Una tappa cruciale di un lucido e lungimirante percorso economico e politico
17 novembre 2020 Marina Militare
«Il sottoscritto, preposto all’amministrazione delle cose di mare di uno Stato collocato in mezzo al Mediterraneo, ricco di invidiabile estensione di coste e di una numerosa popolazione marittima, sente il dovere di dare il più ampio sviluppo alle risorse navali del Paese»
Queste furono le parole scritte dal Presidente del Consiglio, Camillo Benso Conte di Cavour, presentando il bilancio della Marina del 1860.
Ma non erano solo le parole del Presidente del Consiglio: il 17 marzo 1860, il Ministero della Marina era stato separato e reso autonomo rispetto a quello della Guerra, tradizionalmente in mano all’Esercito. Il primo titolare del nuovo Ministero fu proprio Cavour, e non fu un caso. Quel Presidente del consiglio, da attento economista, non voleva certo delegare ad altri quel prezioso strumento navale in vista dei prossimi, ormai intuibili grandi avvenimenti che sarebbero culminati, di lì a poco, nell’unità del Paese a cui in molti ancora non credevano.
Esattamente otto mesi dopo un’altro cruciale passo verso l’unificazione della Marina militare italiana. 17 novembre 1860, furono emanati i Regi Decreti n. 4419, 4420 e 4421 che fusero in un unico corpo gli ufficiali provenienti dalle flotte Sarda, Partenopea, Siciliana, Toscana e (per la parte adriatica soltanto) Pontificia, organizzando altresì amministrativamente la Regia Marina. L’intenzione di costiture una Forza Armata di mare unica al servizio del Regno d’Italia, anticipò dunque di quattro mesi la formale costituzione di quest’ultimo.
Non fu certo la definitiva nascita di una Marina unitaria, ma un’importante tappa di un lucido e lungimirante percorso economico e politico. Infatti il processo di accorpamento di tutte le Marine preunitarie potra essere considerato concluso il 1 gennaio 1861, come sancito con Regio Decreto del successivo 10 gennaio, cui seguirà l’assunzione formale da parte della Marina del Regno d’Italia del titolo di “Regia”, conseguente alla proclamazione di poco successiva dell’Unità nazionale: 17 marzo 1861 dal parlamento italiano riunito a Torino che ora includeva anche i deputati delle nuove provincie.
Ma com’era composta la neonata Marina militare unitaria? In essa confluivano su base paritaria le Marine dei precedenti Stati italiani, definiti “Antiche Province”: le Marine sabauda – da poco unitasi a quella toscana – siciliana, napoletana e, in parte, pontificia, già impegnate – talvolta anche congiuntamente – nel corso delle guerre per l’indipendenza nazionale. Stabilita la valenza di leggi, regolamenti e pregresse anzianità, e quindi la diretta continuità istituzionale della Marina Militare rispetto a queste ultime, essa può essere fatta risalire almeno al Medioevo. La stessa ebbe infatti come precedenti – oltre alle equivalenti organizzazioni militari delle Repubbliche Marinare (Amalfi, Pisa, Genova, Venezia) – soprattutto anche la Marina militare di Federico II imperatore e re di Sicilia, fondata nel 1231 per effetto di quanto prescritto, in maniera organica e per la prima volta in Occidente, nel Liber Constitutionum di Melfi: norme di rango costituzionale di organizzazione di uno Stato non più di matrice feudale, in qualche modo ancora alla base del Regno delle Due Sicilie preunitario.
Con la nascita della Regia Marina, l’Italia cominciò a perseguire la creazione di un adeguato quanto vitale Potere Marittimo nazionale. Superati i primi, più duri anni e la Terza guerra d’indipendenza, la nuova Forza Armata acquisisce un proprio significativo prestigio, grazie anche all’azione di grandi personalità, quali gli ammiragli Augusto Riboty e Simone Pacoret de Saint Bon. Figura di primissimo piano dell’epoca, gloria nazionale e internazionale nel campo dell’ingegneria, il Generale del Genio Navale, e Ministro della Marina, Benedetto Brin: insigne progettista e organizzatore, in primo piano nella creazione di un’industria pesante nazionale, favorisce in ogni modo le misure che riescono ad affrancare la nazione dall’industria straniera, varando un poderoso programma navale, rivoluzionario sia a livello concettuale sia tecnologico, inteso a formare uno strumento potente e bilanciato. In poco più di un ventennio il fervore di rinnovamento e potenziamento della linea navale e delle infrastrutture faranno sì che, nel 1895, l’Italia arrivi ad occupare il rango di terzo posto fra le potenze marittime mondiali.
Un percorso di nascita che puntando fin da subito al Potere Marittimo, collateralmente attivò un volano per lo sviluppo economico del Paese.