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Cosa sappiamo dei fondali abissali?
Per assurdo gli abissi del mare sono ancora un mistero per l’Uomo, sia dal punto di vista biologico che oceanografico. La nostra conoscenza sembra ridursi in funzione della profondità, dove la luce non penetra e tutto scompare. E’ solo grazie alla ricerca oceanografica che molti dei suoi misteri sono stati rivelati. Nelle profondità degli oceani, l’orografia in alcuni casi sembra ricalcare quella di superficie con montagne, altopiani e spaccature di dimensioni equivalenti se non maggiori del Grand canyon statunitense. Profonde fenditure che raggiungono le piane abissali, spesso estendendosi dalla costa fino al profondo bordo del mare della piattaforma.
Genesi dei canyon profondi
Ci sono molte teorie sulla loro origine che non si escludono l’una dall’altra. Gli scienziati ritengono che i canyon si siano formati in Ere lontane a seguito di violenti fenomeni geologici e atmosferici che formarono queste gigantesche fenditure della Terra, modificando profondamente i contorni dei fondali.
Queste spaccature, originatesi milioni di anni orsono,
si spingono verso il largo, sprofondando negli abissi,
antiche testimonianze di quando i mari erano molto più bassi
Alcuni si formarono durante le glaciazioni, altri a causa del trasporto dei sedimenti generati da frane sottomarine di enormi masse di roccia. Nella loro genesi concorsero gli effetti dell’idrodinamismo (in particolare a seguito di violente tempeste) ed i movimenti orizzontali e verticali causati da eventi sismici provocati dalla frizione delle falde.
Profonde ferite della Terra
La ricerca oceanografica moderna ha individuato molti di questi antichi canyon che ancor oggi nascondono molti segreti. Anticamente i livelli dei mari erano più bassi a causa delle glaciazioni che occupavano gran parte del pianeta. Questi canyon erano in superficie ed ospitavano fiumi turbolenti che scavavano le pareti rocciose (come il fiume Colorado nel Grand canyon), trasportando sedimenti e detriti verso i proto mari. Con l’innalzarsi delle temperature, i ghiacci si sciolsero ed il livello dei mari si sollevò, sommergendo queste imponenti strutture geologiche.
Il canyon sottomarino più grande e profondo mai scoperto è stato scoperto nel Mare di Bering ed è stato chiamato Zhemchug Canyon. Le sue dimensioni sono straordinarie; per dare un’idea è più profondo del Grand Canyon1 ed ha un rilievo verticale che scende dalla piattaforma poco profonda del Mare di Bering fino alle profondità abissali del Bacino aleutiano fino ad una profondità di 2600 metri, estendendosi su un’area di 11.350 chilometri quadrati. Il canyon di Zhemchug si divide in due rami principali, ciascuno più grande di uno dei canyon marini continentali più famosi, il Monterey Canyon.
In quelle fredde e profonde acque ricche di ossigeno, flussi di correnti trasportano nutrienti planctonici che risalgono dalle profondità del canyon verso la superficie, fornendo sostentamento a numerose forme di vita.
Un granchio reale d’oro (Aequispinus lithodes)
su una spugna raccolti durante le ricerche nel
Zhemchug Canyon nel mare di Bering
Oltre agli aspetti geologici, il canyon di Zhemchug è quindi un habitat importante per molte specie della fauna marina oceanica. Ad esempio, mammiferi marini come le foche nordiche, i delfini e molte specie di balene vivono in quelle acque. Sulle pareti rocciose si ritrovano invertebrati, coralli e spugne. Tra di essi anche dei curiosi granchi che sono stati raccolti perla prima volta dai ricercatori della nave oceanografica M/V Esperanza che, da molti anni, studia le caratteristiche geologiche e biologiche del canyon. Nel 2016, l’oceanografa Michelle Ridgeway esplorò il canyon in una spedizione sponsorizzata da Greenpeace, raggiungendo la profondità di 536 metri sotto la superficie, scoprendo un habitat biologico straordinario.
