Ancora un articolo che merita essere approfondito, dal sito Ocean4future a cura di Andrea Mucedola
La battaglia dell’Atlantico durante la seconda guerra mondiale, iniziò nel 1939 a seguito del blocco navale alleato della Germania, annunciato il giorno dopo la dichiarazione di guerra, e il successivo contro-blocco della Germania. Una battaglia senza esclusioni di colpo che vide contrapposti gli U-Boot e altre navi da guerra della Kriegsmarine tedesca contro le unità della Royal Navy e degli altri alleati, in protezione dei convogli provenienti dall’altro lato dell’Atlantico. Conoscere i movimenti dei mezzi tedeschi era diventata una priorità e l’Ammiragliato britannico decise di catturare a tutti i costi un modello della macchina cifrante ENIGMA in dotazione alle unità tedesche dell’ammiraglio Dönitz.
Brevetto della cifrante ENIGMA di Arthur Scherbius,
presentato il 24 gennaio del 1928
La nascita di ENIGMA
La crittografia è una scienza matematica complessa, sviluppata sin dall’antichità da matematici e menti eccelse per studiare sempre nuovi sistemi di cifratura per proteggere le corrispondenze segrete dei loro signori. Il requisito di riservatezza divenne nel tempo una necessità comune e le tecniche di protezione sono oggi alla base della sicurezza informatica applicata nelle comunicazioni militari ma anche nelle transazioni commerciali bancarie. La trattazione della materia sarebbe troppo lunga per poterla raccontare in pochi articoli per cui, per chi volesse approfondire, suggerisco la lettura del libro Codici e Segreti di Simone Singh [1] che tratta l’argomento in maniera chiara ed esaustiva dalle origini ai giorni nostri.
Mi concentrerò su ENIGMA, una macchina cifrante di successo inventata nel 1818 dall’ingegnere tedesco Arthur Scherbius in grado di generare una codifica automatica polialfabetica dei messaggi. In realtà, il suo principio di funzionamento non era innovativo in quanto era una versione elettromeccanica del disco cifrante di Leon Battista Alberti, un sistema di cifratura inventato secoli prima dal famoso architetto italiano.
Per aumentare la pervietà della cifratura, Alberti aveva ideato una macchina composta da due dischi di rame di diametro diverso che riportavano lungo le loro circonferenze le lettere di un alfabeto in sequenza.
I dischi, liberi di ruotare indipendentemente, mettevano in relazioni lettere diverse; ad esempio, alla lettera A del disco esterno poteva corrispondere la Y nel disco interno, e via di seguito.
La chiave, in questo caso, sarebbe stata semplicemente una lettera la Y (A su Y) e si sarebbe ottenuta una semplice sostituzione monoalfabetica, in cui ogni lettera del testo in chiaro sarebbe stata sostituita, nel testo cifrato, dalla lettera che si trovava un certo numero di posizioni dopo nell’alfabeto (un metodo di cifratura si dice inventato da Giulio Cesare).
Un sistema tutto sommato semplice da decifrare che però poteva essere reso più complicato utilizzando una cifratura polialfabetica. Ad esempio, nella prima riga, abbiamo l’alfabeto in chiaro, nella seconda abbiamo la prima lettera della chiave (una sequenza alfabetica delle lettere al contrario ovvero da Z a A), nella terza un alfabeto in cui la prima lettera è una N e poi prosegue sempre al contrario terminando con una O.
Nel nostro esempio, il cifratore decide di usare questi due alfabeti (Z e N) per la cifratura che sarà quindi polialfabetica, impiegando come riferimento alternato i due alfabeti.
Alfabeto chiaro | A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z |
Alfabeto ‘Z’ | Z Y X W V U T S R Q P O N M L K J I H G F E D C B A |
Alfabeto ‘N’ | N M L K J I H G F E D C B A Z Y X W V U T S R Q P O |
Nell’esempio, la chiave di cifratura “ZN” sarà usata per cifrare la parola “CIFRA”. Cifreremo quindi la prima lettera “C” impiegando l’alfabeto Z, poi la seconda “I” questa volta utilizzando l’alfabeto N, per la “F” si tornerà all’alfabeto Z … e via così fini al termine della parola o della frase.
