Ritrovamento “ineguagliabile” in Bulgaria. Gli archeologi del Black Sea Project: “Senza ossigeno reperti ben conservati”
di GIACOMO TALIGNANI
CERCAVANO risposte al cambiamento climatico e hanno trovato un tesoro: un cimitero di navi dall’”ineguagliabile valore”. Sul fondo del Mar Nero che si affaccia sulla Bulgaria un team di ricercatori e archeologi, in tre anni di lavoro, ha individuato 60 imbarcazioni romane, bizantine, ottomane che hanno attraversato 2.500 anni di storia. Fra queste, tra le ultime scoperte, c’è una nave romana che ha duemila anni ed è “perfettamente conservata” spiegano entusiasti i membri del MAP, il Black Sea Project guidato dal centro di Archeologia Marittima dell’Università di Southampton e finanziato dall’EEF (Expedition and Education Foundation).
Come ha spiegato il professor John Adams, alla guida del progetto, lo scopo iniziale della spedizione era fare indagini geofisiche e studi sull’impatto del riscaldamento globale quando, a forza di immergersi in profondità con tecnologie di diverso tipo (anche 3D), sono finiti per imbattersi in qualcosa di unico. Una dopo l’altra, sul fondo di un mare che in profondità è anossico, ovvero con acque prive di ossigeno, c’erano relitti di navi con alberi maestri “ottimamente conservati”, stive cariche “di anfore, ceramiche e altri oggetti” e soprattutto tipi di imbarcazioni “mai viste prima. Li potevamo osservare su mosaici, ma non dal vivo. Sembrava un film” racconta Ed Parker, ceo del progetto.
Timoni, alberi, corde e altri reperti saranno ora analizzati in un lavoro che richiederà “mesi, forse anni. Si tratta di uno dei più grandi progetti di archeologia marina mai messi in atto prima d’ora” e che riguarda “relitti dei più grandi imperi”. Alcune delle navi più antiche risalirebbero al V A.c, altre sono del XIX secolo e i ricercatori, per proteggere le loro scoperte, hanno deciso di mantenere segrete parte delle aree dove sono state individuati i relitti.
Grazie alla poca luce e l’assenza di ossigeno “legni, metalli e altri materiali non sono danneggiati e le condizioni di alcuni relitti sono sconcertanti per quanto siano intatti”. Per analizzarli sono stati utilizzati robot subacquei per arrivare fino a oltre 2000 metri di profondità, veicoli a distanza (ROV), scanner, laser e attrezzature geofisiche. “Siamo convinti ci possano raccontare molto della storia navale di diversi imperi. E’ davvero un scoperta ineguagliabile” continua Adams spiegando che sono stati realizzati modelli 3D delle navi.
In attesa di nuove informazioni dagli esami dei primi relitti le immagini e i lavori della spedizione MAP saranno presto protagonisti di un documentario girato dalla Bbc.