Un approfondimento dal sito Difesa on line a cura di Filippo del Monte
(di Filippo Del Monte)
06/12/24
Nel n. 111 dell’Osservatorio di Politica internazionale, intitolato “Una forza di riserva per l’Italia“, a cura di Matteo Mazziotti di Celso e del generale Francesco Diella, si affronta una riflessione, non più rimandabile, sulla costruzione di una riserva militare in grado di coniugare quantità e qualità e che possa consentire all’Italia di affrontare anche guerre ad alta intensità.
Il modello proposto rientra nel quadro di una discussione più ampia, inaugurata tanto dall’ex capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, quanto dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso delle ultime audizioni alle Camere, dove è stata evidenziata l’esigenza di dover procedere ad un aumento organico delle Forze Armate, accompagnato dalla “disponibilità di personale e di un complesso di capacità credibili che potenzi l’efficacia dello strumento militare”. Una delle possibilità per soddisfare requisiti sempre più stringenti in ordine di numeri e conoscenze, passa proprio per la riforma dello strumento della riserva.
L’impatto delle nuove tecnologie sui campi di battaglia ucraini e mediorientali, con la conseguente espansione del loro impiego, affiancato a tattiche e strategie militari “classiche”, sono fattori che contribuiscono ad accelerare i progetti per una riforma dello strumento militare nazionale che incida anche su conoscenze e prontezza del personale, non solo in servizio permanente, ma anche in riserva.
La strutturazione di una forza di riserva in grado di fornire alla Difesa quelle competenze innovative necessarie ad affrontare uno scenario multidominio non è più rimandabile. Importante è che si ritenga questo tipo di riserva “specializzata” come un qualcosa di diverso dall’attuale Riserva Selezionata, la quale costituisce un bacino di integrazione numerica di professionalità “tradizionali” e già consolidate in seno al corpo ufficiali di ogni singola Forza Armata.
Logicamente, l’attivazione delle forze di riserva precede la mobilitazione generale, con la conseguente riattivazione della leva obbligatoria; fase in cui il dilemma capacity-capability verrebbe superato in favore dell’elemento quantitativo necessario a reggere l’urto di una guerra di massa.
Dal punto di vista numerico, ad oggi né la Riserva Selezionata né la costituenda Riserva Ausiliaria dello Stato potrebbero garantire quell’aumento di potenza organica che si richiede. Gli autori del dossier curato da Geopolitica.info hanno proposto, giustamente, di riformare in chiave “modulare” la riserva, scrivendo che: “Un sistema di mobilitazione moderno […] deve essere ben organizzato e pronto nel mobilitarsi, flessibile a seconda delle esigenze via via più complesse da affrontare, rapidamente integrabile nella componente in servizio attivo, ampliandone sia la capability che la capacity. L’organizzazione qui ipotizzata dovrebbe essere composta da ‘Moduli di riserva’ differenti in termini di quality e di quantity, progressivamente attivabili in fasi temporalmente diverse”.
Chiaramente, la questione legata alle forze di riserva e completamento delle Forze Armate è molto ampia ed in fase di razionalizzazione. Ad esempio, anche il corpo militare volontario della Croce Rossa Italiana è oggetto di un disegno di legge volto sia ad ampliarne le categorie del personale direttivo, includendo tra gli ufficiali reclutabili, oltre agli attuali commissari, medici e farmacisti, anche odontoiatri, veterinari, biologi, fisici, chimici e psicologi; sia a renderne più efficienti le modalità di mobilitazione.
Ancora una volta, anche per le componenti ausiliarie delle Forze Armate, che nelle forze di riserva sono pienamente integrate, si evidenzia l’importanza di unire in un dispositivo mobilitabile “modulare” capacity e capability.