Nel 1938 vennero realizzati dalla Regia Marina italiana dei minuscoli motoscafi a fondo piatto (tecnicamente chiamati M.T. ovvero “Motoscafi da Turismo”) che trasportavano sulla prua una carica esplosiva di 300 kg di tritolo che sarebbe stata attivata dall’urto contro la nave nemica. Propulsi da un potente motore 2500 Alfa-Romeo, erano guidati da un pilota posto su una tavoletta fuori bordo a poppa che infilava le gambe in due interstizi ai fianchi del motore.
Questi motoscafi erano stati costruiti inizialmente dal cantiere Baglietto di Varazze nel novembre del 1936 su idea del duca Amedeo d’Aosta, all’epoca generale della Regia Aeronautica che pensò ad un’azione combinata idrovolanti (SM 55) e barchini. Il concetto fu poi ripreso dal fratello Aimone duca di Spoleto, ammiraglio della Regia Marina, che, con i capitani di fregata Giorgio Giorgis e Carlo Margottini, abbandonando l’idea di usare gli aerei, pensò piuttosto ad un loro imbarco a bordo dei cacciatorpediniere.
L’addestramento su questi mezzi iniziò nell’autunno del 1938 presso la base di Balipedio Cottrau, sulla strada di Portovenere (La Spezia), ed il primo esperimento venne fatto, sempre contro l’esploratore RN Quarto, il 13 novembre del 1940.
Il concetto di impiego dei M.T. era innovativo. Toschi scrisse: “Si tratta di riuscire ad entrare, col favore della notte e con il motore al minimo, entro un porto nemico non troppo protetto e controllato. Poi, alle prime luci dell’alba, da distanza ravvicinata, partire a tutta velocità contro la sagoma della nave nemica. Giunti a duecento metri, prendere bene la mira, bloccare il volante e gettarsi via, all’indietro, nel gorgo tumultuoso dell’elica. L’urto contro la carena provocherà l’affondamento della carica e la sua successiva esplosione sui sei metri di profondità per ottenere il massimo effetto balistico.”
Queste armi furono impiegate anche nel dopo guerra dalla nascente marina israeliana (leggi articoli “I rapporti segreti tra i gruppi sionisti e la Regia Marina italiana“), addestrata da reduci della 10 flottiglia MAS, con successo con l’affondamento della nave ammiraglia egiziana “Emir Farouk” e di un dragamine. Questa missione fu strategicamente importante perché liberò le coste Israeliane dalla pressione della Marina Egiziana e permise all’esercito di conquistare la striscia di Gaza.
L’idea, come spesso accade, non fu abbandonata e recentemente è tornata in auge in aree geografiche diverse: nel Golfo di Aden dove mezzi simili sono usati dagli Houthi, impiegando mezzi derivati (o forse forniti) dalla Guardia rivoluzionaria iraniana, e durante la guerra russo-ucraina dove la flotta di Mosca continua ad essere sottoposta da attacchi continui di mezzi autonomi di superficie di fatto un’evoluzione tecnologica dei barchini inventati dalla Marina italiana quasi un secolo fa.
I nuovi droni navali di superficie ucraini
Secondo l’autorevole esperto H.I. Sutton si tratterebbe per lo più di piccoli droni di superficie (USV – unmanned surface vessel) realizzati nelle ultime versioni trasformando degli scafi commerciali molto simili alle moto d’acqua a propulsione a getto costruite dalla Sea-Doo, una nota azienda canadese. Questa società è presente liberamente sul mercato ed offre un’ampia scelta di prodotti con motori elettrici ma anche a benzina o diesel.
Dalle foto presenti sulla stampa si notano alcune caratteristiche interessanti: lo scafo è sottile, apparentemente costruito in alluminio, con una forma che offre una bassa risposta radar; a prora appaiono delle sporgenze identificabili come spolette di impatto simili alla famiglia delle FAB-500 dell’era sovietica, ancora ampiamente utilizzate oggi nei Paesi ex sovietici. A seguito dell’urto contro il bersaglio, il detonatore attiverebbe la carica esplosiva contenuta nella parte anteriore del mezzo. L’esplosione avverrebbe quindi a livello superficiale e non sotto lo scafo come per i barchini italiani dell’ultima guerra.
A differenza degli USV in uso nello Yemen dagli Houthi e in dotazione alle forze iraniane (che mantengono sul mezzo una posizione di pilotaggio, probabilmente per i periodi di trasferimento), il nuovo mezzo ucraino è completamente autonomo ovvero è sempre privo di equipaggio.
Un’evoluzione rapida
Quando un primo modello di USV ucraino fu ritrovato spiaggiato, alla fine di settembre scorso, la sua pericolosità fu forse sottovalutata dalla marina russa… un grave errore che comportò le ben note disavventure navali delle unità russe che si rintanarono nel porto di Sebastopoli, Crimea, limitandosi a lanciare i loro micidiali missili dalle banchine di ormeggio. Il timore di nuovi attacchi portò ad un potenziamento delle difese utilizzando un braccio del porto per controllare l’accesso con tutti i sistemi possibili, compreso un distaccamento di delfini beluga.
