Lo abbiamo visto nei vecchi film di guerra, il periscopio, un’apparecchiatura composta da un lungo tubo telescopico e delle ottiche, che viene ancor oggi utilizzata dal comandante del sommergibile per inquadrare otticamente le navi in superficie
Uno strumento insostituibile per i battelli subacquei per poter osservare in immersione il traffico navale di superficie, la cui invenzione si ritrova nei libri di storia rivendicata da americani, francesi, inglesi e italiani. Ma chi fu il vero inventore? Per dare una risposta, come al solito, bisogna ritornare indietro nel tempo.
La verità viene dal ritrovamento dell’archivio di Paolo Triulzi, un geniale e modesto inventore italiano, che ha permesso di assegnare la priorità di invenzione del periscopio, nonchè di scoprire le vicende concernenti l’invenzione del suo “Telops di Triulzi” e del “Cleptoscopio di Russo e Laurenti”. Paolo Triulzi dal 1880 al 1906, è un geniale impiegato e Direttore Tecnico della storica Officina Galileo di Firenze che collabora con alcuni ufficiali delle Forze Armate italiane nella progettazione e realizzazione di strumenti ottici per applicazioni militari, quali topografi, telemetri, gonio-stadiometri e telegrafi ottici. Come vedremo nei dettagli, nel 1901 Paolo Triulzi inventa il Telops, periscopio per battelli subacquei, un’apparecchiatura alta cinque metri e studiata inizialmente per il Delfino, il primo mezzo subacqueo della nostra Marina Militare.
Sul Delfino venne imbarcato un periscopio diverso dal Telops, ma di fatto sviluppato secondo il suo principio di funzionamento. Dopo una violenta polemica tra la Officina Galileo e la Regia Marina, a seguito dell’adozione da parte della Marina del Cleptoscopio Russo-Laurenti, il primo Telops venne fornito, nel 1902, alla Regia Marina Svedese per il sommergibile Hajen. Fu un immediato successo, per la sua superiorità tecnica rispetto a quanto sino allora disponibile.
Fatti che esaminerò in seguito nei dettagli, legati al presunto plagio dell’apparecchiatura da parte della Regia Marina, portarono Triulzi, nel 1906, a mettersi in proprio, aprendo a Firenze il Laboratorio Ottico Meccanico – P. Triulzi. Nel 1917 il laboratorio si trasferì a Roma, continuandone l’attività, che nel 1924 porterà alla creazione della Società Anonima OMI – Ottica Meccanica Italiana dei fratelli Umberto e Amedeo Nistri.
Tutto partì dal Delfino
Nel 1900, le notizie del piano francese per l’acquisto di battelli subacquei allarmano i vertici militari italiani ed il neoministro della Marina, Ammiraglio Giovanni Bettolo, ordina di rimettere in servizio il sommergibile Delfino, migliorarlo e riprenderne le prove. Il programma viene affidato all’ingegner Cesare Laurenti che, già giovane e promettente tenente del Genio Navale, si era occupato delle prove in mare del Delfino e ne aveva redatto le raccomandazioni. Come vedremo, per sviluppare il periscopio del Delfino, il Laurenti contattò la società di strumenti ottici di precisione Filotecnica di Milano.
La soluzione prescelta era basata su un cannocchiale prismatico terrestre, ricordato come periscopio Laurenti, strumento che aveva un angolo visivo di soli pochi gradi (2-3°) per cui il Delfino era praticamente cieco quando navigava in immersione. Inutile dire che il suo comandante, il Tenente di Vascello Giuseppe Boselli, ne era molto preoccupato.
Interessante la figura di Giuseppe Boselli. Nato a Bologna nel 1867, fu militare ma anche imprenditore di successo. Sua sorella, Clara Boselli, sposò Giovanni Agnelli il cofondatore della FIAT. Giuseppe Boselli, da ufficiale di marina, partecipò alla campagna d’Africa del 1890 e comandò il primo sommergibile italiano, il Delfino, nel 1901. Dopo un periodo di Capo Sezione al Ministero della Marina, dal 1904 al 1906, si congedò con il grado di Capitano di Corvetta della riserva e divenne Direttore Amministrativo della Fiat-Muggiano, creata nel 1905, a seguito della fusione della società con la San Giorgio di Sestri Ponente e, nel 1907, della FIAT-San Giorgio, ditta specializzata in sommergibili, fino a diventare Consigliere d’Amministrazione della FIAT dal 1921 al 1941. Una carriera decisamente di successo.
