Dal sito OCEAN4FUTURE una curiosità che pochi conoscono
Tutti sappiamo quanto sia importante aggiornare le mappe dei nostri sistemi di navigazione per non incorrere in spiacevoli inconvenienti. Se questo può comportare dei ritardi guidando la nostra autovettura, il problema può essere decisamente più serio in mare, in particolare se stiamo navigando … sott’acqua, dove la navigazione necessita di carte nautiche decisamente aggiornate. Cosa hanno di speciale? Come quelle di superficie, le carte nautiche impiegate sui sommergibili riportano gli ostacoli alla navigazione e gli ufficiali di rotta devono considerare che il loro “ingombro” può variare anche con la profondità. Il problema è che la morfologia dei fondali del mare non è ancora così conosciuta per cui le sorprese possono essere spiacevoli.
Santa Rita, Guam – Il sottomarino d’attacco USS San Francisco (SSN 711) scortato da due rimorchiatori portuali ritorna ad Apra Harbour, Guam, dopo un dispiegamento di cinque mesi. San Francisco deve essere assegnato al COMSUBRON Fifteen, che è l’unico squadrone avanzato di sottomarini rischierato nel territorio statunitense di Guam – Autore marinaio fotografo di 2 Classe Mark A. Leonesio (RELEASED) – Fonte http://www.navy.mil/view_image.asp?id=14706
USS San Francisco (SSN-711) Apra.jpg – Wikimedia Commons
È quello che avvenne l’8 gennaio 2005, quando l’USS San Francisco, un sottomarino a propulsione nucleare della marina statunitense (US Navy) classe Los Angeles, entrò in collisione con la parte superiore di una montagna sottomarina.
Un gigante del mare
L’USS San Francisco è un sottomarino di grandi dimensioni con un dislocamento di ben 6.900 tonnellate in immersione ed è una lunghezza circa 110 metri. La sua propulsione è assicurata da un reattore nucleare General Electric PWR S6G che fornisce una potenza di 35mila cavalli che permettono una velocità massima di 33 nodi. Essendo un sottomarino passa gran parte della sua missione di pattugliamento negli abissi per riemergere solo a termine del suo lungo periodo di operazioni che può essere anche di molti mesi. Teoricamente, a differenza delle navi e sommergibili convenzionali, non hanno bisogno di fare rifornimento di carburante avendo un’autonomia potenziale di anni grazie alla propulsione nucleare. L’equipaggio è normalmente composto da 129 tra ufficiali, sottufficiali e marinai specialisti che operano per mesi all’interno del battello nel suo transito nelle profondità marine.
Al momento della collisione, l’USS San Francisco era vicino a Guam in una missione di addestramento ed in rotta verso Brisbane, Australia, dove avrebbe dovuto fare una breve sosta. Le rotte di navigazione erano state tracciate sulla mappe in dotazione, evitando aree con possibile presenza di ostacoli. Il sottomarino era ad una profondità di circa 525 piedi (160 metri) e navigava alla velocità di circa 25 nodi in prossimità della catena montuosa delle Isole Caroline. Navigando alla cieca (blind navigation), ovvero senza l’utilizzo del sonar attivo (come normalmente avviene per evitare di essere sentiti), il battello non si rese conto dell’approssimarsi della montagna sottomarina.
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Un breve filmato del sottomarino USS San Francisco in emersione
Anche se la velocità di 25 nodi (25 miglia all’ora) potrebbe non sembrare molto, parliamo di un gigante del mare con una massa di più di 6.000 tonnellate che improvvisamente andò ad urtare una montagna sottomarina che non appariva sulle carte nautiche in dotazione. Un urto di prora tanto violento che danneggiò gravemente i serbatoi di zavorra e la cupola del sonar, e comportò il ferimento di 98 persone di cui uno, il marinaio macchinista di 2 classe Joseph Allen Ashley, perse la vita. Dai rapporti emerse che i marinai, che stavano consumando il pasto nella mensa di bordo, furono scagliati attraverso il locale. Uno dei sottufficiali, Brian Barnes, durante un’intervista, descrisse la drammatica scena: ” … solo corpi ovunque. Vetri e piatti rotti … ed i tuoi compagni che si lamentano perché soffrono, urlano.”
