Interessante approfondimento dal sito Difesa on line a cura di UPS

(di UPS)
02/04/25
Le procedure per l’acquisizione di nuove unità di superficie adottate dal DOD (Department of Defense) e dalla U.S. Navy non soddisfano le necessità di crescita della U.S. Navy e non rispondono ai requisiti, oltre ad aver portato a un aumento esponenziale dei costi ed inaccettabili ritardi nelle consegne, secondo quanto rilevato dal Government Accountability Office (GAO) degli Stati Uniti.
Nell’appena pubblicato rapporto “Navy Shipbuilding: Enduring Challenges Call for Systemic Change”, in continuità con un precedente rapporto pubblicato a dicembre 2024 (e pertanto non attribuibile né condizionato, anche se fosse possibile, dall’attuale amministrazione) il Government Accountability Office (GAO) degli Stati Uniti stigmatizza come la U.S. Navy non sia riuscita, negli ultimi 20 anni ad incrementare, malgrado i piani, la consistenza numerica della flotta malgrado gli stanziamenti al riguardo siano praticamente raddoppiati.
Il rapporto, come il precedente, torna ad evidenziare come il fenomeno dei costi crescenti si colleghi a quello dei ritardi nei lavori e nella dilazione, spesso incomprensibile e di scarsa giustificazione, delle consegne delle nuove unità (e, peggio, delle unità ai lavori).
In particolare, il GAO ha centrato la sua analisi, come esempio e riferimento di rischi ed inefficienze, sul più attuale dei programmi, quello delle nuove fregate della classe Constellation.
Il rapporto evidenzia come la costruzione del prototipo sia iniziata prima che il progetto fosse stato completato, una mossa che contraddice direttamente le migliori pratiche del settore e che ha portato a un ritardo di consegna previsto di almeno tre anni.
Il progetto originale ha dovuto essere modificato, per soddisfare appieno i requisiti della U.S. Navy, a partire dalla sostituzione di componenti strutturali in alluminio, con il naturale ed ovvio passaggio all’acciaio, alle capacità di operazioni in mari artici, seppur limitate, modifiche che hanno comportato un notevole aumento di dislocamento, fattori tutti che uniti a carenze locali ed intrinseche del cantiere, dagli spazi alla mancanza di mano d’opera (problema generalizzato negli Stati Uniti) hanno condizionato e stanno condizionando i ritmi di costruzione e pregiudicano i temi e soprattutto i volumi di consegna.
Problemi che evidentemente non sono isolati, non solo del Cantiere di Marinette, preso facilmente ad esempio, ma dovevano essere previsti e considerati nel prezzo e nei tempi di consegna.
Stupisce che il GAO debba intervenire, e lo faccia suggerendo anche con una serie di schemi che sarebbero elementari per i corsi universitari, sia di ingegneria, come di economia e management, per dimostrare come non siano state seguite le “buone pratiche dovute”.

Il rapporto del GAO mette in luce e critica un modello ricorrente, foriero di costosi ritardi e di prestazioni insufficienti in tutti i programmi di nuove costruzioni della Marina.
Non si tratta certo di una novità: i problemi evidenziati per la commessa delle nuove fregate sono in pratica gli stessi che hanno letteralmente “piagato” il programma delle controverse e “travagliate” LCS (Littoral Combat Ships – navi da combattimento litoranee) e ancor peggio quello dei faraonici “Destroyers” della classe Zumwalt.
Entrambi i programmi precedenti soffrivano di stime e programmi aziendali irrealistici, che hanno portato a un sostanziale sforamento dei costi e peggio ancora a prestazioni, capacità operative, inferiori al previsto (e ai termini contrattuali), aspetti negativi che benché noti non sono stati presi in considerazione né corretti al momento della stipula di nuovi contratti, né da parte del committente né da parte del proponente e poi appaltatore.
Nessuna correzione malgrado che questi programmi, complessivamente, abbiano pregiudicato ulteriori sviluppi e siano costati ai contribuenti decine di miliardi di dollari in più rispetto a quanto inizialmente preventivato, mentre hanno prodotto molto meno di quanto convenuto.
