Riporto un bellissimo racconto di Chiara Baù, che esprime in se tutto l’amore che essa ha per la natura ed il mare. Vi invito a leggerlo ma anche a visitare il suo bellissimo sito. Credetemi, ne vale veramente la pena!
Ogni volta che osservo un faro ho la sensazione di ammirare un’opera d’arte con qualcuno che vive al suo interno. La sua presenza a picco sulle scogliere ha animato i miei sogni fin da piccola.
Chiudo gli occhi e immagino il guardiano del faro assorto nei suoi pensieri, mentre scruta l´orizzonte. Non riesco a figurarmi un faro senza il suo custode, quasi fossero due compagni inscindibili.
Eppure al giorno d’oggi i fari ancora operativi stanno subendo un processo di automazione totale per ridurne i costi di gestione e manutenzione; sfuma così la presenza di una figura leggendaria.
Di nuovo chiudo gli occhi e fantastico di trovarmi di fianco a lui, in silenzio, ad osservare le molteplici forme delle onde, a volte impetuose e graffianti sulle pareti del faro, a volte simili a dolci carezze. Lo immagino mentre ascolta il vento che accarezza il volto grinzoso segnato da eleganti rughe.
Un compito, quello del guardiano, forse tra i più prestigiosi ed onorevoli: accendere all´imbrunire un fascio di luce che salva e dà conforto alle imbarcazioni in mare per poi spegnerlo all’alba lasciando le imbarcazioni in balia del loro faro naturale, quello della luce solare.
Tempo addietro avevo realizzato il sogno di incontrare gli orsi nelle foreste, studiandone il comportamento, ora era il momento di cogliere altri desideri, immaginare di stare in compagnia di un guardiano del faro.
Mi sono così trasferita sulla costa atlantica della Bretagna, nel Finistère, un promontorio sul mare su cui sono concentrati i fari più spettacolari. L’alta densità di fari su questo tratto di costa si spiega con la rinomata pericolosità della navigazione. È qui che l’oceano esprime tutta la sua potenza con imponenti correnti, escursioni termiche di marea e onde che raggiungono altezze di una quindicina di metri. I venti sembrano spazzare tutto ciò che lo circonda, ma lui, il Faro col suo fedele guardiano resistono tenaci e imperturbabili.
Oggigiorno il guardiano non é più presente fisicamente, ma lo è la sua anima. Desideravo assaporare questa sensazione e percepirne l’essenza sulle coste dell’Oceano Atlantico. Non mi sarei permessa di entrare fisicamente nel faro al posto del guardiano, ma sarei rimasta al suo fianco come un fantasma, vicino alla sua anima. Ecco perché ho progettato di recarmi in Bretagna a visitare i fari più caratteristici e, per coglierne lo spirito, ho deciso di trascorrere alcune ore in prossimità di queste sentinelle del mare nei momenti più significativi della giornata: l’alba e il tramonto.
Durante il giorno ammiravo l’eleganza dei fari che sembrano sfilare lungo la costa come su una passerella, in attesa che mezz’ora prima del crepuscolo una luce si accendesse per offrire un punto importante di riferimento alle imbarcazioni in mare. La sentinella del mare deve il suo nome all’isola di Pharos, situata di fronte ad Alessandria d’Egitto, dove nel III secolo a.c. era stata costruita una torre alta tra i 115 e i 135 metri, sulla cui sommità un fuoco acceso emetteva un segnale luminoso, che grazie ad un elaborato sistema di specchi, si dice ideato da Archimede, consentiva una gittata di oltre 30 miglia.
Una storia antica e innumerevoli vicende si nascondono dietro ognuna di queste costruzioni in muratura. Durante la notte diventano amiche delle imbarcazioni, trasformandosi in statue impassibili durante il giorno. Probabilmente sono osservate anche dalle balene durante le loro rotte migratorie, e chissà mai che non offrano punti di riferimento anche ad altri abitanti dell’oceano, come la tartaruga caretta caretta che durante brevi emersioni le controlla per orientarsi sul proprio percorso, o per i capodogli spesso vittime di spiaggiamenti.
Mi alzo nel cuore della notte, vestita a cipolla. Cerco il luogo più adatto vicino al faro ma senza entrarvi.
Con la macchina fotografica mi sono appostata per ritrarre l’alba. La luce è scarsissima e usando lo scoglio come cavalletto rimango immobile il più possibile. Uso le stesse tattiche di quando mi nascondevo in lande desolate per osservare il passaggio dell’orso grizzly. In silenzio e immobile: regole sacre per fotografare e ammirare le situazioni più affascinanti in natura.
