Un approfondimento sull’argomento dal sito Ocean4Future a cura di Gian Carlo Poddighe

Con l’aumento delle attività navali in Mar Rosso in questi ultimi due anni e le prospettive di operazioni nell’indopacifico, il rifornimento in mare è tornato ad essere centrale per le forze navali dislocate in aree operative lontane dai normali bacini di giurisdizione.
Il primo rifornimento documentato di una nave da guerra in mare fu condotto dalla USS Constitution nel Mar dei Caraibi durante la “guerra” del 1799; non strettamente un sistema “underway” nei termini attuali, visto che la fregata veniva rifornita di tutti i generi necessari, nel possibile contenuti in barili, da “navi spoletta”, che li trasferivano sia con lance a remi sia, quando le condizioni ambientali non lo consentivano, facendoli galleggiare e poi imbragandoli e issandoli a bordo: metodi empirici ma che permisero alla fregata di rimanere in operazione (“on station”) per quasi un anno intero.

USS Maumee
Il primato del rifornimento in mare (di combustibili) in condizioni operative viene comunemente attribuito alla petroliera di squadra USS Maumee (AO-2) che, nel maggio 1917, dislocata 300 miglia a sud della Groenlandia, completò a favore delle unità che si trasferivano in Europa quello che viene considerato il primo rifornimento per mare militare. Non tutte le fonti sono d’accordo, in quanto andrebbero ricordati gli esperimenti previamente condotti nel 1916 nei Caraibi seguiti qualche anno più tardi dal rifornimento sistematico di una squadriglia di Cacciatorpediniere della US Navy, in occasione di una esercitazione in larga scala che comprendeva il dispiegamento di una squadra navale dalla costa Ovest degli Stati Uniti a Panama.

In tutti questi passaggi va segnalato un protagonista che conosciamo sotto altri aspetti, Chester Nimitz, che già da Direttore di macchina di un cacciatorpediniere aveva sviluppato di propria iniziativa un metodo per il rifornimento in mare di combustibile, tra l’altro in condizioni di mare sempre più impegnative; una vera passione per Nimitz che, arrivato al massimo grado di Fleet Admiral, dichiarò “… Il rifornimento underway (in corsa) è stata l’arma segreta della US Navy nella Seconda Guerra Mondiale“.
Fin dai suoi albori la US Navy si è trovata ad operare su tutti i mari, lontano dalle sue basi e spesso lontana da porti e basi amiche in cui rifornire le proprie unità; anche se questo non è mai stato un proprio problema esclusivo di fatto fu la prima a risolverlo.
Ripromettendoci di tornare più in dettaglio sull’evoluzione, in oltre un secolo, delle procedure e dei sistemi, è certo che stiamo entrando in una nuova era, a seguito di un secolo di sviluppo di tecniche marinaresche ed operative sempre più complesse, scandite da continui esperimenti; per chi ha navigato sa che il rifornimento in mare è riconosciuto essere la vera sfida dei veri marinai: le unità devono essere rifornite navigando affiancate ad una distanza media di 50 metri, mantenendo rotta e velocità assolutamente uguali e costanti, collegate tra loro da un reticolo di cavi di acciaio mantenuti in tensione costante. Questo in ogni condizione di mare e di visibilità, di giorno o di notte, trasferendo non solo i “più facili” combustibili, ma ogni genere di carichi solidi, spesso molto delicati, comprese le munizioni, e spesso personale.
Il rifornimento in mare in movimento, se non in corsa (RAS, Replenishment At Sea, ma più correttamente URAS, Underway Replenishment At Sea) è una delle più rischiose manovre marinaresche, sia per la cinematica che deve essere accurata ed in sintonia tra le unità impegnate, sia per l’impiego del personale assegnato durante il trasferimento di materiali o (non semplice) di manichette con cavi in tensione sempre incombenti. Un compito molto specializzato, che richiede sia nel caso del rifornimento laterale che nel prora-poppa un’elevatissima preparazione/specializzazione del personale addetto. Sebbene questo tipo di operazioni sono entrate a far parte delle attività marinaresche di routine per le unità di Squadra la sperimentazione di sempre nuove soluzioni ha portato nel tempo a tecniche di rifornimento multiplo, come il rifornimento bilaterale e le VERTREP effettuate con elicotteri, che implicano difficoltà maggiori dal punto di vista addestrativo, ma soprattutto una disponibilità maggiore di personale, non essendo possibile automatizzarle con sistemi automatici o robotici. In particolare, la possibilità di trasferimento di materiali con il VERTREP, ovvero a mezzo di elicotteri con carichi sospesi al gancio baricentrico, richiese studi ingegneristici sull’ottimizzazione delle tecniche per la preparazione dei carichi e l’aggancio ai velivoli in hovering.
Impianti complessi, e di altissima sofisticazione, non solo per il mantenimento della giusta tensione delle linee di teleferiche ma per ridurre i tempi necessari e quindi i tempi di esposizione delle unità a situazioni pericolose anche per la minaccia avversaria; riduzione dei tempi che ha comportato il trasferimenti dei liquidi con sistemi ad alta pressione (e quindi non solo con manichette ma con tubolature di bordo in grado di resistervi), impiegando sistemi di derivazione aeronautica (furono impianti che prendevano spunto dal rifornimento in volo dei bombardieri strategici del SAC), che comportò non solo l’irrobustimento di parte delle sovrastrutture ma la realizzazione di opportune strutture per il collegamento delle teleferiche ed il rinforzo dei ponti nelle aree dove scaricare i materiali solidi.

Nave Sterope affiancata a Nave Carabiniere
Anche la Marina Militare italiana si trovò costretta a “rincorrere il problema” (ereditato in pieno dalla Regia Marina) e, a metà degli anni 60, acquisì sul mercato mercantile una petroliera T2 residuata dalla 2^GM, rimettendola in servizio come “Sterope”; un sistema datato e superato che permise però di acquisire capacità, colmando solo nel 1975 il gap con i primi rifornitori moderni, di costruzione nazionale, Stromboli e Vesuvio che hanno avuto decenni di onorato servizio ed hanno permesso alla MMI ed alla cantieristica italiana di raggiungere adeguate competenze. In sintesi, la capacità di rifornimento in mare si rivelò, ed è tuttora, una funzione strategica per l’impiego continuativo delle forze navali in mare che lo stesso Nimitz considerò una chiave del successo nella seconda guerra mondiale, soprattutto nelle operazioni del Pacifico; di fatto una funzione moltiplicatrice del numero delle unità disponibili. Non a caso, nel dopoguerra e nella guerra fredda, questa capacità assunse sempre maggiore importanza per tutte le flotte coinvolte, anche se la Marina Sovietica non raggiunse mai una vera capacità di rifornimento in mare.
Di fatto all’epoca gli impianti ed i macchinari per questo servizio erano classificati e soggetti a licenza di esportazione, con limitazioni per gli stessi membri NATO. Solo dopo la caduta del Patto di Varsavia, queste tecniche vennero rese disponibili attraverso delle norme non classificate, create ad hoc per consentire il rifornimento anche di unità non NATO. Ma questa è un’altra storia.
Gian Carlo Poddighe
In anteprima rifornimento multiplo in mare – photo credit UPIC
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