Il GAO ha pertanto richiesto espressamente di intervenire sulle procedure di acquisizione, dopo aver identificato e suggerito soluzioni potenzialmente idonee a snellire le procedure di acquisizione e ridurre le variabili ed i rischi di costruzione (extraprezzi) e definire tempi e modalità di accettazione che rispettino pienamente ritardi e garantire la consegna di navi capaci e affidabili.
I risultati del GAO sottolineano l’urgente necessità di una riforma delle procedure di acquisizione delle unità navali.
Nell’ultimo anno si è generata una costante attenzione sui problemi della marittimità con un’inusuale intesa bipartisan (che ha avuto tra i protagonisti l’attuale segretario di Stato Mark Rubio) che ha portato alcuni senatori statunitensi a presentare come proposte l’Ensuring Naval Readiness Act e l’Ensuring Coast Guard Readiness Act, che mirano a modernizzare e accelerare i processi di costruzione e di approvvigionamento del settore navale statunitense.
Una necessità di potenziamento, e non solo di incremento numerico, della U.S. Navy e della U.S. Coast Guard che potrebbe aprire la porta alla cantieristica straniera per le prossime costruzioni navali statunitensi.
Un percorsi difficile, tenendo conto del Jones act che difficilmente può essere aggirato con emendamenti, ma può consentire attività di manutenzione e refitting all’estero (come già è previsto in Giappone, Corea e Finlandia con alcuni escamotage), e comunque facilita l’insediamento di cantieri stranieri in territorio americano; la cantieristica coreana ha immediatamente colto l’opportunità rilevando il cantiere statunitense della norvegese Aker ed assicurando un investimento di 100 milioni di dollari mentre la Fincantieri (o sue filiali) che con grandissimo anticipo aveva previsto e precorso i temi già da decenni, partendo con maggiori difficoltà dalla media cantieristica, oggi non sembra intenzionata a cogliere le maggiori opportunità che si presentano e si trova in affanno con il Cantiere di Marinette.

Il futuro della cantieristica navale
In particolare, l’Ensuring Naval Readiness Act affronta il tema della critica carenza di forze navali statunitensi, riprendendo – almeno – le raccomandazioni del Force Structure Assessment del 2016 per una flotta di 355 unità quale soglia minima per garantire una risposta pronta ed efficace.
Una soglia definita in un altro contesto geopolitico e geostrategico, certamente di minori rischi (o di minore apprezzamento delle minacce) divenuta variabile, a seconda delle Amministrazioni succedutesi, che sotto il primo mandato Trump era stata fissata come limite inferiore in 380 unità, e che ora si vorrebbe non solo ri proporre ma possibilmente ed eventualmente superare
Va comunque ricordato che pur prevedendo dal 2016, in base al Force Structure Assessment, una forza di 355 unità affinché la U.S. Navy potesse soddisfare il minimo degli impegni, oggi la stessa U.S. Navy si trova ad operare con 291 navi.
Attualmente, si opera, o si dovrebbe operare – come evoluzione – in un’ottica di pianificazione al 2050, secondo un rapporto al Congresso sulla struttura delle forze navali e sui piani di costruzione navale. (Navy Force Structure and Shipbuilding Plans: Background and Issues for Congress) presentato lo scorso 24 settembre 2024

Pragmaticamente la U.S. Navy ha attualmente tre opzioni per l’acquisizione di nuove unità in termini necessaria crescita per il consolidamento di una soglia minima adeguata alle attuali minacce:
- Nuove costruzioni ricorrendo alla cantieristica nazionale (consolidata e di nuovo insediamento),
- Refitting di unità in servizio, prolungandone la vita utile (ma con l’incognita di sguarnire l’attuale linea operativa, già sotto i minimi),
- Acquisire, previa autorizzazione del Congresso, un certo numero unità all’estero, recenti o di nuova costruzione, soprattutto navi ausiliarie o unità speciali in maniera da lasciare liberi gli scali nazionali per unità “combattenti”.
