano e sono le più varie, direi che la cosa migliore è parlarne. E ovviamente non si deve soffrire di mal di mare.
Se può essere utile chi è interessato ad approfondire può inviare una email a antipirateriamarittima@gmail.com, sarà un piacere rispondere alle domande dei lettori.