Dalla Redazione di Ocean4future un interessante articolo
Oggi vogliamo ricordare Pietro Luigi Vassena, un inventore italiano che nel secolo scorso ingegnò e sviluppò tantissime invenzioni, stupendo il mondo al punto da ottenere la laurea honoris causa in ingegneria dal Politecnico di Milano.
Pietro Luigi Vassena nacque da un famiglia di umili origini e poté studiare solo fino alla terza elementare nel suo paese di origine, Malgrate, nella produttiva area di Lecco. Dovendo lavorare come garzone nell’osteria dei genitori lasciò presto gli studi, restando però sempre affascinato dagli sviluppi della tecnologia e dal funzionamento dei macchinari. Dopo la prima guerra mondiale, dove aveva combattuto come bersagliere, lavorò presso la ditta Faini dove ebbe modo di applicare la sua inventiva ai macchinari industriali, progettando e realizzando una motocicletta da 100cc.
Tra le tante invenzioni, nel 1930 sperimentò e brevettò il sistema skivass, una curiosa invenzione tecnologico-sportiva a metà strada tra gli sci e la canoa per poter camminare sull’acqua.
Un passato nella regia marina e la realizzazione del C3
Pietro Vassena aveva in passato studiato il funzionamento dei sommergibili, avendo collaborato con la Regia Marina nelle ricerche per lo sviluppo dei mezzi d’assalto; in particolare, aveva realizzato un prototipo di battello subacqueo (poi costruito nello stabilimento Badoni di Lecco) che aveva lo scopo di lanciare dei siluri. Il mezzo, definito “mezzo d’assalto con siluro“, sarebbe dovuto essere capace di navigare a 45 nodi in superficie e 30 in immersione ma non ebbe seguito. A guerra finita, questa sua partecipazione alla repubblica di Salò gli costò cara; fu arrestato e messo in quello che lui chiamava il “collegio”, le vecchie scuole di via Ghislanzoni, trasformate in prigione nel 1945, immediatamente dopo la Liberazione.
Dopo la guerra, nel 1946, a Milano continuava ad esistere la Sezione Costruzioni Navali del Ministero dell’Industria. Pietro Vassena, in cerca di aiuti concreti, si presentò in ricerca di finanziamenti per realizzare il suo sogno più grande, realizzare un batiscafo, un battello per potersi immergere a grandi profondità. Fu una visita proficua, perché gli permise di incontrare l’ingegner Guglielmo Premuda, esperto di sommergibili, che rimase incuriosito da quell’uomo così sicuro di sé, sempre ottimista nonostante avesse passato tante traversie, che parlava con competenza tecnica. Premuda lo seguì nell’officina di via Cavour a Lecco, una piccola bottega artigianale dove Vassena aveva realizzato molte invenzioni tra i quali un piccolo motore fuoribordo, diventando titolare di svariati brevetti.
Per dare maggiore importanza al suo progetto, nella sua presentazione all’ingegner Premuda, si inventò che il “C3”, era la sua terza realizzazione in quel campo. In realtà quella sigla nasceva dal fatto che quando aveva incominciato a studiare come realizzare il batiscafo, era alloggiato nella cella n° 3 del “collegio” in cui era stato recluso, le vecchie scuole di via Ghislanzoni, trasformate in prigione nel 1945, immediatamente dopo la Liberazione.
In breve, l’inventore mostrò a Premuda un modellino del “C3” posto all’interno di una vasca. Tramite una pompa da bicicletta modificata, poteva farlo immergere o emergere; tecnicamente non era una cosa poi così innovativa ma fu l’entusiasmo di quell’uomo, le sue evidenti capacità intuitive e meccaniche a fare presa sull’ingegner Premuda che, non potendo sostenerlo finanziariamente, mandò a Lecco, suo figlio Tullio.
Fu così che, in quella atmosfera fervente, nacque il “C3“, subito annunciato sulla stampa locale; in questa avventura lo accompagnerà, nell’autunno del 1947, Nino Turati, un ex sommergibilista di 30 anni, che si era offerto di scendere con lui, condividendo la sua esperienza pregressa.
