Dalla rivista Marinai d’Italia un approfondimento sull’argomento a cura di Antonio Orlandi e Luigi de Benedictis, rispettivamente Consigliere e Socio del Gruppo di Ortona.
Adesso che “i fari sul palco sono spenti”, è il momento di parlarne. Il clamore mediatico, legato alla “10 A FLOTTIGLIA MAS.” e agli avvenimenti, di cui questo famoso Reparto della Regia Marina è stato protagonista prima del fatidico armistizio dell’8 settembre 1943, ogni tanto torna a galla sia sulle pagine di importanti testate nazionali sia nei TG, con tutte le sue costanti, evidenti e ripetitive inesattezze e incongruenze. Abbiamo deciso, quindi, di voler cercare di fare chiarezza storica su questa vicenda. L’articolo, redatto dal Socio Orlandi, coadiuvato dall’ammiraglio de Benedictis, della Componente Nazionale Sommergibilisti, riteniamo abbia centrato l’obiettivo poiché lo valutiamo scevro da faziose interpretazioni. Un grazie particolare è rivolto, quindi, all’autore perché dietro questo suo lavoro si intuisce il grande sforzo che ha fatto per garantire quella veridicità storica degli eventi legati a questo ora spesso “politicizzato” acronimo, sul quale, anziché la gloria, sembra gravare un destino al chiaroscuro.
La Redazione
I Prodromi
Lo spirito della cosiddetta “Decima Mas” nasce per una felice intuizione tattica/strategica già operata durante la Prima Guerra Mondiale dove l’incursione, il colpo di mano e l’assalto ebbero notevole risonanza bellica; infatti, come noto, la strategia della Marina Austro – Ungarica era quella di mantenere la flotta in potenza (fleet in being), evitare lo scontro navale diretto con la Regia Marina e operare, di fatto, esclusivamente con incursioni lungo le nostre coste adriatiche e con azioni isolate di sommergibili al fine di rallentare o interrompere il flusso logistico verso il fronte a Nord.
Per contrapposizione, la Regia Marina utilizzò brillantemente l’italica fantasia per scardinare e depotenziare la flotta avversaria già nei loro porti; così, dopo le piccole e audaci torpediniere (a Porto Buso, Trieste e Parenzo), fecero scalpore le coraggiose azioni dei MAS (a Durazzo, San Giovanni di Medua, Fasana, Trieste e Buccari), dei “grilli assaltatori” (a Pola), fino ad arrivare alla “mignatta” (a Pola), geniale invenzione del maggiore del Genio Navale Raffaele Rossetti, condotta al successo insieme al Sottotenente di Vascello Raffaele Paolucci (al quale è intitolata la sede del nostro Gruppo di Ortona, a cui mi pregio di appartenere). Purtroppo le contingenze successive alla Grande Guerra fe-cero cadere nell’oblio l’idea che uomini con grande coraggio e ben addestrati potessero creare enormi danni a una Marina avversaria anche più potente.
La nascita della “DECIMA MAS”
Bisognerà attendere almeno quindici anni, con una guerra coloniale in corso e l’approssimarsi della Guerra Mondiale, perché l’azione ardita, pericolosa e coraggiosa fosse presa nuovamente e concretamente in considerazione.
Stavolta però con mezzi nuovi, ancorché acerbi, nati rispettivamente nel 1935 e 1936: il siluro a lenta corsa SLC (evoluzione della “mignatta”) merito di due visionari ufficiali del Genio Navale (Teseo Tesei ed Elios Toschi) e il barchino esplosivo “MTM” (Motoscafo Turismo Modificato), studio che porta la firma dell’ammiraglio Aimone di Savoia Aosta e dei Capitani di Fregata Mario Giorgini e Carlo Margottini. Il primo è un siluro modificato, con alla guida due operatori, mentre il secondo non è altro che un piccolo e rapidissimo mezzo di superficie guidato da un singolo operatore. Ma non solo: altre ingegnose e brillanti soluzioni furono intro-dotte conflitto durante.
I luoghi dove operarono e soffrirono o persero anche la vita quei leggendari uomini, ci vengono ricordati nella motiva-zione della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla “Decima Mas” che cita gli attacchi più volte portati nei porti nemici del Mediterraneo: Alessandria d’Egitto, Sebastopoli, Gibilterra, Algeri, Alessandretta e Mersina.