Chiave | Z N Z N Z |
Testo chiaro | C I F R A |
Testo cifrato | X F U W Z |
La stessa cosa poteva essere fatta con i dischi rotanti di Alberti, facendo combaciare le lettere nei diversi dischi in maniera alternata. Aumentando il numero delle chiavi (ovvero degli alfabeti), aumentava ovviamente la complessità di decifrazione.
La macchina cifrante di Arthur Scherbius, che venne chiamata ENIGMA, era quindi in grado di generare una codifica automatica polialfabetica dei messaggi introdotti, impiegando codici che, per aumentare la complessità, venivano cambiati quotidianamente.
ENIGMA consisteva, in estrema sintesi, in tre elementi principali:
– una tastiera, per inserire il testo in chiaro;
– un’unità che trasformava il testo dalla lettera originale alla lettera cifrata (attraverso uno scambiatore, detto anche rotore)
– un visore che indicava quale lettera inserire nel messaggio criptato.
Con parole semplici, ENIGMA faceva ruotare lo scambiatore in maniera automatica di un 26esimo di giro (per un alfabeto composto di 26 lettere) per cui la cifratura cambiava automaticamente dopo ogni lettera. Impiegando più scambiatori la complessità di cifratura numerica naturalmente aumentava.
Va compreso che la forza di ENIGMA non dipendeva dal dispositivo elettromeccanico ma dal suo settaggio all’inizio della cifratura. Questo comportava che, per decifrare i messaggi, bisognava prima scoprire la chiave giornaliera tra milioni di miliardi possibili di combinazioni.
I Tedeschi impiegavano una chiave giornaliera, cambiata ogni giorno alla mezzanotte, ed inviavano prima del messaggio una seconda chiave, diversa per ciascun messaggio. Questo rendeva quindi impossibile la decifrazione con i metodi manuali in uso all’epoca.
La corsa per la decifrazione
Il caso aveva voluto che nel 1914, l’incrociatore leggero tedesco Magdeburg, in missione di posa di mine navali nel mar Baltico, durante una manovra evasiva, a causa dell’oscurità e della fitta nebbia, urtò il basso fondale nei pressi dell’isola di Osmussaar, rimanendo incagliato; i tentativi di disincaglio e rimorchio furono inutili e la nave fu bersagliata dal fuoco degli incrociatori russi. Il comandante Habenicht diede l’ordine di abbandonare la nave e di attivare le cariche per l’autoaffondamento. I Russi riuscirono però a prendere possesso del relitto, rinvenendo tra le braccia del cadavere di un sottufficiale tedesco tre libri contenenti le chiavi di cifratura del sistema di codifica delle comunicazioni radio della flotta tedesca. Grazie a quel ritrovamento, i Russi furono così in grado di decifrare, anche se in parte, i messaggi della flotta del Kaiser. Conoscendo la superiorità britannica nel campo crittografico, Mosca inviò una copia dei codici alla Marina britannica. Questo contribuì non poco alle sorti del conflitto e, dopo la guerra, il controspionaggio tedesco dovette ammettere che l’intercettazione dei cifrari aveva contribuito pesantemente alla loro perdita.
Una lezione acquisita che segnò un punto a favore per la macchina ideata da Scherbius. Nonostante il costo della cifrante, nei due decenni seguenti le forze armate del Reich acquisirono 30.000 macchine cifranti ENIGMA di diverso tipo e le distribuirono ai comandi militari ma anche alle ambasciate. Una dotazione che non passò inosservata ai servizi segreti di tutto il mondo e che comportò un aumento degli sforzi per decifrare il traffico cifrato. In realtà, a causa del numero enorme di combinazioni ottenibili, i risultati risultarono scarsi (se non nulli) sempre a causa della necessità di conoscere i codici che venivano cambiati ogni giorno.