Dopo mesi di prove di ambientamento, si diceva giocando a carte all’interno del mezzo per abituarsi a stare in uno scafo chiuso, il 19 febbraio 1948 il “C3”, caricato su un rimorchio artigianale (naturalmente costruito da Vassena) uscì dal cortile di via Cavour e venne trasportato al lago trainato da un camion. Al momento del varo, ancora una volta opportunamente pubblicizzato sulla stampa locale, il batiscafo venne messo nelle fredde e grigie acque del lago, sotto gli occhi di tanti curiosi. In quell’occasione, Vassena effettuò quattro immersioni e, domenica 6 marzo, con Turati, il figlio Angioletto, il giornalista Gian Piero Gerosa ed una signorina che aveva impulsivamente dichiarato di non aver paura.
Il “C3” incomincia a scendere ed arriva a 55 metri di profondità senza manifestare alcun problema. Vassena a questo punto è irrefrenabile e, due giorni dopo, si trasferisce con il mezzo ad Argegno, sul ramo comasco del Lario, dove le profondità sono maggiori, e scende senza equipaggio fino a 235 metri.
Il 10 marzo, il “C3”, imbragato con cavi agganciati ad una potente gru installata su un “comballo“, il caratteristico barcone del Lario, scende fino a 405 metri; quando risale, Vassena e Turati si precipitano ad aprire il portello, entusiasti.
E’ perfettamente asciutto ed ora bisogna scendere con l’equipaggio. Il 12 marzo otterranno il record mondiale di 412 metri raggiunto con un apparecchio semovente (cioè non con una batisfera), ad una profondità quasi quadrupla di quella cui arrivavano i sottomarini dell’epoca
La notizia fa il giro del mondo e tutti i grandi, compreso il celebre fisico ed esploratore svizzero Auguste Piccard si recano al lago per conoscere lui e il suolo batiscafo. Anche la marina militare italiana incomincia ad interessarsi per un futuro uso scientifico. In luglio il C 3 viene trasportato nel Golfo del Tigullio, e poi a Napoli, per cercare nei pressi di Capri fondali più profondi di quelli del lago per continuare le sperimentazioni.
Le immersioni in mare
Le prime immersioni di prova hanno successo. Con lui scende con il batiscafo, anche il noto giornalista Nantas Salvalaggio, inviato del quotidiano Il Tempo. Ma l’entusiasmo e la fretta si fanno sentire.
Alle 8:45 dell’8 ottobre, mentre il batiscafo viene rimorchiato, inspiegabilmente a torretta aperta, il “C3” incomincia ad imbarcare acqua ed affonda; una superficialità che viene risolta, quattro giorni più tardi, grazie all’intervento della Marina militare, che attraverso i suoi reparti subacquei riesce ad imbragare lo scafo del sommergibile e riportarlo in superficie.
Ma non era finita: nuove leggerezze e forse troppo entusiasmo provocheranno un secondo e definitivo affondamento il 20 novembre. Dopo le opportune riparazioni, il batiscafo viene trasportato al largo dal rimorchiatore Tenace (ex US Army LT 154 – Large Tug 154), per portarlo sulla verticale del punto scelto per tentare la discesa alla profondità di 978 metri (sempre senza equipaggio); a causa di un errore tecnico e di manovra, avviene l’improvvisa rottura di un cavo surriscaldato con il suo cedimento ed il distacco improvviso dalla gru di sostegno. Il batiscafo, ormai senza freni, sprofonda così negli abissi su un fondale troppo alto per poter essere individuato e recuperato.
Il rimorchiatore Tenace – ex LT 154
L’avventura di Pietro Vassena e del suo batiscafo C3 finirà quel giorno; la storia di un autodidatta con la terza elementare ma così creativo che nel 1940 il Politecnico di Milano gli aveva attribuito la laurea honoris causa in Ingegneria, e del C3, definito nel U.S. Navy Register il “primo mezzo sottomarino di pace, per ricerche scientifiche”; ormai indebitato Vassena finirà la sua vita di sognatore in un distributore di benzina che, per i suoi meriti, l’Agip gli ha dato in concessione a Malgrate, il paese nel quale era nato il 21 aprile 1897, e dove scomparirà il 21 maggio 1967.
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