Aspettavo l’istante da tempo. Sdraiata su uno spuntone di roccia granitica, in compagnia dei gabbiani, l´oceano atlantico davanti, scuro e sconfinato. Una sensazione di completezza davanti a questo spettacolo. È ancora buio, ma le nuvole sembrano delinearsi dolcemente uscendo poco alla volta dall’oscurità per rivelare i contorni dorati alle prime luci dell’alba. Voglio fermare il tempo, immortalare l’istante, forse il più bello della giornata. Ho sempre desiderato appendere in casa il poster di un faro, pur potendolo semplicemente acquistare alla libreria del mare a Milano, ma possedere e ammirare l´immagine di un faro in soggiorno doveva essere una conquista. Così mi trovo al cospetto dell’Oceano. Sistemata sullo scoglio la macchina fotografica osservo il fascio di luce che nel buio scarso dell’incipiente mattino simula una danza. Sembra ondeggiare sulla musica perenne delle onde del mare, una danza circolare dove una striscia argentea si propaga improvvisa sul mare, sul tetto di un’isolata baracca della spiaggia, sulle scure rocce granitiche della costa.
Ogni singola pietra sembra animarsi e divertirsi in questa giostra, antiche pietre partecipi nei secoli di uno spettacolo sempre attuale che volge a un nuovo giorno.
Il faro si sbizzarrisce su ogni angolo di buio, il raggio deciso sembra dividersi in due grandi bracci che accarezzano ogni onda del mare e ogni zolla di terra. Con delicatezza chiudo lentamente il diaframma dell’obiettivo. La luce del sole sta per fare il suo ingresso. Il faro però non si interrompe e continua il suo compito.
Manca ancora una manciata di minuti al sorgere del sole. La roccia granitica modellata dalle tempeste punzecchia la mia pelle. Immersa nella magica atmosfera del crepuscolo mattutino osservo il faro che ho davanti a me sulla scogliera, imponente e regale. Il fascio luminoso tanto rassicurante nelle ore notturne sembra affievolirsi man mano che i raggi del sole iniziano ad annunciare il giorno, emergendo delicati e svettanti dall’orizzonte.
È un momento sacro e anche il faro davanti a me sembra inchinarsi alla presenza del sole. Con timidezza il fascio luminoso si spegne lasciando il testimone ad un fascio più luminoso e sfolgorante, quello del sole. Un passaggio delicato, quasi un colloquio di benvenuto, una sorta di dialogo e in quel momento in cui la luce si spegne, un passaggio di consegne tra il faro e il sole, una cerimonia esistente da secoli. Se nel buio che precedeva il sorgere del sole era il faro a farla da padrone, ora il compito tocca al sole.
Le rocce assistono allo spettacolo consueto di ogni giorno, memorizzando luci e colori mutevoli ad ogni secondo. Sembrano animarsi, e ogni granello di roccia si illumina d’incanto al cospetto dei raggi solari.
Un passante lontano, forse un vagabondo si chiede cosa mai stia facendo sdraiata in cima allo scoglio, immobile, in balia di un vento freddo e pungente.
Immortalato il momento di un antico scambio di ruoli tra faro e sole, rimango appollaiata sullo scoglio ancora qualche istante per ammirare il faro nella sua nuova veste. Poi un poco assonnata lascio lo scoglio per andare a riposare, non senza trascurare una ricca colazione nell’accogliente pasticceria del villaggio bretone vicino.
Il pensiero del guardiano del faro non mi abbandona. Mi diverto a instaurare un dialogo virtuale con la sua figura immaginaria. Fantastico mentre l’osservo scrutare il mare, intessere un amichevole colloquio con onde e gabbiani; di sicuro non ricorre ad Alexa, il dispositivo con intelligenza artificiale che spopolando sui mercati online sembra essere diventato uno strumento di dialogo indispensabile per gran parte di utenti. Un marchingegno programmato per parlare e rispondere a qualsiasi domanda, capace anche di augurare la buonanotte. Sembra che l’era digitale spalanchi tutte le finestre, mentre in realtà finisce spesso col costruire muri o rapporti solo virtuali. Il guardiano del faro, pur trascorrendo la maggior parte del tempo in solitudine, non ricorre ad Alexa, non conosce linguaggi artificiali.
Piuttosto che instaurare fittizie conversazioni sui social colloquia con le onde, dialoga con le balene ed al tronco arenato sulla spiaggia dopo una furiosa burrasca pare rivolgersi con curiosità e amicizia “Caro tronco viaggiatore, il destino ti ha trasportato su questa spiaggia strappandoti alla famiglia su isole lontane, un uragano ti ha rapito dalla tua foresta regalandoti un viaggio nell’oceano. Nascondi nelle tue venature la saggezza del mare, porti sul tuo legno le ferite delle tempeste, ma la tua debolezza col tempo si è trasformata in fermezza e armonia. Il tuo legno accoglie i gabbiani e la tua nobiltà si mischia alla bellezza delle conchiglie che ti circondano”.