Fu così che nel febbraio del 1901, durante una visita all’Arsenale di La Spezia dell’Ingegner Giulio Martinez, proprietario dell’Officina Galileo di Firenze, il Comandante Boselli, apprese che la Galileo fabbricava strumenti ottici per applicazioni militari, e chiese informalmente di provare a risolvere il problema. Il Martinez affidò l’incarico a Paolo Triulzi, vicedirettore e direttore tecnico, valente ottico e meccanico che già collaborava con diversi ufficiali delle forze armate nella realizzazione delle loro invenzioni. Il Triulzi capì immediatamente le specifiche richieste e, grazie all’esperienza ventennale acquisita nella progettazione e realizzazione di telemetri e cannocchiali, valutando e provando diverse configurazioni ottiche, realizzò un cannocchiale a grande campo e piccolo ingrandimento utilizzando due cannocchiali rovesciati.
I due cannocchiali potevano essere distanziati, ottenendo un periscopio molto lungo con visione perfetta e tutti i caratteri della visione naturale monoculare. Per compensare l’inevitabile perdita di luminosità, dovuta all’assorbimento delle varie lenti e prismi, e al contempo migliorare la minore distinzione degli oggetti dovuta alla visione naturale, i due cannocchiali erano un pò diversi, in modo da ottenere un piccolo ingrandimento (1,2× circa).
Identificata la migliore configurazione, a fine febbraio del 1901 il Triulzi realizzò un dimostratore: “un lungo tubo di cartone che sporgeva dal tetto dell’Officina”, in cui aveva posto i due sistemi telescopici provvisti di oculari speciali a largo campo che aveva ideato da tempo per applicazioni astronomiche. Venne scritto che: «Si vedevano gli oggetti circostanti in grandezza naturale, senza deformazioni, per un settore di circa 60° con perfetta definizione e intensità luminosa. Per la notevole ampiezza del campo di visione si poteva far oscillare ampiamente il tubo ottico, come se si trovasse a bordo, senza perdere di vista un punto osservato verso il centro del panorama».
Denominato Telops, l’invenzione venne però mantenuta segreta su richiesta della Regia Marina stessa. Il Comandante Boselli, invitato a vedere il prototipo, ne rimane entusiasta e si attivò per ordinarlo ma gli uffici del Ministero della Marina temporeggiarono. Di fatto il 28 luglio 1901 venne depositato a Roma un brevetto, a firma degli ufficiali del Genio Navale della Regia Marina Militare Gioacchino Russo e Cesare Laurenti, dal titolo: Apparecchio ottico denominato: Cleptoscopio, per la visione panoramica a largo campo fra posizioni a distanza dell’occhio e del punto di vista e fu diffusa la notizia che l’Italia disponeva di un avanzato strumento per la navigazione subacquea.
Ne nacque ovviamente una violenta polemica tra la Officina Galileo e la Regia Marina italiana, quest’ultima accusata di aver “carpito il segreto del Telops”, ma motivazioni commerciali (la Regia Marina era il maggiore cliente della Officina Galileo) fecero desistere la Ditta dal proseguire l’azione.
Solo anni dopo Russo, il vero inventore del Cleptoscopio, ammetterà che il Telops era stato inventato prima e che l’idea da loro adottata, idea che poi risultò diversa dalla configurazione del Telops, avvenne dopo che l’Ing. Laurenti aveva avuto modo di vedere il periscopio della Galileo ai primi di luglio. In quell’occasione Laurenti raccolse, parlando con i tecnici della Galileo, che ritenevano di parlare a un potenziale cliente e non a un concorrente, importanti informazioni costruttive. Paradossalmente, i tecnici e, forse, lo stesso Triulzi, pur non svelando il segreto del Telops, avevano permesso ai tecnici della Marina di trovare una “configurazione alternativa che, pur essendo meno performante, risolveva temporaneamente le esigenze del Delfino”.
Deluso dalla situazione, il Triulzi, caduto ogni motivo di riservatezza, depositò due domande di brevetto il 3 settembre 1901:il primo per “Canalizzatori di fasci di raggi luminosi, ossia raggruppamenti ottici aventi la proprietà̀ di permettere la visione a largo campo da punti lontani dall’occhio” e il secondo, sulla base di questa invenzione, di un “Apparecchio per la visione indiretta in battelli sottomarini, denominato Telops”.
