Dal sito Ocean4future un argomento di guerra per non dimenticare a cura di Gianfranco Perri
Nel mese di marzo 2016 si commemorò a Brindisi il centenario dell’arrivo dei MAS le cui silhouette dovevano diventare familiari per tutti i brindisini di varie generazioni che avevano imparato a riconoscerli quando solcavano le tranquille acque del porto con il loro inconfondibile rombo. Questi veloci mezzi venivano seguiti dalle loro imponenti onde fino alle rive delle spiagge, mentre raggiungevano i loro posti di ormeggio all’interno del porto militare. La loro presenza nella città di Brindisi durò fino agli anni settanta.
Tutto iniziò nel 1916
In quel tempo di guerra, Brindisi era la sede del Comando Superiore Navale del Basso Adriatico retto dal contrammiraglio Umberto Cagni, e il mare Adriatico era infestato dai temibili sommergibili austriaci che, con base nel porto di Durazzo, scorrazzavano facendo strage di convogli civili e di mezzi militari navali italiani.
Contrammiraglio Umberto Cagni
La genialità degli ingegneri navali italiani era però riuscita a inventare e quindi a progettare con l’ingegnere livornese Attilio Bisio, una speciale barca torpediniera lignea propulsa da un motore a scoppio da 40 cavalli. Un mezzo navale incredibilmente economico, velocissimo e versatile, con duecento miglia di autonomia, fornito di un cannoncino da 75 mm e, soprattutto, due potenti e letali siluri, che avrebbero potuto colpire il nemico con massima efficienza, in mare aperto così come nei suoi stessi porti. Il mezzo navale, realizzato in poco tempo nei cantieri navali della Società Veneziana di Automobili Navali (SVAN) a Venezia, fu chiamato con il suo acronimo MAS, “Motobarca Armata SVAN”, dal nome dell’azienda che per prima produsse quelle speciali imbarcazioni militari.
Oltre ai primi due prototipi (MAS 1 – Fig. 1 e MAS 2 – Fig. 2), si misero rapidamente in cantiere altre unità fino a costituire una prima squadriglia di otto MAS, affidata al tenente di vascello Alfredo Berardinelli con la missione di esplorazione, attacco e caccia ai sommergibili ed agli altri mezzi navali nemici, sfruttando il grande potere offensivo e il fattore sorpresa che implicava il suo impiego. Un’arma completamente sconosciuta al nemico che non ebbe mai un’idea esatta della sua effettiva potenzialità, tanto che talvolta gli attribuì anche qualità al disopra delle reali.
L’arrivo a Brindisi
Era il 28 marzo 1916 e l’Italia era entrata nel suo secondo anno di guerra al fianco degli alleati dell’Intesa contro l’impero austro-ungarico, quando il MAS 3, di solo 8 tonnellate e 15 metri, giunse da Venezia a Brindisi su di un carro ferroviario. Presto lo raggiunsero altri cinque e poi altri 6, fino al completamento dell’intera flottiglia composta da 12 MAS.
Fig. 3 – il MAS 5 del comandante Berardelli e il MAS 7 del comandante Gennaro Pagano di Melito
Fu così che Brindisi divenne la base principale nel Basso Adriatico di quei mezzi navali, ri-denominati Motoscafi Armati Siluranti o le “Streghe”, come confidenzialmente erano soprannominati dagli equipaggi, perché capaci di apparire improvvisamente, assalire, colpire e allontanarsi velocemente, senza possibilità di essere intercettati dal nemico.
