Dal sito Ocean4Future un approfondimento a cura di Marco Bandioli

Un breve preambolo, l’articolo che segue, scritto da due esperti del settore, l’Ammiraglio ris. Marco Bandioli e il Colonnello (paracadutista) aus. Michele Corrado, ex Battaglione San Marco, vuol essere una risposta alle tante domande pervenute a seguito della consegna alla Marina Militare italiana della LHD Trieste. Gli autori hanno sintetizzato le informazioni più importanti che potranno fornire ai lettori una buona base di conoscenza per comprendere le basi di questa antica forma di lotta ancora attuale.
Per Mare per Terram
Nella storia della tassonomia zoologica del regno animale il sostantivo “anfibio” è andato ad individuare quegli animali, appartenenti sia alla specie degli anfibi che a quella dei rettili, in grado di vivere e cacciare senza alcuna difficoltà in due ambienti totalmente differenti, ovvero sia in acqua che a terra. Conseguentemente, l’aggettivo “anfibio” è stato attribuito a tutto ciò che è in grado di muoversi ed operare sia in ambiente acquatico che terrestre senza essere minimamente penalizzato dalla differenza delle condizioni esistenti. Nell’ambito militare la parola “anfibio” va ad identificare le truppe specificatamente addestrate e i loro mezzi, costruiti per poter operare e combattere in un ambiente così complesso.

LHD Trieste – photo credit Alessandro Burla, 2022
Nel corso dei secoli la “Guerra sul mare” ha ovviamente attraversato differenti necessità ed esigenze operative, significativamente influenzate sia dalle numerose innovazioni tecnologiche degli armamenti che dal materializzarsi di nuove tipologie di minaccia e di nemico. Nel tempo quindi, inevitabilmente, molte cose sono cambiate: dalle dottrine di impiego all’addestramento degli uomini sino alla contestuale realizzazione di navi e mezzi sempre più adeguati alle nuove, crescenti e diversificate necessità operative. Un lungo “excursus” storico-militare che, secondo quanto viene tramandato, viene fatto risalire al 400 a.C. circa (guerre del Peloponneso), con i primi abbordaggi (con le navi che si affiancano urtandosi con i bordi, ovvero con “le murate”) o arrembaggi (appoggiando-arrembando delle passerelle sulla nave nemica) per consentire a marinai o a soldati particolarmente addestrati di assaltare la nave nemica per poi catturarla o affondarla, a seconda degli ordini ricevuti. Passando attraverso l’Imperatore Ottaviano Augusto, che istituì nel 31 a.C. i “Miles classis”, ovvero i “Soldati della flotta”, si arriverà poi alla costituzione da parte della Serenissima Repubblica di Venezia, su espresso volere del Doge Enrico Dandolo, alla costituzione di un vero e proprio Reggimento di fanti, imbarcati su diverse navi, che parteciparono alla spedizione che portò nel 1204 alla conquista di Costantinopoli. In tale circostanza i “Fanti da mar” (“Fanti di Marina”), diedero corpo ad una nuova e rivoluzionaria connotazione operativa nell’ambito della “Guerra sul mare” ovvero alla innovativa forma di “Guerra dal mare”, costituendo di fatto il primo “Reparto anfibio” della storia. Nei secoli a seguire i reparti anfibi, i cui militari vengono internazionalmente definiti come “marines”, hanno presentato, e presentano tuttora, diverse configurazioni organiche e di comando appartenendo, ad esempio, unicamente ad una Marina Militare, unicamente ad un Esercito, o ad un Esercito e ad una Marina contemporaneamente, o costituendo addirittura una vera e propria Forza Armata a se stante (come gli “United States Marine Corps”).
Che cosa sono attualmente le “Operazioni Anfibie”?