Un altro interessante canyon marino è il Canyon di Perth, situato al largo della costa dell’Australia occidentale. Secondo gli scienziati dell’Ocean Institute della University of Western Australia, che hanno condotto tra i primi l’esplorazione di questo canyon sottomarino, hanno scoperto che si estende dalla piattaforma continentale per oltre quattro chilometri sul fondo oceanico. Utilizzando sistemi di mappatura all’avanguardia ed il ROV della nave da ricerca Falkor, gli oceanografi lo hanno seguito fino ad una profondità di oltre 2000 metri, mappandone dettagliatamente 154 miglia quadrate.
Batimetria del grande canyon di Perth, Australia
Anche in questo caso, il canyon sommerso si è dimostrato un hot spot straordinario per la vita marina, attirando molti mammiferi marini grazie alla sua ricchezza ittica. Durante l’esplorazione i ricercatori hanno incontrato innumerevoli organismi tra cui anemoni venere ed un meraviglioso corallo dorato.
La vita sul fondo del canyon Zhemchug
Inoltre, lungo le sue pareti, sono state catalogate numerose creature abissali tra cui stelle e coralli molli a fungo. L’esplorazione ha impiegato sistemi allo stato dell’arte, che hanno permesso di raccogliere informazioni su queste strutture geologiche ma anche di ritrovare sul fondo un glider (un veicolo autonomo subacqueo impiegato per le ricerche oceanografiche) che era scomparso due anni prima.
Probabilmente, il canyon di Perth si formò più di cento milioni di anni fa, quando un antico fiume lo generò nella regione emersa che separava l’Australia occidentale dall’India. Una zona geologica particolare in cui la crosta terrestre e la litosfera si trovano in condizioni tettoniche distensive. Sotto l’azione delle forze generate dai movimenti convettivi del mantello terrestre sottostante, la crosta e la litosfera vennero separate, creando così questa profonda spaccatura.
Lo studio di queste enormi spaccature oceaniche fornisce la possibilità di conoscere habitat straordinari dal punto di vista geologico e biologico ma anche di comprendere meglio i fenomeni profondi delle masse d’acqua.
Attraverso l’analisi dei dati satellitari sono stati scoperti fenomeni oceanografici di grande importanza in prossimità dei canyon. Ad esempio, nelle vicinanze del canyon di Perth, nel giugno del 2006, è stato osservato dallo spazio un misterioso vortice profondo di 200 chilometri di diametro posto a mille metri di profondità che potrebbe influenzare gli equilibri che regolano il clima del pianeta.
I vortici profondi
Come ricorderete, gli oceani assolvono una funzione fondamentale sul cambiamento climatico perché contribuiscono ad assorbire le emissioni di anidride carbonica in maniera significativa. Un’azione importante per la nostra sopravvivenza che, solo negli oceani meridionali, trattiene il 40% della CO2. Alcuni scienziati ritengono che queste strutture geologiche possano in qualche modo modificare la circolazione dei volumi d’acqua al punto di creare vortici profondi abissali che faciliterebbero il trasferimento dell’anidride carbonica nelle profondità dell’Oceano, influenzando di conseguenza il clima del pianeta.
La natura dei grandi vortici profondi oceanici non è conosciuta ma si ritiene che siano generati dalle interazioni delle correnti e dei venti con le strutture sottostanti. Il primo vortice abissale fu scoperto da un satellite e venne descritto dagli scienziati come una “trappola marina mortale“, in quanto capace di risucchiare molte specie viventi, comprese le larve di pesce pelagiche che sono un importante nutrimento per le forme maggiori di vita marina. Quale sia il suo ruolo negli scambi chimico fisici delle masse d’acqua è però un mistero ancora tutto da scoprire.
Il vortice abissale dallo spazio
In uno studio pubblicato sul Journal of Fluid Mechanics, un team di scienziati ha analizzato i dati rilevati dalle immagini satellitari ed ha presentato un interesse modello matematico che li assimila ai buchi neri nelle profondità dello spazio. Gli scienziati ritengono che i canyon sottomarini potrebbero facilitare la formazione di questi vortici, facendo convergere le forze che li generano. Una tesi interessante che richiederà ulteriori studi nelle profondità degli abissi per capirne i segreti.
1 il Grand canyon ha un’altezza rispetto alla sua base di 1857 metri
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