Inizialmente, nel 1935, gli uomini prescelti per questa nuova specialità vennero assegnati alla iA Flottiglia MAS come facenti parte dei normali equipaggi degli stessi, senza però al-cuna caratterizzazione particolare; il 20 febbraio 1939, l’ammiraglio Inigo Campioni, Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Marina, diede finalmente una prima connotazione organizzativa ai mezzi d’assalto con la costituzione di un Gruppo Operativo denominato “Gruppo Aloisi”, dal nome del titolare (poi sostituito da Mario Giorgini) che con altri venti Ufficiali era destinato ad armare undici SLC e sette barchini esplosivi. Così, sin dall’inizio della guerra, con alterne fortune, i mezzi d’assalto dimostrarono la loro potenzialità, ma solo a partire dal 15 marzo 1941 la 10A Flottiglia ebbe una più concreta e fruttuosa organizzazione, finalmente acquisendo quella denominazione, oggi universalmente conosciuta, che la caratterizza: Decima Flottiglia MAS, al Comando C.F. Vittorio Moccagatta, sostituto del C.F. Giorgini catturato dal nemico durante una sfortunata azione. Sotto il profilo organico, la Decima (così veniva confidenzialmente chiamata) era articolata nei seguenti Reparti:
Mezzi Subacquei, al Comando del Capitano di Corvetta Junio Valerio Borghese, comprensivo della scuola sommozzatori (a Livorno), di quella “SLC” (a Bocca del Serchio), dei sommergibili avvicinatori e del gruppo sabotatori;
Mezzi di superficie, al comando del Capitano di Corvetta Giorgio Giobbe, con barchini esplosivi e altri mezzi d’assalto di superficie.
Non ci soffermeremo sulle qualità umane e caratteriali dei tanti uomini che ne fecero parte perché, all’argomento, molto è stato giustamente scritto; nemmeno ne citeremo alcuni perché ci sembra di far torto a chi non potrà essere ricordato in queste poche riflessioni, ma è bene avere a mente che l’organizzazione sopra indicata si basava su una selezione rigorosa degli elementi, sul loro addestramento estenuante, sulla segretezza assoluta del progetto e sull’uso di mezzi che oggi appaiono rudimentali; senza infine dimenticare l’alto rischio legato alla pericolosità insita in tali tipi di azioni.
Decima o X o 10a MAS?
Come detto, la “Decima Flottiglia MAS” nasce ufficialmente il 15 marzo 1941 e fino all’8 settembre 1943, data dell’armistizio (ovvero “resa senza condizioni”, secondo più rare interpretazioni), si copre di gloria per coraggio e sangue ver-sato. A seguito dell’armistizio, una parte della originaria Flottiglia segue le sorti del Regno d’Italia (e quindi delle disposizioni del Re, che proprio in quel frangente, con il suo Gabinetto, si è stabilito a Brindisi) e viene rinominata “MA-RIASSALTO”, mentre l’aliquota minima che rimane a Nord continua a mantenere la denominazione “X Flottiglia MAS”. Oggigiorno, un po’ per convenzione, un po’ per abitudine, si tende ad associare la dizione “Decima o 10a” all’organizza-zione pre-armistiziale della Regia Marina; mentre la Scrittura “X” pare volersi riferire all’organizzazione operante sotto le insegne della Repubblica Sociale Italiana in attività al Nord.
Se tale semplificazione può essere ritenuta accettata nell’uso corrente, la realtà non è così univoca: durante il periodo pre-armistiziale, sui fogli di trasmissione e sulle lettere usate per la corrispondenza ufficiale, la Flottiglia aveva l’intestazione stampata in alto a sinistra e riportava chiaramente la dizione “10a FLOTTIGLIA” (quindi è da assumere che questa fosse l’ufficialità)1; quasi a confondere tale certezza si scopre che nel corpo delle lettere, nei testi battuti a macchina, è facile imbattersi indifferentemente con “Decima” o con “X” o con “10a” senza alcuna prevalenza, come se la scelta dell’una o dell’altra fosse un vezzo del singolo a cui nessuno faceva caso.
Nel dopoguerra, pare che tale commistione non abbia creato troppi problemi tra gli storici, probabilmente perché non se ne sentiva la necessità. Anche nelle pubblicazioni edite dalla Marina (I mezzi d’assalto, 2^ ed., Uff. Storico M.M.), si parla solo di “X MAS”; più precisa sembra un’altra pubblicazione (Gli uomini della Marina, ed. Ufficio Storico M.M.) che, alla voce J.V. Borghese, specifica chiaramente che “Decima” è riferibile al periodo pre-armistiziale, mentre “X” è propria della Repubblica Sociale. Ma ciò, a sua volta, sembra essere smentito dal libro “Le Medaglie d’Oro al Valore militare (ed. 1992 Uff. Storico M.M.), assegnata ufficialmente per Regio Decreto nel giugno 1943, che riporta “X” (e non “Decima”).