MAS 7, Fig. 4
Il 7 giugno di quello stesso anno 1916, il MAS 5 del comandante Berardelli e il MAS 7 del comandante Gennaro Pagano di Melito (Fig. 3 e Fig. 4), partirono dalla base di Brindisi e penetrarono la rada di Durazzo, affondando il piroscafo Lokrum; le due piccole e fragili imbarcazioni furono rimorchiate fino alle vicinanze di Durazzo da due torpediniere protette al largo da quattro cacciatorpediniere francesi. Perlustrando la baia, i due motoscafi avvistarono un piroscafo, evidentemente carico, ed ognuno lanciò un siluro, colpendo entrambi il bersaglio, ancorato a 150 e 250 metri di distanza. Meno di venti giorni dopo, gli equipaggi di quei due stessi MAS riuscirono a portare a termine un’altra missione nella notte tra il 25 e il 26 giugno, affondando nella stessa rada di Durazzo un altro piroscafo austriaco, il Sarajevo.
Nel frattempo, nell’Alto Adriatico, i MAS si riempirono di gloria; nel dicembre del 1917 i MAS 9 e 13 (Fig. 5), guidati rispettivamente, da Luigi Rizzo e Andrea Ferrarini, affondarono nella rada di Trieste la corazzata austro-ungarica Wien e danneggiarono la Budapest.
Nella base di Brindisi, durante tutto l’anno 1917, i MAS furono principalmente impiegati in operazioni di vigilanza e caccia ai sommergibili austriaci operanti nel Basso Adriatico e nei servizi di polizia costiera nelle acque prospicienti l’Albania. Nel 1918 arrivarono a Brindisi i MAS di nuova generazione, più pesanti meglio armati e con motori più sicuri e più silenziosi. Nella notte tra il 12 e il 13 maggio, i MAS 99 e100, comandati rispettivamente da Gennaro Pagano Di Melito e Mario Azzi, attaccarono un convoglio nemico e affondarono il piroscafo Bregenz di ben 4000 tonnellate.
Il Capo di Stato Maggiore della Marina austro-ungarica, ammiraglio Nikolaus Horthy, pianificò un’incursione contro lo sbarramento navale di Otranto che ostruiva l’accesso al mare aperto alla marina asburgica mantenendola confinata nell’Adriatico. Per quella missione, il 9 di giugno 1918, la squadra navale austro-ungarica con le corazzate Szent István e Tegetthoff salpò da Pola.
Fig. 6
Nel corso della Grande guerra ci furono numerose missioni per i MAS, alcune di successo e andate a vuoto; infine, in coincidenza con il secondo anniversario della prima missione, il 10 giugno del 1918, il MAS 15 (Fig. 6 e Fig. 7) del comandante Luigi Rizzo, affiancato dal MAS 21 del comandante Giuseppe Aonzo, affondò nelle acque di Premuda lungo le coste dalmate, la possente corazzata austriaca Szent István facendo entrare i MAS italiani nella leggenda.
Come ricorderete, all’alba del 10 giugno il capitano di corvetta Luigi Rizzo, impegnato con i Mas 15 e 21 in un’operazione di dragaggio di mine al largo dell’isolotto di Lutrosnjak, entrò fortuitamente in contatto con la flotta austro-ungarica e, sfruttando al meglio le caratteristiche dei MAS, grazie ad un coraggioso ed occulto avvicinamento spinto fino ameno di 500 metri di distanza, riuscì ad affondare la corazzata Szent István, fiore all’occhiello della marina nemica.
Il contraccolpo psicologico dell’azione ebbe ripercussioni talmente forti, da impedire nel corso della Grande guerra qualsiasi altra operazione navale alla monarchia mitteleuropea. L’azione è ancora ricordata dalla Marina militare italiana che festeggia il 10 giugno la sua festa.
Il poeta Gabriele D’Annunzio che, con Luigi Rizzo e Costanzo Ciano, aveva partecipato alla “Beffa di Buccari” del MAS 96 (Fig. 8), assieme ai MAS 94 e 95 (Fig. 9), nella baia a sud di Trieste nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, non tardò a coniare per quegli intrepidi motoscafi il motto: Memento Audere Semper – Ricorda di Osare Sempre.