Il metodo teorico della decifrazione del primo sistema ENIGMA si deve alla Polonia
I migliori nel campo si rivelarono i crittografi polacchi del Biuro Szyfròw che, negli anni ‘30, grazie all’aiuto dello spionaggio francese, dopo una brillante operazione di corruzione di un funzionario tedesco, ottennero degli importanti documenti segreti inerenti ENIGMA che permisero di realizzare una replica della versione militare. Un passo avanti ma ancora non sufficiente a causa delle diverse possibilità offerte dalle chiavi di cifratura, un numero enorme praticamente non decifrabile in tempi brevi.
Marian Adam Rejewski, matematico e crittografo polacco,
nel 1932 riuscì per la prima volta a decifrare i messaggi
tedeschi criptati con la macchina Enigma ideata da Arthur
Scherbius. Rejewski si avvalse delle preziose informazioni
segrete passate dai francesi ai polacchi, ottenute da un
traditore tedesco, nome in codice Asche, in realtà
Hans-Thilo Schmidt, in cambio di denaro.
Un passo avanti lo realizzò il matematico polacco, Rejewski che realizzò una macchina in grado di trovare “autonomamente e rapidamente” le possibili 17.576 posizioni dei rotori della macchina cifrante. In pratica automatizzando il meccanismo di decrittazione precedentemente frutto di prove interminabili con carta e matita.
La decifrante di Rejewski necessitava di sei macchine, lavoranti in parallelo, per rappresentare tutti i possibili assetti di ENIGMA. Questo consentiva all’epoca di decifrare la chiave giornaliera in un paio di ore. Le singole unità erano chiamate “bombe”, un soprannome datogli per il ticchettio che emettevano passando da un assetto all’altro durante le operazioni di calcolo. In parole semplici, le “bombe” consentivano l’automazione del processo di analisi crittografica in opposizione all’automazione del processo crittografico fornito da ENIGMA.
Schema della apparecchiatura crittografica di Rejewski
chiamata Bomba. Per chiarezza, viene mostrato solo un
set di tre rotori (1) mentre in realtà, ce ne erano sei.
I rotori erano mossi da un motore elettrico (2) con il
numero 3 gli interruttori delle lettere. Sebbene le
prestazioni risultarono per l’epoca eccezionali, il costo
delle macchine era elevato e pochi si potevano
permettere una spesa simile.
La capacità della macchina di decifrazione realizzata da Rejewski funzionò fino al 1938 quando i Tedeschi modificarono la sicurezza di ENIGMA portando le originali combinazioni da 6 a 60. In pratica, sarebbe stato necessario avere 60 “bombe” per poter coprire la capacità di calcolo necessaria. Ma non finì qui; poco dopo i Tedeschi aumentarono nuovamente la complessità del sistema, arrivando ad un numero di chiavi di 159 miliardi di miliardi.
Fine I parte – continua
Andrea Mucedola
Riferimenti
[1] Simon Singh, Codici & segreti, Rizzoli editore, Milano, 1999, ISBN 88-17-86213-4
Alberti, Leon Battista, Dello scrivere in cifra, (De componendis cyfris) trad. it. di M. Zanni. Prefazione di David Kahn, Galimberti Tipografi Editori, Torino 1994
Hugh Sebag-Montefiore, Enigma: The Battle for the Code, 2000, ISBN 0-7538-1130-8
Władysław Kozaczuk, Enigma: How the German Machine Cipher Was Broken, and How It Was Read by the Allies in World War Two, University Publications of America, 1984, ISBN 0-89093-547-5.
F. H. Hinsley, et alii, British Intelligence in the Second World War: Its Influence on Strategy and Operations, volume 2, London, 1981
Winterbotham, Frederick. The Ultra Secret. London: Weidenfeld and Nicolson, 1974. ISBN 0-297-76832-8
http://www.uboatarchive.net/U-110A/U-110 GreenockReport.htm
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Ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.