L’univocità invece sembra certa per gli appartenenti alla “X MAS” nella Repubblica Sociale: timbri, intestazioni dei tesserini di riconoscimento e altro materiale riportano sempre e solo “X”; si pensi anche allo scudetto da braccio sulle divise con, in bella mostra, una “X”, al centro, sormontata da un teschio con la rosa rossa in bocca. A guardar bene, però, anche in quella parte d’Italia qualche elemento di confusione esiste. Infatti per un periodo che va dalla primavera del 1944 alla fine della guerra, fu costituita la “Decima Divisione di Marina”; i relativi tesserini di riconoscimento riportano la scritta estesa “Decima Divisione” (e mai “X Divisione”), probabilmente per non confonderla con la “X MAS”2.
È un peccato che questo accavallarsi di scritture e dizioni, talvolta incongruenti, non sia stato chiarito in tempi pregressi; infatti, come spesso accade, soggetti malpensanti o poco informati, certamente al di fuori della Marina, che fanno finta di non conoscere, o non conoscono, il vero svolgimento dei fatti storici, tendono ad accomunare situazioni, periodi e convincimenti, strumentalizzando quindi questa sorta di indeterminazione a loro piacimento e per i loro fini.
Evocazioni e Riflessioni
Al di là dell’ufficialità delle scritture d’epoca, oggigiorno, secondo una certa tendenza, la parola “Decima” evoca stragi perpetrate contro civili, donne e bambini durante l’ultima guerra mondiale in un tragico clima di guerra civile (o guerra di liberazione, a seconda del punto di vista dell’interlocutore).
Fu certamente così per alcuni reparti impegnati nei rastrellamenti e nella controguerriglia, che hanno “sporcato” l’immagine della “10a FLOTTIGLIA MAS” (i fatti noti sono riferibili al Tenente di Vascello Umberto Bertozzi, condannato a morte nel 1947 per le atrocità commesse con la famigerata “compagnia O” della “X MAS”, già incarcerato dal Comandante Borghese a fine ottobre 1944, la cui sentenza non fu mai eseguita a seguito di amnistia nel dopoguerra); per converso, è importante sottolineare che la stragrande maggioranza dei reparti della “X Flottiglia MAS” non si macchiarono di crimini di guerra e cercarono di combattere il nemico (anglo-americano e anche titino)
sui vari fronti, secondo i loro ideali e convinzioni; lo stesso comandante Borghese, Sottocapo di Stato Maggiore della Marina da Guerra della Repubblica Sociale, indiscusso Comandante della “X MAS”, al termine della guerra, fu condannato per collaborazionismo con i Tedeschi ma non per crimini di guerra. Tuttavia, la brutalità di alcune azioni della “X”, unite alla collaborazione con il regime repubblicano e tedesco, hanno fatto sì che questo sia diventato un simbolo rappresentativo del lato più tragico di quel periodo italiano. Il clima di pacificazione successivo alla Seconda Guerra Mondiale, unito alla mancanza di approfondimenti delle tante istruttorie avviate dalla Procura Militare e mai concluse, non aiutò a far chiarezza (la scoperta del cosiddetto “armadio della vergogna”, con i fascicoli aperti e mai chiusi, risale al 1994, decine di anni dopo i fatti).
Insomma, una storia non conclusa e per questo oggi oggetto di diatribe tra opposti modi di vedere che certamente fa torto a coloro che, pur da presupposti sbagliati, avevano nel loro sentire intimo la volontà di salvaguardare la propria terra dall’invasore straniero in un comprensibile o mal riposto concetto del senso dell’onore (a seconda della prospettiva con cui si intende analizzare questa materia).
È quindi naturale che esprimere giudizi in poche righe su eventi complessi non è né facile né giusto da parte di chi storico non è; chi scrive rimane convinto che la responsabilità morale e penale dei propri atti sia st rettamente personale, qualsiasi sia la divisa che si indossi: tutto ciò che allora fu contrario al diritto umanitario nei confronti di civili o di combattenti della parte avversa, secondo le allora operanti e varie Convenzioni di Ginevra, andavano rispettate da tutte le parti in causa.
