Ancora una pillola di Nunzio Giancarlo Bianco
Al cessa posto di manovra generale era il momento che ognuno di noi era preso dal proprio lavoro, la nave filava sul mare che era uno spettacolo. C’era sempre qualcosa da fare perché essa ti dava da fare tanto ma lavoravi senza battere ciglio, salivi e scendevi, da prua a poppa. I corridoi in certi momenti erano affollati da persone che erano impegnati da incessanti attività, sembrava essere nei vicoli stretti di una città. Questa animazione era per lo più nel primo giorno di navigazione, sembrava a momenti come in cerca di un momento di collocazione. Dalla colazione, al pranzo fino alla cena quel primo giorno aveva in te quella sensazione di mancato adattamento, era come se il corpo volesse ribellarsi. Ribellarsi in quell’ambiente per certi versi angusto e caotico, portavi con te tutte quelle sensazioni che avevi lasciato a terra prima di salpare. Ma era al primo tramonto che finalmente trovavi pace, avevi ben presente il lavoro che ti aspettava da li a venire nelle prossime giornate. Dopo la cena i vari quadrati di bordo si animavano di persone che finalmente trovavano quell’attimo di pace e ti lasciavi andare con i tuoi colleghi. Quel momento ibrido, quello stato non definito durava giusto il tempo di una giornata, era quel modo di adattarsi nel lavoro da marinaio. Prima di andare nella tua branda dopo una intensa giornata di lavoro, perché la prima giornata è davvero particolare, ti recavi sui ponti scoperti o a poppetta e ti gustavi il primo tramonto marinaro. Scendeva in te la consapevolezza del momento e del tuo stato di adattamento, sentivi in te scendere quella tranquillità perché il tuo corpo era come domo. Ti isolavi nel tuo stato e ti lasciavi andare nei pensieri confidandoli alla luna sperando che chi ti aspettava ricevesse in quel momento il tuo pensiero come una carezza. E quando in branda finalmente di lasciavi cullare da Morfeo e sentivi i tuoi muscoli distendersi finalmente e quella fibra nervosa trovare pace. Quel rumore dell’aria forzata, la carezza del mare sullo scafo e quel segnale cadenzato del sonar come una ninna nanna ti accompagnava finalmente nel meritato riposo. In un attimo come per magia sentivi sparire tutti quei rumori, finalmente riuscivi a dormire e non pensavi più dov’eri e la coperta la portavi su fino a coprirti la testa. Il mattino dopo ti svegliavi ma era come se tu stessi lì da sempre, con movimenti quasi meccanici ti buttavi giù dalla branda, era il momento di prepararti per la colazione e per l’assemblea. Nei due momenti trovavi il tempo di fumarti una sigaretta a poppetta e ti godevi la magia della prima alba in mare, con quel mare blu, quel cielo azzurro e ti lasciavi accarezzare dal primo raggio di sole. Già la costa era lontana e all’orizzonte vedevi il cielo baciare il mare e la scia della nave formare quell’arcobaleno di colori intensi che catturavano sempre la tua attenzione. Eri già al tuo primo giorno di navigazione e in uniforme con il tuo berretto da sottufficiale sotto le braccia ti recavi sul ponte di volo. Schierato per reparti ti mettevi col tuo e ti apprestavi a ricevere le disposizioni del giorno, ogni giorno tutto così in un tempo cadenzato dal lavoro e dalle tue emozioni. Quel sottufficiale della Marina Militare adempieva in quel compito dato dalla categoria e dalle responsabilità del grado che indossavi. Il marinaio era nel suo elemento naturale, la Nave e il tuo magico mare.