Il Giuseppe Garibaldi non andrà in pensione e si prepara ad una seconda vita tra sperimentazione ed attività spaziali. Ecco fatti e indiscrezioni nell’approfondimento di Francis Walsingham
L’incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi perderà la componente aerea imbarcata tra il 2024 ed il 2025 con il ritiro completo della attuale linea di caccia bombardieri Harrier II Plus che assicurano la difesa aerea della Squadra Navale e la capacità di attacco.
Al 2025 il Garibaldi avrà compiuto quaranta anni di attività ininterrotta, essendo entrato in linea nel lontano 1985 con l’impostazione della chiglia avvenuta nel 1979.
In questi quasi quarant’anni il Garibaldi è stato impiegato come portaelicotteri per lotta antisommergibile, portaerei leggera e portaelicotteri d’assalto anfibio, oltre nave comando. Nasceva come unità dotata di armamento missilistico antiaereo ed antinave, dotazioni per la caccia ai sommergibili e per la difesa di punto. A differenza delle coeve Principe de Asturias della Armada Espanola e delle tre unità classe Invincible della Royal Navy tutte finite alla demolizione, il Garibaldi è rimasto in linea, con cicli di aggiornamento costanti. Oggi è privo dei missili antinave Teseo Mk 2 in origine installati in otto esemplari; anche il sistema di difesa antiaerea Albatross/Aspide è alla fine della vita operativa ed è prevedibile un prossimo sbarco dei due lanciatori ottupli e del reimpiego dei magazzini sottostanti oggi occupati dal meccanismo di ricarica.
Per quel tempo i compiti fin qui svolti dal Garibaldi saranno assunti a pieno regime dalla LHD Trieste e dalla Portaerei Cavour che dovrebbero avere in linea un numero sufficiente di F-35B dichiarati operativi.
Ma nelle intenzioni dello Stato Maggiore della Marina e della Difesa pare che il “grande vecchio” non andrà in pensione. Infatti, si delinea una seconda vita per il vecchio incrociatore, più sperimentale che operativa. Pare che sia stato prescelto per diventare una piattaforma navale mobile per eseguire lanci di vettori spaziali per immettere in orbita bassa nano e/o micro satelliti per impieghi militari ed impieghi civili. Trattasi del progetto SIMONA o Sistema di Messa in Orbita Navale che rientra nel Piano Nazionale di Ricerca Militare. Se il progetto andrà a compimento, la nave dovrà subire importanti modifiche per il nuovo compito perché un conto è operare come portaerei leggera o portaelicotteri d’assalto anfibio, un altro come piattaforma di lancio spaziale.
Secondo Rivista Italiana Difesa si sta facendo strada anche l’idea di impiegare il Garibaldi per sperimentare droni a similitudine di quanto avverrà in Turchia con la TCG Anadolu, in Cina ed in altri Paesi. L’idea sicuramente è interessante ma ovviamente bisognerà capire se sarà compatibile con la trasformazione della unità in una piattaforma per il lancio di razzi vettori. Avere un’unità del genere implica lo sviluppo di grossi UAV/UAS e UCAS in grado di svolgere, oltre le missioni di Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione, anche missioni di pattugliamento a lungo raggio e perfino il contrasto di superficie ed il concorso nella lotta antisommergibile. Mezzi che, per inciso, al momento non sono disponibili in Italia, con i Predator dell’Aeronautica Militare che riceveranno le modifiche necessarie per portare anche armamento aria-suolo per attacchi di precisione.
Un possibile impiego come porta droni potrebbe allungare la vita del Garibaldi prima di essere trasformato in “nave spaziale”. Ovviamente, un’idea del genere deve essere valutata anche sotto il profilo dei costi di gestione e del equipaggio, considerato che è una nave progettata con criteri “antichi” dove la leva la faceva da padrona e non c’erano soverchi problemi di reclutamento. Con Cavour, Trieste e nuove unità alle porte per la MM potrebbe essere un problema gestire un’altra grossa piattaforma sia pure con equipaggio ridotto rispetto ad oggi.
Un dato è certo, il Giuseppe Garibaldi non andrà in pensione e si prepara ad una seconda vita tra sperimentazione ed attività spaziali.