Innanzitutto le Operazioni anfibie appartengono a quella sfera di attività militari operative definite di Livello Strategico, in grado di conseguire un preciso obiettivo politico-strategico (come ad esempio lo sbarco in Normandia). Sono operazioni altamente complesse, dal mar verso la terra, che si sviluppano grazie al contributo sinergico di diverse componenti: una componente navale (sia di superficie che subacquea), una componente aerea imbarcata (sia ad ala fissa che ad ala rotante) e una componente terrestre sempre imbarcata (marines). Questo insieme di Forze possiede la caratteristica unica di produrre una “proiezione di potenza” dal mare senza (teoricamente) limiti di distanza (un esempio recente fu l’attività anfibia durante la guerra nelle Falkland/Malvinas). Le Operazioni Anfibie si annoverano nella categoria delle attività totalmente offensive intese a condurre attività di “guerra guerreggiata”, ovvero combattuta apertamente, impiegando ampi dispositivi aeronavali per poter sferrare il cosiddetto “assalto anfibio” su specifici ed idonei tratti di costa appartenenti a forze ostili o nemiche anche con il supporto di forze avio portate. In ogni caso, a prescindere dalla loro dimensione, queste operazioni sono considerate tra le più articolate da pianificare e da gestire nel tempo, proprio in ragione del fatto che devono attenersi scrupolosamente ad un rigido programma per non pregiudicare o sfasare le diverse attività di combattimento in atto.

LHD Trieste – photo credit Alessandro Burla, 2025
A cosa servono le “Operazioni Anfibie”?
In estrema sintesi, l’attuale dottrina anfibia della NATO (che è in massima parte derivata da quella statunitense) prevede cinque tipologie di Operazioni:
– Assalto anfibio: rappresenta la più classica delle operazioni anfibie che prevede la proiezione a terra, da parte delle navi (Unità navali), di una “Forza da sbarco” su una costa o spiaggia avversaria prevedendone il controllo operativo ed il supporto tattico, sempre dalle navi, anche durante le successive operazioni prettamente terrestri. Da considerare il fatto che un certo numero di attività ed operazioni, cosiddette di “pre-assalto”, devono essere necessariamente svolte anche un certo numero di giorni prima del previsto giorno dello sbarco massivo (il famoso “D-Day” ovvero “Debarkation Day”). Sostanzialmente si tratta di una operazione di grandi dimensioni come potrebbe essere un’invasione, un’occupazione o una forza di spedizione “oltremare”;
– Ripiegamento anfibio: si intende il recupero a bordo delle navi anfibie di tutti gli uomini ed i mezzi impiegati e precedentemente sbarcati su una spiaggia o un litorale ostile/nemico;
– Dimostrazione anfibia: si tratta di un dispiegamento di forze anfibie in prossimità di zone costiere di interesse con lo scopo di ingannare il nemico, simulando le fasi iniziali di uno sbarco, o di creare una dimostrazione di forza a scopo di deterrenza;
– Raid Anfibio o “Colpo di mano” anfibio: si tratta di una operazione di “ridotte dimensioni” che generalmente assolve una sola missione e prevede l’impiego di uno o più gruppi di incursione di limitata consistenza, con possibilità, se necessario, di effettuare anche azioni occulte. Può essere una missione totalmente autonoma o a supporto di altre forze operative e può avere diverse finalità: distruzione o temporanea inutilizzazione di specifici obiettivi terrestri, acquisizione di informazioni, attività di ricognizione, attività di esplorazione, azioni diversive per ingannare il nemico, evacuazione o recupero di personale da zone critiche o azioni di supporto ad operazioni non convenzionali;
– Operazioni di “varia natura”: sono diversi tipi di attività che vanno dalla difesa di Basi Navali e di Porti all’attuazione di diverse tipologie di missioni a “Livello Tattico”. Questa quinta tipologia è stata inoltre ampliata prevedendo l’impiego di truppe anfibie in operazioni in contesti di “crisi internazionale”. In particolare, nell’ambito di quelle che vengono definite “Operazioni di Sicurezza Marittima”, e più specificatamente nelle “Operazioni di Interdizione Marittima”, i reparti anfibi sono i reparti preposti ad effettuare, in acque internazionali, “arrembaggi” a navi o imbarcazioni sospette di effettuare attività terroristiche, criminali, pirateria o altre attività illecite. Tali arrembaggi sono chiaramente effettuati con modalità, con attrezzature e con mezzi già predisposti per queste specifiche missioni (ad esempio, con elicotteri e con battelli pneumatici “a carena rigida”, ormai ufficialmente anche se impropriamente chiamati “a chiglia rigida”).
Quale tipologia di naviglio viene impiegato in ambito anfibio?
