Si trova nel versante meridionale del Pacifico e sembra destinata a diventare grande come l’accumulo di rifiuti che da tempo galleggia più a nord
Le isole di plastica che invadono i mari rappresentano una minaccia globale. Per questo motivo non fa piacere sapere che un gruppo di scienziati ne ha individuata una nuova di zecca e di dimensioni gigantesche. Ricopre una grossa fetta dell’Oceano Pacifico meridionale e fa il paio con il Great Pacific Garbage Patch, la chiazza di rifiuti che da molti anni campeggia più a nord.
QUANTO È GRANDE L’ISOLA
Secondo le stime degli scienziati, la distesa di immondizia copre una superficie di 2,6 milioni di chilometri quadrati, circa otto volte la dimensione dell’Italia. La sua esistenza era un’ipotesi già da tempo, ma ora un team di oceanografi dell’Algalita Marine Research Foundation ha raccolto delle prove inequivocabili, attraverso una spedizione che ha lambito l’Isola di Pasqua, tra le altre.
CORRENTI MARINE
L’isola di plastica, ribattezzata South Pacific Garbage Patch per distinguerla dalla sorella del nord, è figlia del vortice subtropicale del Sud Pacific o. Si tratta di un mix di correnti marine, che convoglia in questo angolo di oceano le enormi quantità di spazzatura che finiscono costantemente in mare. La maggior parte dei campioni raccolti dai ricercatori non sono costituiti da bottiglie o sacchetti, bensì da detriti plastici più piccoli di un chicco di riso, che si estendono in verticale e in orizzontale, formando qualcosa di molto simile a una nuvola di smog.
ISOLE SORELLE
Il Great Pacific Garbage Patch (o Pacific Trash Vortex) è nato intorno agli anni ’80 e si è accresciuto fino a raggiungere una dimensione probabile di 10 milioni di chilometri quadrati, in pratica quasi il 6% dell’intero Oceano Pacifico. L’isola scoperta ora nel tratto meridionale potrebbe seguirne le orme nel giro di un decennio. “La mia prima impressione è che i campioni raccolti riportino a quanto visto nel Pacifico settentrionale nel 2007. Quindi siamo dieci anni indietro”, ha detto l’oceanografo Charles Moore. Gli scienziati devono ancora pubblicare ufficialmente i dati raccolti, ma hanno deciso di dare un assaggio della loro scoperta per sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere gli esperti a studiare possibili soluzioni al problema.