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Il posto di lavaggio
Non è che poi io sia del tutto inesperto di “posti di lavaggio”.
Chissà quanti ne avrò fatti in vita mia! In caserma, a bordo, a casa…
Mi risuonano ancora nelle orecchie le voci di Capo Siluro, di Capo Cannone o del Nostromo mentre, con fare un pochino rude e selvaggio urlavano: “Svegliaaaa ciurma di dormiglioniiiii fannulloniiii imboscatiiii!… Svegliaaaaaaa!…. posto di lavagggioooooo!”
Lo sbattere di un pezzo di tubo tra le brande per fare più rumore possibile e l’accendere delle luci era un brusco risveglio.
Le casermette Sommergibili di Taranto, La Spezia o Augusta, ricordano ancora il trambusto di tutte le mattine e le lotte tra chi doveva controllare e chi cercava di squagliare.
In navigazione il posto di lavaggio era annunciato per “Interfonico” ma non per questo era meno fastidioso. Il capo passava subito dopo l’annuncio con carta e penna in mano, pronto a scrivere chi non era presente sul posto.
“Per essere in ritardo al posto di lavaggio”…era questa una delle voci più cliccate nel “registro dei rapporti al personale”.
Perciò, capite cari amici, che di posto di lavaggio ho una certa esperienza e non lo sottovaluto affatto.
Alle 1830 dovevo prenderla alla stazione al rientro da una breve licenza di giorni quattro e già alle sette del mattino, subito dopo il caffè, avevo pronti tutti gli attrezzi necessari.
Scopa, ramazza, secchio con acqua, detersivo liquido, strofinacci (due: uno per lavare per terra ed uno per ripassare ben strizzato), cif ammoniacal, ecc… Insomma non mancava niente; tutto come quando a bordo si aspettava la visita di un “pezzo grosso” ed il posto di lavaggio doveva essere…“speciale”.
Mi ricordo che a volte il posto di lavaggio poteva durare anche giorni.
In certe occasioni non c’era l’Interfonico che annunciava il “Cessa posto di lavaggio, inizio lavori”. Se si aspettava una visita importante, il posto di lavaggio diventava un “posto di lavaggio continuato”.
Così io avevo pensato di fare.
Innanzitutto avevo fatto il letto che non facevo da tre giorni, poi avevo deciso di non cucinare per non sporcare e non perdere tempo e concentrarmi solo sul posto di lavaggio.
Avrei mangiato un panino veloce a mezzogiorno in giardino per non lasciare le briciole per casa e la sera l’avrei invitata a cena fuori.
Tutto il giorno a pulire.
I bordi del copriletto alzati perché la scopa potesse arrivare bene sotto il letto, le sedie capovolte sul tavolo perché non fossero d’intralcio.
“Prima spazzare, poi passare lo strofinaccio e poi ripassare con lo straccio umido”…continuavo a ripetermi.
Ma ancora prima di questo dovevo ricordarmi di pulire i vetri e tutti gli specchi dove i nipotini avevano lasciato le loro impronte di ovetto kinder , patatine, pennarelli vari e gelato al cioccolato (vetril e carta di giornale erano pronti).
Pensate, cari amici, che perché non mi sfuggisse niente mi ero pure scritto tutti i vari passaggi su un foglio di carta e man mano che facevo, smarcavo.
Mi ero ricordato di bordo e delle visite speciali.
Ricordavo che dopo che si considerava finito il posto di lavaggio e la nave era pronta ad accogliere il “pezzo grosso”, il Comandante in persona, seguito dal Secondo e dal Capo Aiutante facevano un giro d’ispezione per evitare che qualcosa potesse essere sfuggita.
“Su quell’oblò c’è una macchia di pittura” diceva il Comandante al Secondo ed il Capo, sempre con carta e penna in mano, segnava che su quell’oblò si doveva ripassare perchè c’era una macchia di pittura.
Anch’io, che avevo finito il posto di lavaggio alle 16 e 30, avevo smesso i panni del marinaio e, indossati quelli del Comandante, mi ero fatto il giro d’ispezione.
A parte le ciabatte fuori posto, che avevo subito sistemato nella scarpiera, a parte i panni non stirati che, dopo essere stati dimenticati un giorno in lavatrice giacevano da tre giorni appesi allo stendino, e che avevo provveduto a nascondere in un armadio e, a parte l’oblò (quello della lavatrice, non della nave) che era rimasto aperto, era tutto perfetto.
Un’ultimo forte alito allo specchio seguito da potente strofinata con una grande pezzuola tipo quella che serve a pulire gli occhiali, per esserne certo della pulizia e nel contempo dare una controllata anche a me stesso, ed ero pronto ad andare in stazione per accorglierla all’arrivo del treno.
“Cosa hai preparto per cena?” disse la signora mentre io stavo ancora per aprire la porta di casa.
Anche se ero preparato a rispondere che avremmo festeggiato il suo ritorno con una cenetta fuori, il cuore mi batteva forte per l’ansia.
Mi avrebbe fatto un bel complimento appena avrebbe visto lo spendore della casa e sentito il profumo di pulito?
Mi avrebbe detto, buttandomi le braccia al collo, “sei un tesoro di marito”?
No! Niente di tutto questo!
Entrò sospettosa, arricciò il naso, fece un rapido giro per la casa ed io dietro con la sua valigia ancora in mano col cuore che mi batteva forte ed a bocca aperta pronto a sentire la sentenza che si profilava (ci mancava solo il Capo Aiutante col foglietto e penna per scrivere cosa non andava).
“Sono mancata appena quattro giorni e guarda com’è ridotta questa casa! C’è sporco e disordine dappertutto!
Dai, su! Rimboccati le maniche, rassetta e incomincia il posto di lavaggio mentre io disfo la valigia.”
Capito cari amici?! Capito!? Che dovevo fare?
E meno male che non è entrata subito in cucina ed il bicchiere e cucchiaio sporchi di gelato nel lavandino li ho visti prima io e con fare veloce li ho fatti sparire nel secchio della spazzatura!
Ero stato attentissimo a tutto ma dopo il panino mangiato in giardino mi ero lasciato sopraffare dalla mia golosità ed avevo pure dimenticato di cancellare le tracce.
Enzo Arena