Il cimelio abbandonato su un bastione della Fortezza di Pistoia, sarà presto distrutto dalla ruggine
Andrea Cionci
Sono passati più di dieci anni dalle prime segnalazioni, ma niente da fare: come ci segnala l’ex dipendente Oto Melara Giulio Cozzani, una delle reliquie del più glorioso passato militare italiano continua a restare lì, all’aperto, divorata dalla ruggine, fra le erbacce di un inaccessibile bastione della Fortezza Santa Barbara a Pistoia. Fra poco ne rimarrà solo un mucchietto di scaglie rossastre se non si interviene con un restauro e una musealizzazione, come già sollecitato più volte anche dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia.
E’ la mitragliera antiaerea Breda Modello 31 da 13,2 mm del leggendario sommergibile Scirè, la prima nave italiana a ricevere la Medaglia d’Oro al Valor Militare per la famosa “Impresa di Alessandria”. L’arma fu smontata dal relitto nel 1984, dopo una pietosa spedizione del Comsubin che recuperò, a 35 m di profondità, oltre ai resti di 42 marinai, anche alcune parti dello scafo che oggi sono conservate, rigorosamente al chiuso e perfettamente restaurate, all’interno del Sacrario delle Bandiere a Roma, presso il Vittoriano. Questo per dare un’idea dell’importanza del cimelio.
La mitragliera fu portata a Pistoia perché, come scrive il sito www.reportpistoia.com, che ha denunciato più volte, lodevolmente, l’emergenza. “La regione dello Scirè, zona montuosa e semidesertica vicino al confine con l’Eritrea, fu teatro di un’aspra battaglia tra l’esercito italiano di Badoglio e le truppe abissine di Haile Selassie nel marzo 1936, durante la campagna d’Etiopia, e vide tra i suoi protagonisti il generale pistoiese Ezio Babbini, al comando del IV Corpo d’Armata. Nella vittoria italiana si distinsero inoltre gli uomini dell’83° reggimento fanteria con sede a Pistoia, e tra i caduti vi fu anche il caporale maggiore pistoiese Giovanni Marini, Medaglia d’Oro alla memoria, al quale è stata dedicata una lapide all’interno della Caserma di Pistoia”.
Eppure la città toscana, negli ultimi decenni, non sembra aver troppo tenuto a questo cimelio, viste le condizioni in cui versa.
Difficile immaginare in un altro paese europeo una simile incuria per un oggetto di tale valore storico, come se i tedeschi lasciassero arrugginire all’aperto la mitragliatrice del Fokker di Manfred von Richtofen, il Barone rosso. Viceversa, basti notare la cura e il rispetto con cui i Britannici mantengono le armi del Museo dell’Operazione Dynamo di Dunkerque, che, tra l’altro, custodisce la memoria di una ritirata, nemmeno di una vittoria.
Lo Scirè è qualcosa di più di una reliquia militare o della testimonianza del valore di un singolo soldato; è il simbolo di un’Italia che non molla la quale, con scarsi mezzi, genio inventivo, pervicacia e coraggio oltre le possibilità umane riesce ad ottenere risultati strabilianti.
Questo sommergibile era stato adattato per trasportare i famosi “Maiali”, i Siluri a lenta corsa che, come noto, venivano guidati da due operatori muniti di respiratori subacquei fin sotto le navi nemiche per applicare sulla loro chiglia una carica esplosiva.
Vennero impiegati dalla Xª Flottiglia MAS della Regia Marina italiana durante la Seconda guerra mondiale per azioni di sabotaggio contro navi nemiche, spesso ancorate in porti militarmente difesi.
Fin dal 1940, lo Scirè fu impegnato contro le cacciatorpediniere inglesi ormeggiate nella base di Gibilterra, ma dovette far fronte a una serie di imprevisti e malfunzionamenti che fecero fallire varie missioni. Nel corso di una di queste operazioni, il Tenente di Vascello Gino Birindelli fu fatto prigioniero dagli inglesi e trascorse tre anni in prigionia prima di essere rilasciato e poi decorato con Medaglia d’Oro.