In fase di internazionalizzazione, i brevetti non vennero riconosciuti in Germania, mentre in Gran Bretagna venne riconosciuto il brevetto del Telops: Improvements on optical instruments to afford indirect vision especially suitable for an observer inside a submarine boat. Per le sue caratteristiche nettamente superiori a quelle dei periscopi disponibili sino ad allora, il Telops trovò immediato successo commerciale all’estero: il primo esemplare venne venduto nel 1902 alla Regia Marina Svedese per il sommergibile Hajen, poi altri furono venduti alla Danimarca, alla tedesca Krupp di Kiel Garden (Cantiere Germaniawerft) ed alla Marina Imperiale Russa.
Il Delfino con il Cleptoscopio, 1904 ©USMM/Archivio Fotografico
Il Cleptoscopio venne invece installato sul Delfino nel 1902: era lungo sei metri ed il tubo aveva un diametro di 13 cm. Nel 1908 ne venne richiesta la sostituzione con un “periscopio con doppio sistema di visione” questa volta delle Officine Galileo, un modo di ripagare il torto fatto? In realtà venne rimosso solo nel 1910 e il nuovo periscopio fu installato nel 1911, dopo modifiche effettuate al Delfino nell’Arsenale di Venezia. Tra le modifiche quella della torretta per alloggiare il nuovo periscopio, lungo 5 m con tubo a cannocchiale da 15,4 cm di diametro alla base, ed elevabile a mezzo di una pompa a mano azionante un elevatore idraulico.
Una sfida tecnologica italiana
Appurata la priorità italiana dell’invenzione, che trovò subito molto interesse anche nelle Marine estere, andiamo ad esaminare le differenze sui due apparecchi, il Telops e il Cleptoscopio.
Il Telops di Triulzi
Il Telops era un cannocchiale a grande campo e piccolo ingrandimento, ovvero un cannocchiale composto da “due cannocchiali astronomici contrapposti e con ingrandimento unitario”. Questa configurazione, denominata anche a “telescopi a catena”, è quella che è stata universalmente utilizzata successivamente in tutti i periscopi, e la pupilla di entrata è grande come quella di uscita, ovvero non è maggiore della pupilla dell’osservatore: solo qualche millimetro. Era possibile distanziare i due cannocchiali a piacere, poiché le lenti sono disposte in nodo che i fascetti abbiano un andamento parallelo, ottenendo periscopi di lunghezza anche elevata e di piccolo diametro, e con buona luminosità.
A.M. Trivulzio – S. Triulzi 314 F IG . 18 Il Telops Brevetto n. 60.980
depositato il 03.09.1901© Archivio MNS&T
Il successo era legato all’elevata qualità̀ delle ottiche prodotte dalla Officina Galileo; ottiche costruite su “ricette” preparate dal Triulzi assai spesso a casa – e di cui si ignoravano del tutto i procedimenti per la preparazione – e sapientemente lavorate dagli operai da lui istruiti, che permisero la realizzazione di un periscopio lungo 5 metri e con un tubo di soli 10 cm. Il campo di vista superava i 60° e mostrava il panorama perfettamente a fuoco da 25 cm all’infinito. Era inoltre possibile trasformare il Telops in apparato di proiezione, permettendo di ottenere fotografie del campo osservato, una possibilità che costruttori stranieri hanno vantato come novità molti anni dopo! Nei brevetti del 1901 non solo è chiaramente descritta la configurazione ottica, ma ne sono indicate le configurazioni possibili, per soddisfare diversi scenari operativi, e le principali caratteristiche costruttive meccaniche/ambientali.
Il Cleptoscopio di Russo-Laurenti
Il principio di funzionamento del Cleptoscopio era quello delle macchine fotografiche dell’epoca: grazie a un obiettivo fotografico si raccoglieva l’immagine su un vetro smerigliato, immagine con un campo che poteva raggiungere 50-60°. Invece di mettere il vetro smerigliato in alto, erano aggiunte delle lenti che allontanavano la formazione dell’immagine il più lontano possibile, dove vieniva messo il vetro smerigliato. L’aggiunta di lenti permetteva di raddrizzare l’immagine, e l’osservatore guardava l’immagine con la testa ricoperta da un panno nero, così come il fotografo quando metteva a punto la macchina fotografica. E, come il fotografo, si serviva di una lente per meglio distinguere le particolarità dell’immagine, così tra il vetro smerigliato e l’occhio dell’osservatore era interposta una grossa lente, e l’apparecchio si mostrava come un finestrino circolare coperto da un vetro lenticolare.