Conclusa la Prima guerra mondiale, molti MAS restarono di base a Brindisi, che ne accolse anche di nuovi e più efficienti. Da Brindisi i MAS furono impiegati anche nella Seconda guerra mondiale, alcuni di vecchia generazione, Tipo SVAN e Tipo Baglietto, altri d’ultima generazione, più veloci e più efficienti, che vennero denominati classe MAS 500. Se ne costruirono 76 unità in quattro serie successive della stessa Classe, identificati MAS 501 a MAS 576, che affiancarono i vecchi 24 MAS ancora in servizio, per un totale di 100 MAS.
Fig. 10
I mezzi di questa nuova classe 500 (Fig. 10 – Fig. 11 – Fig. 12) avevano un dislocamento da 23 a 30 tonnellate ed erano propulsi da motori Isotta Fraschini Asso 1000 con una potenza da 2000 a 2300 HP, che gli permetteva di sviluppare una velocità massima intorno ai 42-44 nodi. Erano armati di due lanciasiluri da 450 millimetri, con 6 a 10 bombe di profondità e con due mitragliere da 13,2 e 20 millimetri, con un equipaggio composto da 9 a 13 uomini.
Fig. 11
Fig. 12
Mentre la Regia Marina nella Prima guerra mondiale aveva prodotto circa 400 MAS, il loro numero nel secondo conflitto mondiale fu di molto minore perché, anche se molto veloci grazie al loro scafo stellato, erano poco marini e non potevano operare con il mare molto mosso.
Per questo motivo, la Regia Marina italiana incorporò, con l’identificazione iniziale da MAS 1D a MAS8D (Fig. 13), otto motosiluranti catturati nell’aprile del 1941 alla marina jugoslava: erano schnellboote, lunghi 28 metri e prodotti all’inizio degli anni ’30 in Germania che, a differenza dei MAS, avevano uno scafo ad U e, anche se leggermente più lenti, erano più robusti, sicuri, stabili e manovrabili, soprattutto in condizione di mare mosso.
Fig. 13
Quei mezzi furono replicati a Monfalcone, nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico tra il 1942 e il 1943, e se ne costruirono 36 Tipo MS CRDA da 60 tonnellate (identificati con MS 11 a MS 16, MS 21 a MS 26 e MS 31 a MS 36 quelli della prima serie e con MS 51 a MS 56, MS 61 a MS 66 e MS 71 a MS 76 quelli della seconda serie). I 6 dei mezzi jugoslavi, MAS 3D a 8D, furono riclassificati e identificati con MS 41 a MS 46. Questo portò il numero delle motosiluranti ad un totale di 42.
La Seconda guerra mondiale
Anche durante la Seconda guerra mondiale, furono numerose le azioni condotte dai MAS e dai MS. Tra di esse quelle di maggior successo furono:
– il siluramento dell’incrociatore HMS Capetown l’8 aprile 1941 ad opera del MAS 213 comandato dal guardiamarina Valenza;
– l’affondamento nel Mar Nero del sommergibile sovietico Equoka il 19 giugno 1942;
– il danneggiamento dell’incrociatore russo Molotov a opera dei MAS 568 e 573 il 3 agosto 1942; l’affondamento a opera dei MS 16 e MS 22 il 12 agosto 1942 del modernissimo incrociatore HMS Manchester nella battaglia aeronavale di Mezzo Agosto nel Mediterraneo centrale; nel corso della stessa i numerosi MAS partecipanti affondarono anche i piroscafi Glenorchy, Saint Elisa, Rochester Castle, Almeria Likes e Wairangi;
– l’affondamento del cacciatorpediniere HMS Lightning sulle coste algerine, il 12 marzo 1943.
Al termine, dei pochi MAS e dei 15 MS CRDA superstiti, cinque vennero ceduti alle marine vincitrici: quattro all’Unione Sovietica e uno alla Francia mentre i rimanenti 9 continuarono a prestare servizio nella Marina Militare, destinati ad operare nelle acque dell’Adriatico e dello Ionio. In realtà vennero declassati a semplici motovedette in base alle clausole del trattato di pace e quindi armati solo con le mitragliere. Poi, il 1º novembre 1952, venute meno le clausole più restrittive del trattato, quei nove mezzi vennero riclassificati e riarmati di siluri, con la denominazione definitiva da 471 a 475 e da 481 a 484 dove il primo numero, il “4”, indicava “motosilurante”.