I rapporti e le proposte citati coincidono che il ricorso al refitting di unità che raggiungerebbero un ciclo di vita di oltre 60 anni, non solo porrebbe gli Stati Uniti in una posizione di svantaggio nei confronti di avversari altamente tecnologici, ma la stessa U.S. Navy ha evidenziato come gli interventi su unità oltre il ciclo di vita (oggi più esteso che in passato, anche non percepito da legislatori e opinione pubblica) è tre volte più costosa e per il completamento richiede il doppio del tempo preventivato.
Il costo delle nuove costruzioni è evidentemente più elevato, e più ancora a livello nazionale; l’estremo riguarda le unità logistiche i cui costi, secondo le valutazioni dei responsabili del servizio, oscillano sul mercato mondiale tra 20 a 60 milioni di dollari a seconda dell’età (ed ovviamente delle dimensioni), mentre una nuova costruzione nazionale potrebbe arrivare a 26 volte tanto.
Secondo i legislatori statunitensi, fatta salva la variabile e l’incognita della nuova amministrazione, consentendo la possibilità di costruire navi o componenti nei cantieri dei Paesi membri della NATO o delle nazioni dell’Indo-Pacifico con cui gli Stati Uniti hanno accordi di mutua difesa, la nuova proposta di legge mira a ridurre i costi e ad accelerare i tempi di consegna, contribuendo a colmare il divario tra le capacità attuali e le esigenze strategiche.
In sintesi, per quanto riguarda l’industria navale il nuovo disegno di legge, dovrebbe:
- consentire alla U.S. Navy di costruire una nave o un componente importante dello scafo o della sovrastruttura in un cantiere straniero se il cantiere si trova in un Paese membro della NATO o in un Paese dell’Indo-Pacifico con cui gli Stati Uniti hanno in vigore un accordo di difesa reciproca;
- garantire condizioni di sicurezza, la sicurezza dei cantieri navali richiedendo al segretario della Marina di certificare, prima della costruzione di una nave statunitense, che il cantiere straniero non sia di proprietà o gestito da una società cinese o da una multinazionale con sede in Cina.
Il caso della U.S. Coast Guard come metro e precedente
Le navi della U.S. Coast Guard sono destinate ad una serie di missioni, complementari ed integrate con quelle della U.S. Navy, tra cui la sicurezza delle frontiere marittime, il monitoraggio del traffico costiero e il supporto alla ricerca scientifica.
La legislazione vigente impedisce, o impedirebbe, alla Coast Guard – al pari della U.S. Navy – di costruire una nave o un componente importante dello scafo o della sovrastruttura in un cantiere straniero.
Secondo i legislatori statunitensi, la costruzione di navi specializzate risulta eccessivamente onerosa (costi e soprattutto tempi inaccettabili) a livello nazionale, dove la costruzione di un rompighiaccio è stata stimata in 1,2 miliardi di dollari (ed in emergenza si è ricorsi al refitting di un’unità difficoltosamente acquisita sul mercato delle unità off-shore).

L’Ensuring Coast Guard Readiness Act propone un cambio di strategia per la costruzione delle navi della U.S. Coast Guard, dopo aver analizzato la situazione internazionale e verificato come la Finlandia, leader mondiale nella costruzione di rompighiaccio, sia in grado di fornire unità al prezzo di 150 milioni di dollari con consegna in meno di 24 mesi.
È stata la prova che i cantieri stranieri possono costruire rompighiaccio per una frazione del costo e nella metà del tempo.
Da questo deriva l’opportunità, anzi la necessità, di Consentire alla Coast Guard (e alla U.S. Navy) di ricorrere a cantieri navali alleati, in ambito NATO, per acquisire navi “in modo più rapido ed economico, senza compromettere la sicurezza nazionale”.
Citando letteralmente le dichiarazioni dei firmatari la proposta “…modernizzando il nostro approccio alla costruzione e alla riparazione navale, possiamo migliorare la nostra prontezza e mantenere il nostro vantaggio militare, nel rispetto delle responsabilità fiscali…”.
