Ad iniziare un secondo anno di studi consapevoli che sarebbe stato duro ma che il più era fatto.
Ci siamo lasciati senza sapere che il nostro destino non era quello di dimenticarci.
Abbiamo raggiunto le nostre destinazioni ed è iniziato un nuovo ciclo.
Ci siamo ritrovati, dopo un brevissimo distacco, a condividere ben altro.
Alle notti passate a fantasticare su un improbabile ma allettante futuro.
A profonde disquisizioni sui nostri rispettivi amori, lasciati soli, ma perennemente in testa, come il cappello dell’uniforme.
Alle fioche luci rosse degli strumenti che rendevano spettrali i nostri visi, ma talmente conosciuti da amarli per ciò che erano e dai quali era difficile staccarsene.
Alla franchigia a Venezia in una piovosa giornata di novembre, tra le calli, con il cappotto e il cappello fradici, intrisi da chili e chili d’acqua, tanto da esser colpiti da feroci mal di testa, ma ai quali non facemmo caso e dopo un caffè tanto dolce e altrettanto bollente rimetterci in cammino per scoprire la bellezza della città e parlare, parlare e ancora parlare come se attorno a noi non esistesse altro che il nostro mondo.
Ad una qualunque franchigia in una qualunque città, con un amico diverso ma legato agli altri da un filo invisibile; intrecciato, per renderlo robusto, da eventi comuni.
Alle guardie in navigazione, alle raccate, al farsi vicendevolmente coraggio per resistere tanto al mare incazzato quanto ai presunti soprusi dei superiori, scoprendo poi che sia le une che gli altri erano la nostra vita.
Al fare sfoggio dei luccicanti galloni da sergente, su una splendida divisa, con la categoria di cui andavamo fieri ben in vista.
Alle serate passate a bordo nelle quali non permettevamo che la noia avesse il sopravvento e appoggiati alle draglie ci godevamo una sigaretta, nel buio, sputando in acqua per vedere i cefali salire a galla.
Alle serate passate sdraiati sulla tuga tra cavi, canotti e quant’altro, a contemplare le stelle mentre si parlava di tutto e di niente senza un nesso logico.
Le interminabili partite a carte per vincere una birra per poi dimenticarsi di berla e offrendotela come segno di fratellanza.
Allo star veramente male, con il voltastomaco per giorni e giorni, ma sempre con un sorriso per te.
E poi i ristoranti, le pizzerie, i cinema che ci riempivano le serate in compagnia di fratelli di corso, come se fossimo al centro del mondo e tutto il resto non avesse nessuna importanza.
Ti ricordi, fratello, della cena del “MAC P 100”, organizzata per festeggiare il congedo ormai prossimo con tutti i 68 di bordo, ridevamo per coprire inconsciamente la paura del non più rivedersi, lasciando al destino la possibilità di un nuovo emozionante incontro quando i capelli sarebbero ormai diventati canuti e bianchi.
Ebbene, fratello, mi manca tutto ciò. Mi manca la tua compagnia, il tuo sorriso e i tuoi esternati pensieri; mi manca colui o coloro che hanno ascoltato i miei pensieri, che hanno accettato le mie esternazioni facendole loro e criticandomi per posizioni sbagliate su cui mi arroccavo convinto.
Mi mancano le miglia e miglia di solo mare, solo fra tanti, ma parte dei tanti. Mi manca la cuccetta, accogliente quanto basta per ritemprare il fisico e dalla quale scendevo rapido per non incorrere in sanzioni e incontrandoti continuare il discorso iniziato la sera prima, come se la breve notte di sonno ne fosse solo una pausa Mi manchi tu, amico, fratello, compagno di studio, di mare, di ozi.
Mi manca ciò che ho ormai lasciato nel periodo forse più intenso della mia vita : la gioventù.
Ma … pensare che la vita si esaurisca solo perché passano gli anni,
credere che un seppur breve passato comune si possa cancellare cambiando decisamente vita;
ritenere l’amicizia una entità astratta ma tangibile solo nel momento in cui la si sta vivendo;
sperare che la nostalgia passi cercando di coprirla con nuove sensazioni e avvenimenti …
Beh! forse è un errore.
Vero è che ci siamo ritrovati, con piena coscienza, a maturità acquisita, con i nostri cari a brindare come se gli anni non fossero passati.
A gestire i nostri sentimenti con serenità, pronti ad offrire un appoggio
per lenire un dolore;
sapere che si può contare su un fratello, acquisito ma non meno
importante;
mettere a disposizione se stessi e i propri affetti perché ci si senta tutti a proprio agio;
Da giovani si apriva il mondo davanti a noi ed ora si continua a non vedersi la sua chiusura;
a dimostrare che la gioventù sta nell’intelletto, di cui ne eravamo pieni allora come ne siamo pieni adesso.
Dario Bilotti ( per gentile concessione )