USS San Francisco (SSN-711) in bacino di carenaggio per valutare i danni subiti dopo essersi arenata a circa 350 miglia a sud di Guam l’8 gennaio 2005. La protezione blu serve a nascondere l’attrezzatura sottostante classificata – foto del marinaio fotografo 2a classe Mark Allen Leonesio – da U.S. Navy NewsStand Photo ID 050127-N-4658L-030; foto modificata da Papa Lima Whisky
USS San Franciso drydock Sm edit.jpg – Wikimedia Commons
A seguito dell’urto, la prua del USS San Francisco si accartocciò aprendosi per i primi dieci metri prodieri, con le strutture rovinosamente esposte al mare. L’acqua di mare incominciò ad entrare all’interno del sottomarino attraverso le falle e l’unica soluzione fu l’emersione rapida, pompando aria nei serbatoi di zavorra per variare il suo assetto e riportare il sottomarino in superficie. L’equipaggio reagì prontamente all’ordine di risalita di emergenza nonostante molti erano gravemente feriti. Si racconta che un marinaio azionò le valvole della risalita rapida nonostante avesse entrambe le braccia fratturate.
disegno della sezione prodiera del USS San Francisco – da https://idahospudsblog..-collisions-uss-san-francisco.html
Una volta azionati gli interruttori per la manovra di risalita rapida, ci si aspettava che i serbatoi di zavorra del sottomarino si riempissero immediatamente di aria ad alta pressione, rendendo il sottomarino positivo e quindi talmente “galleggiante” da delfinare oltre la superficie dell’acqua. In realtà, per 60 interminabili secondi di terrore il San Francisco sembrò non reagire … un’eternità per l’equipaggio. Quindi, la parte posteriore del sottomarino iniziò finalmente ad inclinarsi verso l’alto mentre i serbatoi di zavorra posteriori si riempivano gradualmente d’aria. In superficie i motoristi di bordo furono in grado di avviare il motore diesel ausiliario per mantenere pieni i serbatoi di zavorra danneggiati. Fortunatamente i suoi siluri Mk. 48 ed i missili da crociera Tomahawk non si attivarono e, sorprendentemente, anche il reattore nucleare non fu danneggiato.
L’USS San Francisco, non con poche difficoltà, fu in grado di navigare in superficie alla lenta velocità di dieci nodi verso Guam, impiegando cinquantadue ore per arrivare nella base di Guam dove poté effettuare le prime riparazioni (temporanee) in modo da poter poi raggiungere la base navale di Pearl Harbor dove verosimilmente lo aspettava un lungo periodo di lavori di manutenzione.
Apra harbor (8 maggio 2005) – Il sottomarino classe di Los Angeles USS San Francisco (SSN 711) nel bacino di carenaggio. Una nuova grande cupola in acciaio di altezza circa 20 piedi e un diametro di 20 piedi è stata messa al posto della precedente danneggiata – U.S. Navy photo (RELEASED) – Public domain
USS San Francisco (SSN 711) shown in dry dock during repair.jpg – Wikimedia Commons
Epilogo
Dopo aver sostituito le parti danneggiate il USS San Francisco fu distolto dalla attività operativa e designato all’addestramento per la scuola di ingegneria nucleare della Marina di Charleston, Carolina del Sud.
Capitano di fregata Kevin Mooney – U.S. Navy photo (RELEASED) –Public domain
CDR Kevin Mooney.jpg – Wikimedia Commons
Il comandante del sottomarino all’epoca dell’incidente, capitano di fregata Kevin Mooney, fu sollevato dal comando con la seguente motivazione “… critical safety procedures were overlooked on the nuclear submarine …“. Il procedimento disciplinare, tenutosi nella base navale di Yokosuka, a sud di Tokyo, da parte di una Commissione della U.S. Seventh Fleet, riguardò anche altri sei membri dell’equipaggio, che furono poi degradati per aver dimostrato qualche … incapacità professionale. Per il resto dell’equipaggio, l’immediata risposta all’emergenza a seguito della collisione, che comportò il salvataggio del battello, ricevettero una medaglia. Sembrerebbe una logica conseguenza ma durante l’inchiesta emerse comunque qualcosa di strano.
