Approfondimento sull’argomento a cura di Paolo Giannetti su Ocean4future
Leggendo vari testi e consultando il web, capita di imbattersi nelle più svariate teorie sul perché i marinai, nel passato, indossassero gli orecchini. Secondo le usanze della vecchia marineria, per qualsiasi pirata, l’orecchino, insieme alla benda e alla bandana, costituiva un ‘accessorio’ fondamentale perché si credeva portasse fortuna e lo proteggesse dall’annegamento oltre che … tener lontano lo scorbuto. L’uso dell’orecchino per i naviganti si diffuse in Inghilterra nella seconda metà del ‘500 quando, attraverso le rotte per l’Asia, i marinai europei conobbero pratiche come il ‘body piercing’ e l’agopuntura (con le relative mappe dei punti di pressione).
Attraverso questi contatti multi etnici questi viaggiatori, non sempre di grande cultura, assimilarono conoscenze di altri popoli, spesso senza comprenderne il valore. Fu così però che si diffusero nel vecchio continente nuove usanze ma anche superstizioni orientali ed africane.
L’orecchino (in oro) rappresentava il loro tesoro
Se fossero morti in navigazione e gettati in mare, i marinai avrebbero trovato la pace nell’aldilà solo se il loro corpo fosse poi seppellito a terra. L’orecchino rappresentava quindi la ricompensa per chi, trovato il loro cadavere restituito dal mare, si fosse poi occupato della loro sepoltura. Alcuni vi incidevano addirittura il nome della loro città natale (come si usa nelle piastrine dei militari) per far si che potessero essere sepolti in patria. Altri, per assicurarsi una degna sepoltura, portavano delle monete nella cintura.
Una delle tante superstizioni era non fischiare a bordo (in quanto ispiratrice di tempeste), avere un tatuaggio (chissà perché di buon augurio) o lanciare un paio di scarpe fuori bordo subito dopo il varo di una barca. Al di là della superstizione si pensava che il buco all’orecchio potesse migliorare la vista, fondamentale in mare per individuare scogli pericolosi e vascelli nemici. Una cosa curiosa se pensate che gli agopunturisti di oggi utilizzano i punti di pressione sui lobi delle orecchie proprio per la cura dei problemi di vista. Una conoscenza forse appresa nei lunghi viaggi oltreoceano?
Lupi di mare
Secondo alcune versioni, i marinai portavano un solo orecchino d’oro, mentre secondo altre, ne portavano più di uno in ricordo di navigazioni importanti, come l’attraversamento dell’Equatore o il doppiaggio di Capo Horn. In quest’ultimo caso, se il passaggio era avvenuto da Ovest verso Est, si forava l’orecchio sinistro (quello rivolto verso il Capo), mentre il destro si forava per il passaggio da Est verso Ovest (assai più arduo contro venti e correnti predominanti).
La nave Garthsneid al largo di Capo Horn durante una tempesta, 1919 – Fonte VPL Numero di accesso VPL: 3194 – Autore Frank Leonard Home | Vancouver Public Library (vpl.ca)(125) Pinterest
Il massimo numero di orecchini era quattro, due per lobo, e venivano indossati dopo aver doppiato ciascuno dei seguenti quattro Capi geografici:
– Capo Horn (Sud America)
– Capo di Buona Speranza (Sud Africa)
– Capo Finisterre (Spagna del nord)
– Capo Leuween (Australia).
In altre parole, più orecchini venivano sfoggiati più si dimostrava di essere un “Lupo di Mare”, così da incutere timore ed ottenere rispetto dai subalterni … oltre che per darsi un’aria furbesca.
The Guardian frigate, comandata dal Lieutenant Riou, Carington Bowles, 1790, Walpole
Si legge, inoltre, che “i marinai omosessuali dichiaravano la loro disponibilità a rapporti al resto dell’equipaggio con l’orecchino indossato sul lobo destro“. Ma su questo ci sono molti dubbi.
Sulla presunta omosessualità dei marinai si è spesso ricamato. In un articolo pubblicato su British Tars, l’autore Kyle Dalton sostiene che, almeno in ambito anglosassone, si tratti dell’ennesima fake news, ovvero le notizie riportate sui testi dell’epoca non accalorano la tesi di una vasta omosessualità tra i marinai. A tal riguardo, Rodger sostenne nel suo libro The Wooden World: An Anatomy of the Georgian Navy che gli atti di omosessualità non erano così comuni nella metà del XVIII secolo come molti presumono, sottolineando che “Sembra che ci siano stati solo undici tribunali marziale per la sodomia durante la guerra [Sette anni’], di cui quattro hanno portato ad assoluzioni, e sette condanne con minore accusa di indecenza o ‘impurità”. Questa non sembra una cifra straordinariamente grande per una popolazione marittima che contava all’epoca dai settanta agli ottantamila marinai. Va specificato che il termine “omosessuale” andrebbe riferito alle inclinazioni e agli atti, piuttosto che definire i marinai stessi. Secondo dicerie nate intorno alla Royal Navy la mancanza di accesso alle donne diede origine all’omosessualità, in quanto nel XVIII secolo la vita a bordo, esclusivamente maschile, poteva far pensare di volersi accontentare in tal senso. In realtà anche il minimo sospetto era punito severamente, anche con la morte. Gli articoli del codice di guerra della Royal Navy del 1749 erano molto chiari in materia e non davano spazio al clemenza: “Pena per chi commette Sodomia. XXIX. Se una persona della Flotta commette l’innaturale e detestabile Peccato di Sodomia (Buggery) con l’Uomo o la Bestia, sarà punito con la Morte con la sentenza di una Corte marziale. “.
In un famoso romanzo erotico del XVIII secolo, Fanny Hill di John Cleland, o Memorie di una donna di piacere, viene descritta un scena esplicita tra l’allegra prostituta Fanny ed un marinaio. Fanny accetta l’offerta del marinaio di unirsi in una taverna, e lì fanno l’atto “con un impetuosismo e desiderio, allevati molto probabilmente da un lungo digiuno in mare“. Cleland (non dimentichiamo che si trattava di un libretto erotico) descrive i vari convenevoli, sottolineandoli con colorite metafore navali. Ad un certo punto, Fanny racconta: “È caduto direttamente a bordo di me” e quando “non stava andando alla porta giusta, e bussando disperatamente a quella sbagliata, gli ho detto di esso: “Pooh!“, e lui rispose ‘mia cara, qualsiasi porto in una tempesta‘”. Il racconto è satirico ed attinge all’impressione popolare che i marinai, nei lunghi viaggi fossero dediti all’omosessualità. In realtà non ci sono prove che essa fosse praticata a bordo più che a terra. E l’orecchino del marinaio indossato con orgoglio dai marinai, era soltanto un vanto per aver solcato tanti mari. Nota della redazione
Qualunque sia la verità, gli orecchini dei marinai erano sempre a forma di anello per testimoniare, infine, il loro sposalizio con il mare!
Cieli sereni
Paolo Giannetti
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Entrato in Accademia nel 1977, ha prestato servizio e comandato numerose unità navali, specializzandosi nel tempo in Idrografia (Idrographic Surveyor di categoria “A” ) e Oceanografia con un Master presso la Naval Postgraduate School di Monterey, California. Appassionato divulgatore ha creato Capitan Bitta, detto il “Gianbibbiena, un personaggio immaginario che racconta con brevi scritti curiosità di nautica, meteorologia e astronomia