Una toccante esperienza dell’amico Nunzio Giancarlo Bianco
Il loro modo di lavorare lo ritengo unico, come diciamo noi militari italiani, essi hanno una considerazione importante della struttura logistica ovvero, prima di raggiungere qualsiasi destinazione nel mondo, in ogni posto loro sanno che troveranno un alloggio e un supporto logistico anche per le famiglie, e di questo noi italiani ancora siamo degli antesignani.
Insomma tornando alla vicenda personale, per alcuni anni ho lavorato con questi militari, ma di tanti ricordo la figura minuta di un collega americano, aveva il grado corrispondente al nostro di maresciallo di seconda, egli era il tutto fare, ad esempio, se un loro mezzo aveva delle problematiche, lo vedevi all’opera e risolvere il problema, oppure se c’era da ripristinare un interruttore nella centrale elettrica, era il primo ad arrivare e riparare il tutto.
Di questi personaggi ci si rimane affascinati, e subito è nata quell’empatia, per due motivi, il primo per avere la padronanza della loro lingua, sovente ci capitava, di uscire a piedi e farci delle passeggiate in quella terra arsa ma dal panorama spettacolare, secondo poi, imparare da lui l’arte nel saper fare quasi tutto.
In questo era la sua umiltà, quello di avere la pazienza di spiegarti tutto, più di quando la vita fosse maestra negli anni, anzi reputo un’occasione unica e rara, era un vero maestro.
Ricordo le feste che si faceva con il loro gruppo, tipo quella della festa di indipendenza americana che cadeva il 4 Luglio, ci ospitavano e ci preparavano tutto quello che loro mangiavano in quella occasione, anche il tacchino dalle dimensioni di un vitello, oppure quelle loro salse di condimento dolce, anche i fagioli erano dolci, e poi la loro allegria in quel giorno di ricorrenza importante, alla fine ci scolavamo una montagna di birre, e si rideva tutta la notte.
Quella loro brace accesa per tante ore, e quanta carne ci mangiavamo.
Ritornando al collega americano, amavo il suo modo di lavorare il legno, ma egli sapeva scolpire anche la pietra, faceva delle opere di arte bellissime, aveva una maestria unica comunque, un giorno mi disse, Giancarlo prima che tu vada via voglio farti un regalo, eravamo diventati molto amici, aveva notato l’interesse che nutrivo nel suo operare, mi portò nella loro piccola falegnameria, erano arrivati dall’America tavole della famosa sequoia americana, in pochi giorni mi realizzo un tavolo artigianale, per sollevarlo dovevamo essere in quattro persone. Ancora oggi lo ringrazio ma, un giorno capitò che venisse in visita da noi, presso il nostro comando isolano, l’alto gotha di generali americani, in queste occasioni, il comandante dove lavoravo aveva organizzato una accoglienza davvero superba, eravamo tutti impeccabili, compresi i colleghi americani, nella rassegna che si fa sempre in queste occasioni all’improvviso i due generali americani si misero loro sull’attenti, e su chi si soffermarono, sull’amico tutto fare americano, rimanemmo sbigottiti, un generale che si metteva sull’attenti davanti a un collega maresciallo, fu lui a dargli il riposo, si organizzo una piccola cerimonia e festeggiammo all’americana, popolo che io amo particolarmente.
All’andare via delle autorità, come sempre nelle mie curiosità quotidiane, volli chiedergli come mai dell’avvenuto e lui disse, Giancarlo non ci pensare, ma io mai domo volevo sapere il perché, ma non fu lui a dirmi il perché ma bensì il comandante della caserma, disse solo una parola, Bianco Lui è un eroe del Vietnam.
Non so quanti colleghi aveva salvato in una operazione, ma la cosa strabiliante fu la sua umiltà, mai e poi mai Egli aveva parlato della sua vicenda, ma una lezione l’avevo imparata, che un vero eroe, reputa la sua azione una operazione normale, forse per me era incredibile, ma per Lui era così, ecco posso asserire che, un vero eroe, non si vanta delle sue attività anzi, per Lui era importante la nostra amicizia.