Cosa era successo?
La domanda che ci si pone è come possa essere successo un tale incidente. Al di là delle responsabilità assegnate al Comandante sulla gestione dell’emergenza (difficilmente valutabili senza poter accedere al rapporto finale), durante l’inchiesta la commissione della US Navy scoprì, con un certo imbarazzo, che il sottomarino aveva utilizzato per navigare delle carte obsolete. La carta nautica utilizzata dall’equipaggio era infatti stata preparata dalla Defense Mapping Agency … nel 1989 e mai aggiornata dai responsabili del servizio di navigazione.
La rotta percorsa dal sottomarino nucleare prima dell’”incontro” con la montagna sottomarina, presente anche su Google Earth –
secondo https://idahospudsblog.blogspot.com/2020/07/submarine-collisions-uss-san-francisco.html
Secondo uno studio sull’area dell’incidente, preparato dall’Università del Massachusetts nel 2008, un’immagine satellitare Landsat mostrava già una montagna sottomarina di oltre 6.500 piedi di elevazione dal fondo, che arrivava fino a 30 metri dalla superficie. Purtroppo le carte della Marina statunitense non erano state aggiornate con i nuovi dati perché, secondo il rapporto della University of Massachusetts, la US Navy aveva ritenuto che, con la cessazione della Guerra Fredda, l’area del sito dell’incidente non avesse una priorità elevata per effettuare una mappatura più accurata. Cosa che era stata invece data alla Regione marittima mediorientale durante la guerra globale al terrorismo. L’inchiesta scoprì (vedi aggiornamento) però che altri documenti nautici, non tenuti in dovuta considerazione dal team di navigazione, erano comunque presenti a bordo e, se fossero stati considerati, avrebbero potuto limitare se non evitare l’incidente.
Aggiornamento “Other charts in San Francisco’s possession did, however, clearly display a navigation hazard in the vicinity of the grounding,” it said. “San Francisco’s navigation team failed to review those charts adequately and transfer pertinent data to the chart being used for navigation, as relevant directives and the ship’s own procedures required. “If San Francisco’s leaders and watch teams had complied with requisite procedures and exercised prudent navigation practices, the grounding would most likely have been avoided. Even if not wholly avoided, however, the grounding would not have been as severe and loss of life may have been prevented.” |
Conclusioni
L’USS San Francisco, al termine dei lunghi lavori, riprese il mare e tornò a Point Loma nell’ottobre 2016 dopo aver concluso nella sua vita operativa sei dislocamenti oceanici. Il cambio di comando e la cerimonia di addio avvenne il 4 novembre 2016, poco prima di essere trasferito a Norfolk per essere trasformato in “sottomarino scuola ormeggiato” (MTS) presso la Navy’s Nuclear Power Unit, una struttura di formazione specialistica di base a Charleston, South Carolina. L’11 maggio 2017, la nave fu posta in “‘In Commission Special’ – stand down for MTS conversion“, un processo di 32 mesi che comprendeva lo sbarco di tutti sistemi non necessari che venne però completato solo a metà del 2021. Il 16 agosto 2021 il sottomarino venne quindi trasferito da Norfolk alla base di Charleston dove fu radiato definitivamente il 15 maggio 2022.
Andrea Mucedola
in anteprima il grave danno al sottomarino USS San Francisco – Autore USN photographer – Fonte http://www.strategypage.com/gallery/articles/military_photos_20053315.asp
SSN-711-damages 05.jpg – Wikimedia Commons
Riferimenti
Command investigation about the apparent submerged grounding of USS San Francisco (SSN 711)
Spud’s blog: Submarine Collisions – USS San Francisco SSN-711 (idahospudsblog.blogspot.com)
Roblin, Sebastien (17 October 2019). “This Is What Happens When a U.S. Navy Attack Submarine Crashes Into a ‘Mountain’” – The National Interest.
Running Critical: The Silent War, Rickover, and General Dynamics Hardcover – January 1, 1986, Patrick Tyler
Wikipedia
Ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).