L’unità navale esce di scena dopo 40 anni. È stata la nave dei record
di MARISTELLA MASSARI
Dopo 40 anni di onorato servizio è tempo di andare in disarmo per l’ex incrociatore portaeromobili «Giuseppe Garibaldi», una delle unità navali più iconiche della Marina militare. È stata la nave dei primati: la prima portaerei a far parte della flotta militare italiana, l’ultima unità navale ad essere uscita dai cantieri di Monfalcone, la prima ad ormeggiare in Mar Grande a Taranto nel 1985, prima ancora che venisse costruita la nuova Stazione navale.
Varata il 4 giugno del 1983, lunga 180 metri e larga una trentina al ponte, la nave «Garibaldi» nel 2023 ha spento 40 candeline. Ma, nonostante sia un traguardo importante per un’unità navale, questa signora del mare è rimasta in perfetta forma ed efficienza. L’età della “pensione” arriva a poco più di 10 anni dai lavori che la trasformarono da portaerei in unità anfibia e che videro impegnate le maestranze dell’Arsenale di Taranto in modo continuativo per parte del 2013 e quasi tutto il 2014. Lo scorso 23 febbraio, il capo di stato maggiore, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, ha firmato l’atto con cui dispone «che a decorrere dal 1 ottobre 2024 la nave passi alla posizione “Rtd Tre” per il successivo disarmo». La Ridotta Tabella di Disponibilità (Rdt) è quella condizione in cui l’equipaggio (a ranghi ridottissimi) provvede al presidio in porto ed alle operazioni di disattivazione che precedono il disarmo e la successiva radiazione della nave dai quadri del naviglio militare dello Stato. Con il «Garibaldi» uscirà di scena anche il cacciatorpediniere «Luigi Durand De la Penne». Dunque il «Garibaldi» sta per concludere per sempre la sua lunga navigazione al servizio dell’Italia. Ma la nave, a scapito di quello che si possa pensare, è ancora da “prima linea”. Tanto più che la notizia dell’imminente operazione di disarmo è giunta mentre il «Garibaldi» si trova a Harstad, nel nord della Norvegia, per partecipare unitamente alla nave «San Giorgio», all’esercitazione militare multinazionale «Nordic Response 2024». Scopo dell’esercitazione è il coordinamento tra le Forze Armate dei paesi partecipanti nella capacità di difesa in situazioni di emergenza e crisi. L’esercitazione coinvolge i Paesi nordici e altri Paesi membri della Nato. Il «Garibaldi» per tutto il 2024, sarà la nave di bandiera della «Nato Response Force», la forza di reazione rapida dell’Alleanza. La sua ultima missione, dunque, è di grande prestigio. Del resto, quello che fu l’incrociatore portaeromobili «Giuseppe Garibaldi» da diversi anni è sede di comando della Task Force Anfibia. E questo grazie agli interventi strutturali che le maestranze dell’Arsenale di Taranto hanno realizzato tra il 2013 e il 2014, ampliando le aree dedicate al lavoro degli staff di comando imbarcati.
Ma la nave «Garibaldi», in 40 anni di vita operativa, ha davvero scritto pagine indelebili della storia contemporanea della Marina Militare e dell’Italia. Ha preso parte alle principali missioni internazionali che la Marina è stata chiamata ad assolvere, basti citare la missione in Somalia del 25° Gruppo Navale nel 1994, l’operazione «Enduring Freedom» partita proprio da Taranto tra il 2001 e il 2022 dopo l’attacco alle torri gemelle e ancora, l’operazione «Unified Protector» davanti alle coste libiche nel 2011, nonché l’operazione «Sophia» a cavallo tra il 2016 e il 2017. La sagoma stessa della nave, dal 1985 fa un po’ parte dello «skyline» di Taranto, sua base di assegnazione. Da ottobre prossimo cosa succederà? Quale sarà il destino di questa gloriosa unità navale?
Per il «Garibaldi», tra le ipotesi di impiego si era parlato qualche tempo fa di una soluzione davvero avveniristica: il progetto «Simona», acronimo di «SIstema di Messa in Orbita da piattaforma Navale». La portaerei, al termine della sua vita operativa e in base agli esiti del progetto «Simona» potrebbe essere riconfigurata come piattaforma, appunto, per il lancio di satelliti civili e militari. Il programma, ancora in fase di studio, sarebbe da realizzare con fondi europei e potrebbe essere destinato ad utenti sia italiani, sia europei, sia della Nato e sia in ambito civile che militare. Ma per il momento, al netto di uno studio di fattibilità finanziato dalla Difesa, non c’è nulla di concreto.
Quello che, alla luce del recente provvedimento del capo di stato maggiore è certo, è che dovrà uscire dalla Squadra Navale per fare posto al «Trieste», unità anfibia multiruolo – la nave più grande mai costruita da Fincantieri per la Marina – che arriverà a Taranto entro la fine di quest’anno. Il «Trieste» prenderà il posto nel ruolo di unità comando e piattaforma aerea per operazioni anfibie, in concomitanza con il ritiro degli ultimi aerei a decollo verticale AV-8B Harrier dal servizio e della contemporanea operatività dei nuovi F-35B. Ma è facile pensare che, in considerazione del valore dell’unità e della sua vita residua, la portaerei «Garibaldi» non verrà smantellata per farne ferro vecchio. Piuttosto per lei si cercherà un nuovo impiego. Un’altra ipotesi per il futuro della nave è la sua trasformazione in una unità porta-droni, per le operazioni civili e militari di sperimentazione in ambito marittimo di velivoli senza pilota che necessitano di un ponte di volo relativamente lungo per il decollo e l’appontaggio. Infine, la terza e più affascinante ipotesi, è quella del museo navale. Più volte se n’è parlato. Ma per ora non esiste nessuna proposta concreta e nessun ente o istituzione si è fatto avanti con un progetto di riuso a fini museali della nave. L’obiettivo (o meglio il sogno) sarebbe quello di trasformare la nave a scopi didattici e museali e ormeggiarla a Taranto così da legarla per sempre alla sua città.