Da allora e per gran parte degli anni ’70, quei nove gloriosi MAS, modernizzati in versione motosiluranti MS e raggruppati nel Comando Motosiluranti (COMOS) di sede a Brindisi, continuarono la loro attività addestrativa. Ricordo che noi giovani brindisini di allora, li potemmo ancora ammirare sulle tranquille acque del porto fino alla loro sostituzione con mezzi navali molto più evoluti e sofisticati che rivoluzionarono le tattiche navali. Fu così che i MAS brindisini andarono in disarmo sostituiti da cannoniere e poi moderni aliscafi lanciamissili. Cinque di quei nove MAS furono posti in disarmo agli inizi degli anni ’60 e i quattro restanti (472 – 473 – 474 e 481, in formazione nella Fig. 14), vennero radiati nel 1979, a quasi quarant’anni dal loro varo.
Oggi, si conservano ancora due MAS della Prima guerra mondiale: il MAS 15 (Fig. 7) del due volte medaglia d’oro Luigi Rizzo, nel sacrario delle bandiere del Vittoriano a Roma, e il MAS 96 (Fig. 8) usato da Gabriele D’Annunzio, conservato nel Vittoriale degli Italiani a Gardone. Altri due MAS della Seconda guerra mondiale: il 472 è conservato a Marina di Ravenna e il 473 nel Museo Storico navale di Venezia.
Giancarlo Perri
Bibliografia
Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Roma
Fausto Leva, La Marina Italiana nella Grande Guerra – Vol. II, 1935
Erminio Bagnasco, I Mas e le motosiluranti italiane, 1967
Nino B. Lo Martire, Brindisi ieri oggi e domani, 1968
Giuseppe T. Andriani, La Base navale di Brindisi durante la Grande Guerra, 1993
Archivio di Stato di Brindisi, Il Castello, la Marina, la Città, 1998
Gianfranco PERRI, 100 anni fa arrivarono a Brindisi i MAS, 2016
Gianfranco PERRI, La Grande guerra e l’epopea dei MAS: Brindisi nei primi anni ’70 fu la loro ultima base – su 7 Magazine, Brindisi 11 febbraio 2022
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Gianfranco Perri è nato a Brindisi il 21 settembre 1951 e nel 1974 ha ottenuto la laurea in Ingegnería Mineraria ¨con Lode¨ nel Politecnico di Torino, dove ha anche esercitato la docenza. Attualmente è docente di “Progettazione di gallerie” presso l’Università Centrale del Venezuela di Caracas. È consulente e progettista di opere sotterranee nei vari paesi del Centro e del Sud America. Ha pubblicato due libri sulla progettazione di gallerie e un centinaio di paper tecnici e scientifici, in spagnolo, italiano ed inglese, la maggior parte dei quali presentati in convegni internazionali in molte regioni del mondo.
Nel 2009 a Bari, ha ricevuto il Premio Internazionale “Pugliesi nel Mondo” e nel 2010 dall’Università degli Studi di Foggia, è stato incluso tra i “Pugliesi illustri nel mondo”. Ma Gianfranco Perri è anche un appassionato studioso della storia di Brindisi e un suo impegnato divulgatore. Ha scritto diversi libri e saggi sulla storia di Brindisi ed ha pubblicato molti articoli sul quotidiano “Senzacolonne” e sul settimanale “il7 Magazine” di Brindisi e, dal 2013, ha attivo il Blog “Via da Brindisi” sul giornale online “Senza Colonne News”. Ha anche scritto vari articoli e saggi storici pubblicati, alcuni a stampa e altri online sulle pagine web www.fondazioneterradotranto.it www.academia.edu e www.brindisiweb.it