Nel 1962 Brendon Grimshaw ha comprato una piccola isola, e poi ha passato la sua vita a curarla: oggi è un paradiso

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Alle Seychelles c’è un’isola un po’ più speciale delle altre. È un piccolissimo parco naturale che secondo alcune stime racchiude, in confronto alle altre aree protette, la più grande quantità di biodiversità per metro-quadro al mondo. La cosa che rende ancora più unica l’isola di Moyenne, è questo il nome di quei dieci ettari scarsi di giungla tropicale, è che a farne un paradiso non è stata la sola natura, ma il lavoro decennale di un moderno Robinson Crusoe, ovvero l’ex giornalista inglese Brendon Grimshaw. Dopo aver lavorato qualche anno per una serie di editori in Africa orientale, Grimshaw decise di cambiare vita e, viste per la prima volta le Seychelles, stabilì di tentare di farlo lì. Cercava più di una vacanza. Fu così che nel 1962 riuscì ad acquistare per circa 8000 sterline la sua piccola Moyenne, un luogo era rimasto del tutto abbandonato dal 1915, mentre dalla data dell’acquisto a quella della sua morte, nel 2012, a vivere lì fu solo lui, spesso raggiunto dal suo “Venerdì”, ossia Rene Antoine Lafortune, l’aiutante di una vita.
Moyenne è un’isola che dista appena 4 chilometri e mezzo dalla costa settentrionale di Mahé, l’isola più grande delle Seychelles. Era una buona occasione e Grimshaw si innamorò subito del suo silenzio e della sua vegetazione impenetrabile. Inoltre il luogo era insieme abbastanza vicino e remoto dalla civiltà. Ben presto il giornalista si rese conto che acquistare Moyenne si sarebbe rivelato un compito più facile che prendersene cura. Fatta eccezione per una famiglia di pescatori che era rimasta da quelle parti per qualche decennio, l’isola era abbandonata da mezzo secolo.

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La sabbia di Moyenne è bianca, l’isola si alza dal pelo dell’acqua fino a sessanta metri, e i massi di granito tipici delle Seychelles fanno capolino lungo la sua linea di costa. Coperta da una foresta impenetrabile, Moyenne sembra una piramide di selva che spunta dall’oceano. Ma quando Grimshaw arrivò lì l’isola non si presentava esattamente così. Nonostante le dimensioni ridotte ripristinare la bellezza naturale del luogo si è rivelato un compito duro. L’intrecciarsi tra stato di abbandono e antichi e pesanti interventi umani avevano lasciato Moyenne in cattive condizioni. Le erbacce soffocavano il sottobosco e la vegetazione era così fitta che le noci di cocco cadendo dalle palme non arrivavano a toccare il suolo. Gli uccelli ormai non c’erano mentre i topi banchettavano nel sottobosco.
Rene Antoine Lafortune, figlio di un pescatore locale, divenne il compagno inseparabile di Grimshaw. I due decisero di dare nuova vita all’isola, ripulendola, piantando alberi e tracciando sentieri nella giungla. L’obiettivo di Grimshaw era quello di proteggere Moyenne, ma per riportarla alla sua bellezza originaria c’era molto da fare. Grimshaw intendeva ricreare un paradiso adamitico destinato a sopravvivergli, voleva riportare almeno una delle Seychelles all’aspetto che doveva avere prima dell’arrivo dei turisti.
Il lavoro non mancò di rivelare sorprese. Tra la vegetazione del lato nord-occidentale dell’isola Grimshaw trovò due tombe, le cui lapidi laconicamente recitavano: “Unhappily Unknown”. Il giornalista, sulla scorta di una leggenda locale, si convinse che fossero di due pirati, una delle spiagge sul lato settentrionale di Moyenne del resto è nota come Pirate’s Cove. Le tombe appartenevano a una coppia di bucanieri, forse uccisi da due capi in modo che i loro spiriti, infestando l’isola, proteggessero il tesoro che questa covava. Non si sa se Grimshaw credesse fino in fondo a questa diceria, tuttavia la mattina si alzava dicendosi di voler proprio trovare un tesoro. Sulle mappe di Moyenne sono segnati due siti con i simboli del teschio e delle ossa incrociate, è lì che Grimshaw e Lafortune hanno cercato di trovare i bauli colmi di ricchezze, ma non sono mai saltati fuori.
Mentre l’ex giornalista procedeva nel suo lavoro, le Seychelles sono diventate una delle mete tropicali più richieste al mondo, e anche la bellezza di Moyenne cominciò ad attrarre sguardi indiscreti, per esempio quelli di uno sceicco che pare essersi spinto a offrire fino a 50 milioni di sterline per accaparrarsi l’isola, ma Grimshaw nel tempo ha declinato ogni offerta. Con gli anni il giornalista si rendeva sempre più conto di non aver poi molto tempo a disposizione per proteggere il futuro della sua creatura: non avendo figli non aveva nessuno a cui affidare in custodia Moyenne, e inoltre nel 2007 morì il suo amico Lafortune. A quel punto Grimshaw si decise a cercare un accordo col Ministero dell’Ambiente delle Seychelles, che accolse la sua proposta di inserire Moyenne nel Parco marino di Ste Anne, concedendole perfino una sorta di status speciale. Nacque così il Moyenne Island National Park, il parco nazionale più piccolo del mondo.

Grimshaw morì nel 2012, la sua tomba è accanto a quella dei due pirati e a quella di suo padre, che lo raggiunse negli ultimi anni di vita. Nel suo testamento c’è scritto che “L’isola di Moyenne deve essere mantenuta come luogo di preghiera, pace, tranquillità, relax e conoscenza, per gli abitanti delle Seychelles e i visitatori d’oltremare di tutte le nazionalità, etnie e religioni”. Oggi sull’isola c’è un ristorante, il Jolly Roger, che serve pesce alla griglia e frutti di mare in salsa creola, un piccolo museo dedicato alla vita di Grimshaw e due vivai per i cuccioli delle tartarughe giganti che scorrazzano felici nel sottobosco di Moyenne. Arrivare qui non è semplice, l’isola non ha un molo ed è raggiunta al massimo da qualche decina di visitatori al giorno. Chi c’è stato racconta che nessun altro posto alle Seychelles può eguagliarne il senso di scoperta, sembra davvero di entrare in un altro mondo. Nel tempo Grimshaw e Lafortune hanno piantato oltre 16.000 alberi, e oggi l’isola attira una quantità di uccelli tropicali superiore a quella di qualunque altro luogo dell’arcipelago.
Sarebbe bello visitare un posto così, ma forse in fondo è meglio lasciarlo in pace, cullato dalle onde e dalla sua rinnovata purezza.
Federico di Vita è nato a Roma e vive in Toscana. Scrive di cibo, psichedelia e cultura su diverse testate, tra cui Esquire, Vice e L’Indiscreto. È autore del saggio-inchiesta Pazzi scatenati (Tic, 2012) – Premio Speciale nell’ambito del Premio Fiesole 2013; del libro I treni non esplodono. Storie dalla strage di Viareggio (Piano B, 2016); ed è curatore del libro collettivo La scommessa psichedelica (Quodlibet, 2020). Da gennaio 2021 conduce Illuminismo psichedelico, un podcast completamente dedicato alla psichedelia. Su Elle Decor scrive due rubriche: le “Cartoline” e il “Diario di una ristrutturazione”. Lo trovate su Twitter e su Instagram.