Questo l’immaginario conversare del guardiano del faro col tronco di legno fradicio abbandonato sulla spiaggia deserta.
Tiene un piccolo taccuino il guardiano, dove annota gli avvistamenti in mare. Il volto è tranquillo anche quando onde gigantesche avvolgono il faro oltre la sommità in una nuvola turbinosa di acqua scrosciante e schiuma imponente. Un’identità forte e ben definita accompagnata da una calma e serenità esemplari.
Il suo udito si è talmente affinato da distinguere la voce delle onde più diverse: l’onda lunga che nel suo ritmato peregrinare rivela una voce profonda quasi baritonale, l’onda corta con uno sciacquio più allegro e scoppiettante. Anche ad occhi chiusi riesce a riconoscere il battito d’ali del gabbiano e a distinguerlo da quello del cormorano o di una fregata.
L’ora del tramonto si avvicina. Il rituale è il medesimo della mattina. Installo la macchina fotografica sul cavalletto, mi incastro tra le rocce rugose modellate dal vento e rimango in attesa.
Mentre mi accoccolo tra gli spuntoni rocciosi, mi accorgo che è una verde flora originale quella che riesce a conquistare il granito spazzato dagli spruzzi delle onde. Si tratta di minuscoli licheni che dipingono le pareti degli scogli. Le luci si fanno sempre più calde, il faro si appresta al compito quotidiano, io lo stesso.
L’attimo dell’imbrunire in cui il faro si accende per proiettare i suoi raggi sembra un incantesimo. Si schiude un mondo nuovo, sconosciute emozioni, non più la paura ancestrale del buio che mi spaventava da bambina. Il timore svanisce e si dissolve con la crescente bellezza di un’atmosfera unica col faro che con ritmo costante illumina tutto l’ambiente sul suo percorso circolare. La luce sembra propagarsi all’infinito e come una bacchetta magica si insinua in ogni minuscolo angolo di buio.
Ora è la luce del faro che prende il sopravvento, mentre è tempo per il sole di riposare. Assisto nuovamente al passaggio di consegne e un po’ infreddolita ripongo la macchina fotografica dopo aver catturato il tramonto nell’obiettivo. La luce del giorno non è più sufficiente e preferisco osservare coi miei occhi il propagarsi dei luminosi raggi del faro. Mi lascio sfiorare e ci gioco, un gioco rituale come quando da piccola saltavo la corda.
La cerimonia alba-tramonto viene ripetuta sempre con stupore e curiosità per tutti i fari della costa bretone. Ogni faro ha una sua identità e un suo custode che là vi abita con i propri ricordi e pensieri.
E accanto ad ogni faro mi sento sempre più vicina allo spirito del guardiano. Il mare non è solo un nuovo punto di vista, bensì un libro da cui attingere in ogni istante.
Dopo qualche settimana sono impegnata per lavoro in Costa Azzurra. Un ambiente che contrasta con la selvaggia Bretagna. La costa appare puntellata come un alveare per la densità delle costruzioni.
Sembra non esserci spazio neanche per un albero. Un tratto di mare sta per essere rapito dall’uomo. Dalle vetrate dell’hotel vedo emergere dal mare delle fondamenta di acciaio che spuntano dall’acqua come in un film di fantascienza. Un´immagine che solo alla vista disturba.
Scopro in realtà che per edificare nuovi hotel forse per un aspetto più spettacolare e originale viene sacrificata una porzione di mare. Il direttore dell’hotel accenna a nuovi posti di lavoro, nuove imprese, nuovi investimenti. Da naturalista convinta penso all’usurpazione di una parte di natura e trovo questa soluzione del tutto artificiosa e innaturale.
Il mare, penso, avrebbe dovuto dare il suo consenso, ma il mare non risponde, la sua sofferenza è silenziosa.
Penso allo sguardo del guardiano del faro quando scruta il mare, al nuovo orizzonte interrotto dall’arpione di una gru piuttosto che dallo spruzzo dello sfiatatoio di una balena.
Per un istante ho dimenticato che il guardiano del faro non esiste più. Eppure è come se mi avesse affidato un nuovo compito. Nei giorni trascorsi sulle coste della Bretagna ho imparato quanto sia impagabile lo sguardo sull’orizzonte sconfinato e quanto prezioso sia lasciarlo navigare nell’infinito.
Uno sguardo che può essere colmato e arricchito dal tuffo acrobatico di un delfino, dal volo di un gabbiano o da un veliero lontano. Il guardiano del faro sapeva difendere quell’orizzonte, e controllarlo accendendo e spegnendo il fascio luminoso.
Non posso impedire che quel tratto di mare venga violentato, ma posso tramandare il pensiero del guardiano a chiunque mi conosca. Solo così la danza infinita del faro potrà continuare.