La complessità di un’Operazione anfibia richiede diverse tipologie di navi da guerra che si possono sostanzialmente dividere in due gruppi: unità navali e subacquee specificatamente progettate, costruite ed equipaggiate per garantire determinate “capacità anfibie” e unità navali “convenzionali” (da “battaglia navale” per intenderci) per garantire alla Forza Anfibia non solo la protezione aerea, di superficie e subacquea ma anche per “battere” con i sistemi d’arma di bordo determinati obiettivi sulla costa nemica (sia prima che durante l’assalto anfibio) con l’impiego degli aeromobili imbarcati. Inoltre, tralasciando i mezzi anfibi corazzati, che vengono impiegati nella cosiddetta “prima ondata d’assalto”, nell’ambito del trasferimento dalla nave alla spiaggia designata, vengono impiegati anche diversi tipi di “mezzi da sbarco” per poter trasportare personale e materiali al fine di assicurare un continuo flusso logistico. Una particolare citazione meritano le Unità navali sede di Comando e con elevate capacità di comunicazione che gestiscono tutte le fasi dell’operazione anfibia, generalmente definite come “Unità d’assalto anfibio multiruolo”, “LHD” (Landing Helicopter Dock), ovvero nave anfibia da sbarco dotata di elicotteri dotata di un bacino interno allagabile per il “lancio” dei mezzi d’assalto e da sbarco.

Messa a mare dei mezzi dal dock allagato di un nave anfibia statunitense (credit USMC)
All’apparenza questo tipo di unità sembra una portaerei in quanto ha un ampio ponte di volo e presenta una o due sovrastrutture, poste lateralmente al ponte di volo, dove hanno sede la plancia di comando, la plancia per le operazioni di volo, la centrale operativa di combattimento e la centrale operativa anfibia. Generalmente ha le dimensioni pari a quelle portaerei che vengono definite “europee”, ovvero di dimensioni più contenute rispetto alle gigantesche portaerei americane. Tale tipo di nave presenta comunque numerosi elevatori, alloggiamenti esterni per il ricovero di mezzi da sbarco e, soprattutto, a poppa presenta un grande portellone che rappresenta la chiusura del bacino interno. In ogni caso, una LHD può anche essere impiegata, con capacità ridotte, con compiti similari ad una portaeromobili.
Che cosa è e che cosa fa una “Forza da Sbarco”?
Con la denominazione “Forza da Sbarco” si definisce la componente imbarcata che va ad effettuare lo sbarco su una costa nemica/ostile nonché il suo Comando che gestisce tutte le operazioni “a terra”. Il responsabile invece di tutta l’Operazione anfibia rimane il “Comandante della Forza Anfibia”, che si avvale del contributo operativo del “Comandante della Forza da Sbarco”. Secondo la Dottrina anfibia, una Forza da Sbarco deve essere composta da una Divisione di “Fanteria di Marina”, opportunamente rinforzata con assetti specifici in funzione della missione assegnata, che prevede un organico di circa 15.000 effettivi (peraltro tale consistenza numerica viene considerata “il livello organico minimo” per la condotta di una Operazione Anfibia “classica”). Nell’esecuzione dello sbarco, e più precisamente nella fase definita come “Movimento nave-terra”, tale Divisione viene suddivisa in tre aliquote operative, denominate “Ondate”. La Prima Ondata conduce “l’assalto” vero e proprio sulla spiaggia avversaria, la Seconda Ondata porta a terra tutti i “supporti al combattimento” mentre la Terza Ondata fornisce la successiva e necessaria “logistica di terra”. Dopo la “presa di terra” da parte degli uomini e dei mezzi della Forza da Sbarco si passa immediatamente alla fase successiva che prevede la conquista di tutti quegli obiettivi assegnati oltre la spiaggia per poter definire un’area che abbia una profondità territoriale (il cui limite è chiamato “testa di sbarco” o “testa di ponte”) sufficiente da interdire alle forze avversarie la capacità di respingere a mare la Forza da Sbarco. Le operazioni di “presa di terra” e la successiva “progressione offensiva” vengono precedute da azioni mirate e definite “di pre-assalto”, che comprendono la sicurezza dello spazio costiero distruggendo gli sbarramenti di mine e ostacoli anti sbarco, ed operando qualora necessario anche gruppi operativi consistenti, definiti “Forza Anfibia Avanzata”, su obiettivi che devono essere conseguiti a priori per sfruttare l’effetto sorpresa. Ovviamente, a seconda della capacità di reazione avversaria, si stabiliscono a priori tutte le azioni di fuoco necessarie (tiri contro costa con le artiglierie navali, attacchi al suolo effettuati dai velivoli imbarcati) nonché gli assetti aerei necessari per garantire una continua e completa superiorità aerea.