Il Cleptoscopio di Russo – Laurenti – Brevetto n 60.639 depositato il
28.07.1901© Archivio Centrale di Stato di Roma – Autorizzazione
all’autore ACS Prot. 2179, Class. 43.10.00 del 30/04/2015
La visione era comoda, bioculare e poteva farsi da più di una persona contemporaneamente, purché si guardasse incappucciati e abbastanza di fronte all’apparecchio. Gli inconvenienti però non erano trascurabili. L’immagine veniva ingrandita e la sua chiarezza assorbita dal vetro smerigliato: si aveva un’idea di tutto il campo di vista, ma ne sfuggiva il dettaglio, elemento importante per un periscopio. Inoltre, appena cessava la piena luce del giorno, l’immagine diventava scura e già̀ nel crepuscolo o alla luce dell’alba lo strumento era del tutto inutile.
La produzione del Cleptoscopio fu affidata alla FIAT San Giorgio di La Spezia, società attiva nel settore della cantieristica navale e che aveva aperto anche un reparto per lo sviluppo e la produzione di strumentazione ottica militare. Sulla base di documentazione del CNR risulta che detto periscopio avrebbe equipaggiato soltanto i primi due sommergibili della Regia Marina.
L’impiego sui battelli statunitensi
Ci rechiamo ora oltre oceano, dove nel primo decennio del ‘900, si assistette ad una lunga contesa tra John Phillip Holland e Simon Lake, costruttori dei primi battelli. Lake si dedicò prioritariamente al mercato europeo ed è proprio in Europa che trovò la società di strumenti ottici che cercava per rendere pienamente operativi i propri mezzi. Lake descriverà l’“Officina Galileo di Firenze” così: «Questa azienda produce periscopi a visione binoculare. Il successo di qualsiasi periscopio dipende dalla qualità del materiale utilizzato per le lenti e prismi, e dalla precisione delle lavorazioni. Questa azienda, che è probabilmente la più antica casa di produzione ottica del mondo – ha detto di essere stata fondata dallo stesso Galileo – produce periscopi della più bella fattura. […]. Un volantino, disposto inferiormente, permette la facile rotazione dello strumento mantenendo una perfetta visione binoculare. È prevista l’introduzione di aria secca; ciò impedisce la formazione di condensa sulle lenti e i prismi all’ interno del tubo».
Il telescopio citato è il Telops, inventato da Paolo Triulzi nel 1901 e, come abbiamo anticipato, già fornito nel 1902 alla Reale Marina Svedese per il sommergibile Hajen.
L’HMS Hajen con il Telops esposto al Naval Museum – Karlskrona, Svezia
Di fatto, nel 1908 Simon Lake riuscirà a rompere il monopolio della Holland, e dal 1909 al 1922 costruirà 32 battelli sommergibili per la US Navy. Nel 1910 la US Navy, insoddisfatta dei periscopi sino al momento provati, prepara una specifica tecnica e acquista, per valutarli, sei periscopi in Europa: tre dalla Officine Galileo e tre dalla tedesca Goerz, di Berlino; successivamente altri tre periscopi verranno acquistati dalla tedesca Carl Zeiss di Jena.
Inizialmente previsti per installazione sui sottomarini delle Classi D- ed E-, due dei tre periscopi Galileo sono del tipo a visione diretta monoculare e vengono installati come periscopi ausiliari sui sommergibili USS C-1 (ex Octopus varato nel 1906) e USS C-3 (ex Tarpon varato nel 1909).
USS C-3 (ex Tarpon), 04.12.1912, il periscopio Galileo è quello più alto
fonte National Archives and Record Administration # 19-N-1346
Il terzo periscopio, installato sull’USS C-4 (ex Bonita varato nel 1909) è invece del tipo binoculare con doppio sistema di visione, ovvero con visione binoculare diretta o, spostando una levetta, indiretta su vetro smerigliato. Nel maggio del 1917, il Periscope Board della US Navy deciderà di adottare solo la visione diretta monoculare con ingrandimenti fissi: 1,2× (FOV 40°) e 4× (FOV 12°) dove FOV, field of vision, è il campo visivo in un dato momento.
In sintesi, il ritrovamento dell’archivio di Paolo Triulzi permise una ricostruzione puntuale dell’intera vicenda e dell’uso improprio dei brevetti del Triulzi da parte della “S. A. Officine Galileo”, subentrata nelle attività̀ della “S. A. Officina Galileo dell’Ing. G. Martinez & C.” nel 1907.
Fine I parte – continua
Gian Carlo Poddighe