L’appello di Massimo Ferri, coordinatore nazionale Cisl per il comparto della difesa
Su Taranto, attualmente, sono in pianta organica 3.800 dipendenti civili impiegati in vari ruoli e con diverse responsabilità a servizio della forza armata. La maggior parte di questi è stata assunta tra il 1980 e il 1983. Così, dopo oltre 40 anni di impiego, è giunto ormai il normale tempo della pensione. La stima dei sindacati è davvero preoccupante. Entro la fine del 2024 Taranto perderà circa 2.000 unità lavorative. Il dato è così distribuito: in Arsenale, degli attuali 1.428 dipendenti civili ne resterà più o meno la metà. Stessa cosa a Maricommi, che dagli attuali 480 dipendenti civili ne perderà il 50 per cento e a Maristanav che da 539 unità si ritroverà con un 40 per cento circa in meno del personale civile.
L’allarme, più volte lanciato dai sindacati della Difesa, è stato sistematicamente sottovalutato. E il concorsone per 315 posti bandito nei mesi scorsi, di fatto non è nemmeno un pannicello caldo in questo scenario.
Massimo Ferri, coordinatore nazionale Cisl per il settore Difesa è sinceramente preoccupato per il futuro della forza armata a Taranto. Il rischio più immediato è quello della esternalizzazione dei servizi o della privatizzazione di alcuni comparti strategici come quello delle manutenzioni navali, con la conseguenza dell’aumento dei costi che andrebbero a ricadere sui contribuenti.
Partiamo proprio dal concorso: 315 posti, la metà dei quali resterà sguarnita perché chi vi ha partecipato non è risultato idoneo.
«Non è possibile che su 5.200 concorrenti che hanno chiesto di partecipare a un corso di preparazione, di formazione per fare l’operaio, non si trovino 315 candidati idonei. C’è qualcosa che non va, che non ha funzionato nella selezione – spiega Ferri -. Domande assurde e commissioni composte tutte da personale militare. È stato fatto un danno grave alla città di Taranto e a tutto il Paese. Abbiamo chiesto conto al sottosegretario alla Difesa con delega alla Marina, l’onorevole Matteo Perego di Cremnago, di questa incongruenza. E il sottosegretario ci ha assicurato che ci sarà un altro concorso. Si tratta di 1.452 posti, solo 80 dei quali in Puglia. Questo non risolve il problema. Ora siamo in attesa di un altro concorso da circa 2.400 posti che dovrebbe uscire all’inizio dell’anno prossimo e in questi 2.400 posti dovrebbero essere ricomprese alcune posizioni riservate per l’Arsenale di Taranto».
Ma Ferri spiega già che i numeri non saranno sufficienti a coprire il gap dei posti di lavoro persi. «Nel territorio di Taranto già adesso abbiamo su una pianta organica teorica di circa 3.800 unità, una previsione di uscita entro 12 mesi di 1.600 persone con pensionamenti ordinari, più altri con misure speciali, quote ed altro. Quindi mancheranno circa 2.000 unità. Cosa resterà dell’Arsenale di Taranto? Tutti sappiamo che è il più importante e il più grande stabilimento per le manutenzioni di lungo periodo delle unità navali e dovrebbe avere una pianta organica di circa 1.400 persone, mentre già adesso ne conta circa 900. Stessa storia per Maristanav Taranto che è la più grande base militare e d’Italia, che nel giro di meno di un anno perderà professionalità straordinarie in grado di operare per il pronto impiego delle navi. E così anche per Maricommi, Marina Sud, Marimuni, eccetera. Una vera e propria emorragia».
Per il coordinatore nazionale Cisl per la Difesa, Massimo Ferri, «è necessario programmare non solo di ripianare l’organico dell’Arsenale ma anche degli altri enti, altrimenti – spiega – tutto il sistema Marina affonda».
«La politica e il management militare non perdono occasione per ribadire che Taranto è centrale per la Marina e per il Paese, dimenticando spesso che nel corso del tempo questa presenza ha anche condizionato l’economia e la società perché la forza armata ha occupato spazi fisici importanti sul territorio, ne ha condizionato lo sviluppo. La programmazione fatta dallo stesso Stato maggiore della Marina riporta entro la fine del 2024 circa 1.600 unità in meno. Certo, non è soltanto un problema del ministero della Difesa, ma è un problema in genere di tutto il pubblico impiego, ma in questo modo – aggiunge Ferri -, i servizi pubblici che sono garanzia di uguaglianza di diritti, vengono messi in discussione e si fa spazio l’idea della privatizzazione dei servizi».Per discutere delle situazioni più impellenti, il prossimo 27 novembre, i rappresentanti sindacali della Difesa incontreranno a Roma il capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino. «Abbiamo chiesto alla Marina una sorta di piano industriale complessivo, non solo per Taranto. Alla luce di questi numeri così drammatici, vorremmo scongiurare il rischio privatizzazioni che costano il triplo e mettono in discussione il controllo delle attività sensibili sui sistemi militari».