A tal proposito ritengo appropriata una frase detta da un generale spartano a un generale ateniese dopo una battaglia vinta: “Se Atene piange, Sparta non ride” a indicare, idealmente, che il male o il bene delle azioni compiute non devono essere considerati o valutati a favore del solo partito vincitore; in altre parole, “chi è senza peccato lanci la prima pietra”.
L’urlo “DECIMA”
Altro elemento che recentemente ha sollevato qualche discussione in ambito esterno alla Forza Armata e che ha incuriosito chi scrive, è stato l’urlo “Decima”, tradizionale grido di battaglia dei nostri incursori; è noto che anche altri Reparti delle nostre Forze armate hanno il loro grido: a esempio, “Folgore” per i Paracadutisti o l’inno “Dimonios” (demonio) per la Brigata Sassari o “San Marco” per i Lagunari, o l’arcinoto Banzai per i Giapponesi della Seconda Guerra Mondiale.
Addirittura, se si vuole approfondire, tutti i Corpi Militari dell’antichità avevano un grido di battaglia, che serviva a galvanizzare i propri guerrieri prima dello scontro e a incutere terrore agli avversari, cosa che peraltro riusciva molto bene agli Spartani.
Non sappiamo se nella “Decima” pre-armistiziale esistesse un grido di battaglia, ma ne dubito in ragione dell’allora recente costituzione della Flottiglia; nemmeno si ha riscontro di alcuna evidenza al riguardo. Differente è la situazione nella Repubblica Sociale: anche se l’organizzazione della “X MAS” era incentrata sui mezzi insidiosi, si fece strada anche la necessità di impiego dei marinai per il combattimento terrestre dato l’elevato numero di reclutati 3; in questo contesto, era invalso l’uso, al termine delle assemblee e schieramenti, gridare “Decima marinai!” a cui l’assemblea rispondeva all’unisono “Decima comandante!” 4. “Decima” (oggi senza gli appellativi marinai e comandante) si ritiene debba considerarsi null’altro che un grido di battaglia che deriva da una tradizione d’onore delle origini di quella compagine; una parola che rappresenta la sintesi estrema di appartenenza, coesione, orgoglio, l’esserci nel rispetto della memoria di chi li ha preceduti.
I nostri incursori si sono alimentati dei valori che i loro predecessori hanno onorato, delle regole da rispettare, dei doveri da adempiere; quindi quel grido è ricchezza spirituale, identità propria che diventa patrimonio condiviso di chi vive e vivrà la medesima vocazione.
È un grido liberatorio, è un alleggerirsi del peso derivante dalla responsabilità del loro difficile compito; lo manifestano nelle sfilate, marinai che usi a nascondersi il volto e mantenere nelle azioni il silenzio assoluto, vogliono dimostrare alle Autorità sui palchi, così come alla folla che li applaude, il loro essere pronti e combattivi al servizio della Patria; non può esserci, pertanto, nessuna deriva di rimpianto dei talvolta controversi tempi passati da parte di chi ha giurato di servire la Patria. Questa Patria.
Non ci devono essere equivoci su questo: in base l’art. 52 della Costituzione è stabilito che “L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”; e i marinai, tutti i nostri marinai, hanno formalmente giurato fedeltà a tale principio fondante.
Concludiamo ricordando il motto dei nostri Incursori “E fluctibus irruit in hostem” (Dal mare irrompiamo sul nemico), frase che dà il metro, per questi uomini speciali, di quanto sia lontano il loro pensare, il loro agire, la loro storia da chi, invece, ne trae capziosamente motivo di distinguo e diatriba.
Note
1 R. Pinelli, S. Foti, G. Pianigiani – Le imprese degli assaltatori della Marina nella II GM attraverso i documenti originali dell’epoca – Vol. I pag. 88, 119, 177- Vol. IV pag. 54, 55.
2 Marco Romagnoli, Marò 43-45 Decima flottiglia Mas tessere, foto pag. 31, 36, 52.
3 Junio Valerio Borghese Diario 1943-1945 – pag. 24 e seg.
4 Rivista “X LA CAMBUSA” Anno XV – Luglio/Ottobre 2023.
Note
Antonio Orlandi
È stato Sottufficiale della Marina militare, poi Ufficiale di macchina in quella Mercantile. È, altresì, il responsabile della biblioteca e del museo Storico Militare, ricco di circa 4.000 volumi e 2.000 riviste, a carattere militare, di quel Gruppo.