Nella pratica è stata accelerata la commessa di unità all’estero, con la sottoscrizione di un MOU tra USA, Canada e Finlandia per la realizzazione di una serie di unità, in un quadro che stranamente malgrado quanto ci si poteva aspettare ha visto l’assenza dell’italiana Fincantieri sia come impresa statunitense sia, più a misura, con il proprio cantiere VARD in Norvegia.
“L’Ensuring Naval Readiness Act e l’Ensuring Coast Guard Readiness Act adottano misure di buon senso per rafforzare le capacità statunitensi, contenendo i costi e rafforzando le nostre alleanze con partner fidati”.
Manutenzioni e riparazioni navali
L’opinione dei legislatori in merito alle nuove costruzioni è anche in linea con altro documento del GAO (Recovering U.S. Navy Readiness) che ha rilevato come la U.S. Navy debba ancora affrontare e risolvere problemi significativi nella manutenzione delle sue navi “combattenti” di superficie, malgrado abbia ricevuto stanziamenti addizionali per oltre un miliardo di dollari rispetto alle iniziali richieste di bilancio per la manutenzione.
Il problema di fondo rimane di come e dove effettuarla, da chi, e con quali responsabilità al riguardo, una problematica comune a molte Marine, compresa la nostra, portate a seguire un certo modello e certamente, nell’evoluzione tecnologica attuale a doverlo ripensare.
Il problema della manutenzione e delle riparazioni, nei loro molteplici aspetti, si traduce nella prontezza operativa, ossia delle unità realmente disponibili, soprattutto disponibili in piena efficienza: il risultato del modello adottato negli ultimi decenni è stato drammatico e deludente e sta portando la U.S. Navy alla definizione di nuovi modelli e responsabilità, tendendo a separarli nettamente da quelli di acqusisione di nuove unità, anche come soggetti delegati.
Sinteticamente la U.S. Navy tende e vuole riappropriarsi del settore.

Il rapporto anch’esso recente, pubblicato il 31 gennaio 2025, rivela che la U.S. Navy continua a dover affrontare problemi di manutenzione per le navi da combattimento non a propulsione nucleare, anche se sono stati stanziati fondi aggiuntivi.
In particolare, il rapporto ha individuato problemi, tra cui la scarsa disponibilità di pezzi di ricambio, la mancanza di personale di manutenzione sufficiente e qualificato e la continua necessità di rinviare la manutenzione.
In linea con ciò, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) spende ogni anno decine di miliardi di dollari in operazioni e manutenzione (O&M).
A numeri attuali, la U.S. Navy sta operando in media con poco più di 230 unità, di superficie e subacquee, ed il GAO ha concentrato la sua indagine sulle navi della forza di superficie non nucleare della Marina (anche se erano già state identificate e segnalate le difficoltà relative alla prontezza della forza sottomarina).
In tale quadro 149 unità corrispondono a circa due terzi della forza della U.S. Navy, mentre il resto è costituito da sottomarini, portaerei e navi di supporto.
La manutenzione delle navi “combattenti” di superficie comporta diverse attività che consentono alle navi di raggiungere la vita utile prevista: attività, quali manutenzione e ammodernamento, che dovrebbero permettere di rispettare, e in alcuni casi a prolungare, la vita utile delle unità.
Il rapporto del GAO segnala che:
- la U.S. Navy ha richiesto quasi 24,9 miliardi di dollari per la manutenzione delle navi “combattenti” di superficie negli anni fiscali dal 2020 al 2023,
- ma ha poi speso nello stesso periodo circa 25,9 miliardi di dollari per attività di manutenzione, un miliardo in più di quanto richiesto.
Lo stesso rapporto ha analizzato l’organizzazione e lo schema dei flussi decisionali, con le attribuzioni e le responsabilità della U.S. Navy e le interazioni con il Congresso che autorizza a vario titolo stanziamenti al DOD (Dipartimento della Difesa) che dovrebbero coprire ed assicurare ampiamente le operazioni delle navi di superficie.
Per affrontare e risolvere i problemi emersi in questa analisi, il GAO ha formulato un totale di 46 raccomandazioni che, sino a settembre 2024, non erano state completamente recepite.
