E’ grazie all’idea di un 19enne olandese, Boyan Slat che sarà possibile, utilizzando le correnti e le onde del mare, raccogliere i rifiuti di plastica con l’ausilio di una grande barriera galleggiante. E’ il principio su cui si basa Ocean Cleanup che verrà installato nel 2016 a largo delle coste di Tsushima, l’isola che si trova tra Giappone e Corea del Sud. Grazie a bracci fluttuanti, della lunghezza di 2000 metri, la plastica sarà convogliata verso compattatori alimentati ad energia solare, e tutto senza recare disturbo alle rotte di pesci e alla vita dell’ecosistema marino.
Tale sistema di barriere è ancorato al fondale e i bracci fluttuanti sono disposti ad angolo lungo il percorso delle correnti in modo da convogliare la plastica verso stazioni di raccoglimento. La gran parte della plastica infatti si trova in superficie e le stazioni di raccoglimento hanno frantumatori che raccolgono i rifiuti prima della fase di raccolta e riciclo.
L’obiettivo del progetto pilota è quello di ripulire la Great Pacific Garbage Patch, la più grande isola di plastica tra le Hawaii e la California. Boyan Slat ha vinto nel 2012 il Best Technical Design all’Università di Delft e, nel 2014, con una raccolta fondi online ancora in corso, ha raggiunto 2,1 milioni di dollari e ha potuto dare così inizio alla sua “avventura”. I test sono durati più di un anno e, come spiega Slat, è stata scelta l’isola statunitense come sito “privilegiato” perché “la corrente e le condizioni d’onda sono favorevoli per la sperimentazione e c’è tanta plastica” “Ogni anno – ha precisato – arrivano a terra 30mila metri cubi di rifiuti”.
Uno studio dell’Università del Connecticut ha evidenziato che negli oceani galleggiano 269 mila tonnellate di plastica, la maggior parte in forma di microplastiche. L’oceanografo Curtis Ebbesmeyer ha censito le maggiori concentrazioni di plastica individuando cinque isole-spazzatura: due nell’Oceano Atlantico, una nell’Indiano e due nel Pacifico, con un’estensione di milioni di chilometri quadrati. Quella del Pacifico settentrionale, la Great Garbage Patch, sarebbe grande come l’Europa, “alimentata” da una tonnellata di plastica al giorno.
Da qui la difficoltà di ripulire totalmente i mari, obiettivo che per Slat invece è perseguibile proprio a partire dall’impresa più ardua: dopo l’isola di Tsushima, a essere “bonificata” sarà la Great Pacific Garbage Patch. Il progetto prevede di collocare, entro 5 anni, barriere lunghe circa 100 chilometri, che per Slat sono “in grado di catturare quasi la metà della spazzatura nella zona dell’isola”. Secondo il team di 100 scienziati e ingegneri che segue il progetto la “barriera gigante” sarà in grado di portare a termine la sua “missione” nel giro di dieci anni.
Ripulire gli oceani dalla plastica: arriva Ocean Cleanup
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