Una squadra del “San Marco” sta per imbarcare su un EH-101 del Reparto Eliassalto per condurre un’ispezione di un mercantile sospetto nell’ambito delle operazioni di sicurezza marittima (Maritime Security)
Questo al fine di consentire alla Prima Ondata le migliori condizioni di sbarco con il minor numero di perdite possibili. Se la Prima Ondata non ha successo, ovvero non riesce ad attestarsi e a realizzare una Testa di Sbarco adeguata, l’intera Operazione Anfibia viene abortita. La pianificazione di questo tipo di operazioni inizia molti mesi prima dell’esecuzione al fine di garantire le necessarie capacità di comando, di coordinamento e di controllo a fronte della minaccia da affrontare durante lo sbarco. Viene inoltre prevista una “prova generale” con la partecipazione di tutte le navi, i mezzi e gli uomini coinvolti, su un litorale o un tratto di costa che presenti caratteristiche morfologiche, idrografiche ed oceanografiche il più possibile simili alla costa dove avverrà l’effettivo sbarco. Fattore fondamentale è l’apporto degli apparati di “Intelligence” che forniscono elementi significativi sia dell’area di operazioni (inclusi gli aspetti oceanografici) che sulla capacità delle forze nemiche, incluse quelle che potrebbero sopraggiungere e vanificare lo sforzo.

Operatori Recon del 1º Reggimento del San Marco in addestramento
Chi può permettersi di effettuare “Operazioni Anfibie”?
La dottrina anfibia NATO, al di sotto dell’ambito “divisionale”, è caratterizzata da una certa libertà gestionale ovvero può essere adattata alla situazione reale. Per quanto attiene all’organico della Divisione, questa può essere strutturata/ordinata su Brigate, o direttamente su Reggimenti. Per quanto riguarda le Operazioni Anfibie di carattere più “contenuto”, sia in termini di quantità (navi e mezzi), di durata (per quanto tempo) che di tipologia (raid anfibio, colpo di mano, operazioni minori di varia natura), esse possono essere realizzate solo da quei Paesi che, avendone da tempo compreso la validità strategica, sono in possesso di una adeguata esperienza nel settore ed hanno personale specificatamente addestrato. Ciò può essere ottenuto se in possesso di adeguate risorse finanziarie per realizzare tali finalità. Di fatto i reparti anfibi sono addestrati ad operare in un ampio dispositivo anfibio (multinazionale o NATO) per cui devono necessariamente seguire una dottrina comune; diversamente una integrazione tra differenti gruppi anfibi sarebbe impossibile da attuare. Operazioni Anfibie “tradizionali”, come lo sbarco e l’occupazione di vasti tratti di zone costiere difese da forze nemiche, necessitano l’impiego di un enorme e variegato dispiegamento di navi, sommergibili, aerei, elicotteri, uomini e mezzi, per cui è impensabile possano essere condotte da tutti, ad eccezione di quelle superpotenze in possesso di forze anfibie aeronavali quantitativamente e qualitativamente adeguate. Un’ultima considerazione, le Operazioni Anfibie sono fortemente penalizzate dalle condizioni atmosferiche in quanto le condizioni meteo-marine possono avere un forte impatto sul loro svolgimento. Come disse qualcuno: in mare possiamo fare tutto, soprattutto quello che il mare stesso ha deciso di farci fare.
Ammiraglio ris. Marco Bandioli – Colonnello (paracadutista) aus. Michele Corrado
Se non indicato diversamente, le immagini sono gentilmente concesse dalla marina militare italiana
In anteprima LHD Trieste, 2025 – photo credit Stefano Foti
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Marco Bandioli
Ufficiale ammiraglio della riserva della Marina Militare italiana Marco ha al suo attivo lunghi periodi di imbarco nei quali ha partecipato ad operazioni navali, anfibie e di sicurezza marittima, sia in contesti nazionali che multinazionali e/o NATO. Ha comandato tre unità navali in piena attività operativa ed è stato anche impiegato in ambito Interforze nonché nello staff alle dirette dipendenze del Ministro della Difesa. Ha scritto un manuale di “Guerra anfibia” ad uso dell’Accademia Navale e per la casa editrice IBN un manuale operativo per la difesa antiterrorismo dei porti. Inoltre è autore di numerosi articoli, sia a livello strategico che tattico, per diverse riviste di settore, sia istituzionali che di normale divulgazione. In qualità di cintura nera 5°Dan di karate, e specialista in tecniche di combattimento militare, scrive periodicamente articoli per una organizzazione internazionale di arti marziali