Schema dei flussi del processo di manutenzione navale

Ad esempio, il GAO ha raccomandato alla Marina di:
- stabilire requisiti di disponibilità dei materiali che tengano conto di tutti i fattori che potrebbero impedire o limitare la prontezza dell’unità;
- riconsiderare i fattori utilizzati nel determinare i “livelli obiettivo” degli equipaggi per valutare se debbano essere adeguati;
- riferire annualmente sulle valutazioni dei rischi operativi, tecnici ed economici associati alla manutenzione differita delle navi di superficie.
Il GAO ha concluso che la U.S. Navy sta compiendo solo alcuni progressi nell’attuazione di 12 delle 46 raccomandazioni.
Osservazioni e trend
Costruzione: difficile e poco opportuno contare sugli stessi soggetti che hanno generato i problemi, ma soprattutto necessario disporre di nuove regole di acquisizione che facilitino la cooperazione internazionale e non solo il reshoring di attività di costruzione, tenendo presente la condizionante della carenza di mano d’opera qualificata, problema difficilmente risolvibile non solo a breve ma anche a medio termine.
Manutenzione: affidarla agli stessi soggetti che hanno generato i problemi degli ultimi decenni è stata riconosciuta come una pratica errata se non una follia, constatazione che è stata alla base del programma voluto dall’allora CNO, ammiraglio Gilday, per il rilancio e la modernizzazione dei 4 arsenali della U.S. Navy , approvato con uno stanziamento di 20 miliardi di dollari , ed attualmente in valutazione per estenderlo ad un quinto arsenale, misura resasi ancor più necessaria dalle persistenti difficoltà ed inefficienze della cantieristica nazionale.
Acquisire la manutenzione ordinaria e straordinaria, comprese le riparazioni, costituisce per la cantieristica navale un inestimabile volano nel carico di lavoro principale, che mantiene la priorità, mentre la puntualità nelle riparazioni rimane una variabile gestibile e procrastinabile; brutalmente, come rivelato in vari rapporti e multiple istanze si è rivelata un’attività altamente speculativa che sfugge a molte possibilità di controllo, sia in fase di preventivo che di consuntivo, anche senza considerare le urgenze.
La U.S. Navy, nella sua lotta per essere una forza credibile, non solo numericamente, deve affrontare in parallelo:
- i problemi numerici, oggi condizionati della cantieristica (nazionale non) per l’acquisizione di nuove unità,
- i problemi numerici derivanti dalla prontezza operativa e dall’efficienza, assicurate dalla manutenzione (comunque strettamente legata agli organici ed alla loro formazione e preparazione).
La U.S. Navy sta pertanto cercando di emergere da una ultraventennale perdita di capacità di manutenzione “in proprio”, sia a bordo come pronto intervento e continuità di missione sia in porto che nei propri arsenali, della cui portata solo recentemente si è avuta la dimensione e si sono riconosciuti gli effetti.
Primi provvedimenti che hanno riguardato una immediata e costosissima correzione per riportare le attività di manutenzione sia negli arsenali sia nelle capacità e responsabilità del personale di bordo, ma è emersa anche la necessità di superare contratti leonini che hanno pregiudicato la prontezza operativa e la disponibilità delle unità anche quando autonomamente si sarebbero potute correggere le avarie.
Un altro aspetto messo in evidenza è quella del ritorno alla riparazione piuttosto che la più costosa e troppo facile sostituzione (ammettendo di disporre del rispetto). Una procedura evidentemente in conflitto di interessi con la cantieristica quando la stessa diventa titolare di un contratto globale di manutenzione.
La possibilità e la capacità di riparazione di intervento e riparazione con il personale (a cui sta corrispondendo una revisione degli organici) ed i mezzi di bordo si è rivelata una condizione indispensabile per la prontezza operativa e la disponibilità numerica delle unità navale, che andrà progressivamente integrata con il recupero in atto delle capacità degli Arsenali navali.
Immagini: Office of the secretary of the Navy / GAO / U.S. Navy