Tuttavia, il sistema d’arma poteva funzionare: era solo questione di applicare migliorie tecniche, continuare l’addestramento e insistere, insistere, insistere.
Nel settembre ’41 arrivano i primi successi con un incrociatore e una nave cisterna britannici affondati/danneggiati gravemente, ma la missione più famosa fu condotta in dicembre contro la base di Alessandria d’Egitto quando i Maiali riuscirono a penetrare nel porto, sorpassando mine e recinzioni subacquee e a far saltare in aria due corazzate, la Valiant e la Queen Elizabeth e altre due navi inglesi.
I nemici se la legarono al dito e quando nel ’42 lo Scirè, sotto il comando del Capitano di Corvetta Bruno Zelik si diresse verso il porto di Haifa, un’altra base britannica oggi nel territorio di Israele, gli tesero un’imboscata intercettando le comunicazioni condotto con il codice tedesco “Enigma”.
Danneggiandolo con le bombe di profondità, costrinsero lo Scirè a salire in superficie dove poi fu finito a cannonate. Infine, con un’ultima passata di bombe uccisero anche i pochi sopravvissuti rimasti vivi all’interno dello scafo. Fu una vera esecuzione, ma non tale da scalfire una delle pagine più gloriose della storia marinara di tutto il mondo.
Se chiediamo a un ragazzo di oggi cosa ricorda dell’Impresa di Alessandria, con ogni probabilità ne riceveremo uno sguardo parallelo, ma si sa, ormai se non sono argomenti “petalosi”, a scuola non si studiano.
Tuttavia, la storia conosce corsi e ricorsi, magari le future generazioni prenderanno a cuore questi cimeli e quindi ora varrebbe la pena intervenire prima che sia troppo tardi.
Sempre il sito reportpistoia.com spiega cosa era stato proposto e perché il progetto di alcuni anni fa si è bloccato. “Come Associazione Culturale Betasom ci attiviamo presso lo Stato Maggiore della Marina portando a conoscenza dell’idea di fare qualche cosa per la mitragliera dello Scirè. Viene caldeggiato di formare una squadra di più enti coinvolti finalizzati nell’impresa. Quindi aderiscono: la Presidenza Nazionale dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, il Gruppo A.N.M.I. di Pescia come referente di zona, la Marina Militare proprietaria del cimelio, Fincantieri con Oto Melara e il Comune di Pistoia che lo ha in comodato d’uso. Intorno al 2011 dopo varie comunicazioni tra i vari enti partecipanti, effettuiamo un sopralluogo presso la Fortezza Santa Barbara, con un rappresentante per ogni ente coinvolto nell’operazione, tranne la Marina Militare. Oto Melara, che è l’azienda contattata per dare un contributo materiale con una sistemata all’arma e fermarne il progressivo deterioramento, invia a questo incontro un loro perito per valutare l’impegno da profondere nell’impresa. La Marina Militare successivamente concede un mezzo di sollevamento e trasporto da Pistoia a La Spezia (sede di Oto Melara) e rientro a fine lavori. Il Comune di Pistoia, in quella riunione, si assume l’incarico di cercare per la mitragliera una sede consona, protetta e fruibile al pubblico. Purtroppo le promesse di Oto Melara, dopo vari rinvii nel mantenere quanto detto, ci hanno indotto a prendere atto che non c’era la volontà di andare avanti nel programma, fermando così la catena di interventi di tutti gli altri soggetti coinvolti. Come avete appurato la mitragliera è ancora in quel luogo senza esser riusciti a migliorarne la qualità di protezione. A distanza di questo tempo potrebbe esser ripreso in mano il progetto? Con la volontà tutto è possibile, a condizioni di trovare un finanziatore che si assuma l’onere di far fare un ciclo di mantenimento del materiale ferroso all’arma in officine di settore e specializzate, il Comune di Pistoia che dovrebbe permettere lo spostamento del cimelio e trovargli al rientro sistemazione più adatta”.
Insomma, facciamo qualcosa?