Di fatto il 29 ottobre, la marina ucraina impiegò questi mezzi insieme a dei droni aerei, per attaccare Sebastopoli e colpì la fregata Admiral Makarov e il dragamine Ivan Golubets. Gli attacchi si ripeterono sistematicamente ed il 16 luglio 2023 l’Ucraina attaccò nuovamente la principale base navale russa di Sebastopoli in Crimea e l’importante ponte di Kerch, che come ricorderete collega strategicamente la Crimea al territorio conquistato dai Russi.
Si trattava degli stessi mezzi?
Secondo H.I. Hutton, dall’analisi delle riprese video (fonti russe) gli USV coinvolti nell’attacco del 16 luglio sembrano essere diversi dai precedenti, di fatto un’evoluzione rispetto ai primi modelli del 2022, e mostrano uno scafo realizzato simile a quello di un jet ski commerciale a cui sono stati rimossi gli elementi non necessari (sedili, manubrio di guida). In alcune immagini si nota un contenitore poppiero che potrebbe essere un serbatoio aggiuntivo per aumentare la sua autonomia o forse una carica esplosiva aggiuntiva, forse per provocare un’esplosione secondaria.
In realtà, questo nuovo modello, presentato come MAGURA V5, più che un’evoluzione del sistema d’arma precedente, sembra essere stato ideato seguendo due fattori principali: la maggiore disponibilità di questo tipo di mezzi (essendo commerciali) ed un loro più basso costo (intorno a 250.0000 euro). Una soluzione interessante in quanto le eccellenti prestazioni dichiarate, l’insidiosità occulta e …. l’apparente attuale incapacità a fermarli efficacemente li rende oggi un nuovo incubo per la flotta russa del mar Nero.
il Magura V5 è un drone marittimo (USV) prodotto dalla SpetsTechnoExport (STE), un’impresa statale per il commercio estero con sede a Kiev (Ucraina), specializzata nell’esportazione e importazione di prodotti per servizi militari e a duplice scopo (dual use)
Specifiche Magura V5
- Lunghezza: 5,5 metri – Larghezza: 1,5 metri
- Altezza sopra la linea di galleggiamento: 0,5 metri
- Velocità: 22 nodi di crociera, 42 nodi max
- Autonomia: 450 miglia nautiche (circa 833 km)
- Carico utile: 320 kg
- Comunicazione: radio mesh con ripetitore d’antenna o comunicazione satellitare.
Non solo droni di superficie
Recentemente è stato presentato dall’industria ucraina anche il TLK-150 Toloka, un mezzo subacqueo senza pilota (UUV) one shot (ovvero non riutilizzabile) sviluppato dal Brave1, un cluster di sviluppo tecnologico ucraino nel campo della difesa.
Il Toloka 150 della Brave1 è un veicolo subacqueo di “medie” dimensioni che può avere una lunghezza da 4 a 6 m. Secondo la casa costruttrice sarà in grado di trasportare testate esplosive fino a 500 kg. Secondo la rivista online Topwar.ru non sono chiare le sue prestazioni ma la propulsione dovrebbe essere elettrica ibrida.
Le informazioni su questo nuovo progetto, sebbene già presentato nel mercato internazionale, sono ancora molto limitate e il dispositivo stesso è ancora in fase di prototipo. Questo drone sottomarino è di dimensioni inferiori rispetto alle precedenti generazioni di droni kamikaze navali ucraini già usati contro le navi russe nei porti della Crimea e sembrerebbe che potrebbe avere una variante per poter condurre missioni non distruttive come localizzare unità nemiche in mare, raccogliere informazioni sensibili o rilevare dei campi minati. In pratica un mezzo in grado di effettuare ricerche intelligence molto discrete. Per ora sembra quindi solo un prototipo la cui insidiosità sia tutt’altro che accertata ma è curioso che sia stato già presentato prima di un suo impiego reale.
In questa tragica guerra, che appare senza fine, i mezzi autonomi stanno quindi diventando un complemento sempre più importante del conflitto. Di fatto, pur applicando un concetto operativo del secolo scorso, hanno dimostrato di essere in grado di poter perpetuare attacchi micidiali contro le forze russe all’interno delle loro munitissime basi.
Quale sarà il loro peso in questa nuova fase del conflitto, aggravata anche dalle tensioni internazionali per lo sfruttamento delle rotte umanitarie e di trasporto del grano? Una domanda tutt’altro che scontata a cui solo l’evoluzione nei prossimi mesi potrà rispondere.
Foto: web / Marina Militare / Brave1
(articolo originariamente pubblicato su https://www.ocean4future.org)