Vorrei raccontare una storia che è parte della mia vita, prima che questa venisse “sopraffatta” dai delfini.
Nel 2008, 12 anni fa, mi laureai con una tesi di sedimentologia marina, con uno studio sulle spiagge di Cala di Roto (la famosa Spiaggia Rosa), la Spiaggia del Cavalieri e la Spiaggia di Cala Santa Maria, tutte nell’Arcipelago di La Maddalena.
Allora si sapeva ben poco sull’origine del colore rosa di questa spiaggia, simbolo del nostro Parco Nazionale e con Vincenzo, Il Prof. Pascucci per tutti coloro che non sono studenti di Scienze Naturali di Sassari, e con il mio amico Stefano, suo assistente, facemmo non poca fatica a ricostruire le dinamiche che creano questo meraviglioso angolo di paradiso, che l’hanno resa famosa e che la portarono anche a essere immortalata nel film di Michelangelo Antonioni “Il Deserto Rosso”, con attrice protagonista Monica Vitti.
Studiai anche la Miniacina miniacea (il microrganismo responsabile del colore rosa) e trovammo che la percentuale di scheletri di microrganismi (bianchi e rosa) era altissima, fino al 80-90%, paragonabile a quella delle spiagge coralline tropicali (dove però il carbonato di calcio deriva soprattutto da frammenti di coralli), con alcuni campioni ricchi di sedimento rosa paragonabili ad altri che avemmo la fortuna di analizzare grazie al contributo del Parco Nazionale, e che erano stati rubati negli anni 70’ e restituiti. Gli effetti della chiusura si potevano misurare già allora: a poco più di 10 anni dal provvedimento la spiaggia stava riacquistando il suo carattere distintivo.
Mauro, l’allora custode dell’isola, ci aiutò instancabilmente a capire parte dei fenomeni di erosione e deposizione che creano questo miracolo che attira così tante persone nel nostro arcipelago. Nelle foto, alcuni momenti di quel bellissimo e faticoso periodo, durato 4 anni, fatto di immersioni, campionamenti ma anche di tantissime ore passate in laboratorio a lavare, essiccare, setacciare e pesare campioni, spesso col naso sanguinante per aver respirato sabbia. Risparmio i grafici e le statistiche, quelle le lasciamo all’Università 🙂
C’è anche la testimonianza di come tanti anni di chiusura abbiano fatto bene a questa spiaggia, riportandola ad una condizione di equilibrio e con una deposizione di sedimento rosa che è chiaramente visibile. Chi conosce bene le spiagge, chi parla senza condizionamenti, sa che esse non sono mai uguali, che “respirano”, che cambiano continuamente e che possono scomparire e ricomparire miracolosamente.
Chi le studia sa anche che non è da un singolo episodio che si capisce il loro stato di salute, che gli studi durano anche anni, e che però le spiagge portano i segni della sofferenza ben visibili, per chi li sa leggere. Tra le innumerevoli spiagge che abbiamo in Sardegna, che abbiamo nell’arcipelago di La Maddalena, bellissime e fragili, io credo ancora che questa spiaggia debba rimanere chiusa, ad accesso limitato, magari con una fruizione controllata e rigorosa, da “osservatori discreti”.
Questo posto, che dir si voglia, ormai rappresenta un simbolo, un laboratorio a cielo aperto, un’occasione unica per far sensibilizzazione, per educare al rispetto della natura, perché è un monito, e purtroppo noi uomini abbiamo bisogno di queste cose per ricordarci del danno che possiamo fare e che abbiamo fatto in passato.
A chi dice che la Spiaggia Rosa non è più rosa… auguro di poterla visitare da vicino (in maniera rispettosa!) per constatare che il “rosa” è ancora là, perché continua ad arrivare dal mare il sedimento rosa. E consiglio di portare gli occhiali da sole, per apprezzare meglio quello che vedranno, perché il riverbero della parte bianca della sabbia è talmente forte da attenuare l’effetto cromatico
Il sedimento rosa tende a depositarsi “fresco” sul bagnasciuga, ma le onde lo portano poi a depositarsi sulla spiaggia emersa, dove, per effetto dei raggi ultravioletti si “scolora” (non è un processo veloce, comunque). Ecco che allora ne arriva dell’altro, in un continuo rinnovarsi che incanta chi riesce a coglierne la dinamica.
E a volte appare anche così! Di un rosa intenso, da non credersi, quasi inverosimile. E chi dice che la foto è ritoccata, non conosce la Spiaggia Rosa, e non crederebbe nemmeno a come quel posto diventa al tramonto, quando tutto, davvero tutto, diventa rosso e rosa.
Non ricordo nemmeno quante immersioni feci, ma fu sorprendente constatare quanto vecchia fosse la prateria di Posidonia di fronte a quella spiaggia. E’ quella la vera sorgente della sabbia e l’habitat di quei microrganismi che le danno il colore rosa.
Il Side Scan Sonar, lo strumento che usammo per ricostruire le immagini della conformazione del fondale della cala e osservare alcune forme di erosione della prateria di posidonia.
Non era semplice navigare su un gommone con uno strumento costosissimo al traino e un computer legato alla plancia che potrebbe bruciarsi per un po’ di gocce d’acqua salata…
Una delle innumerevoli misurazioni effettuate in tutte le spiagge studiate (ovviamente con tutti i permessi per la ricerca!!
La batteria di setacci usata in laboratorio all’Università per separare le varie parti di un campione, tutte con uguale granulometria (diametro dei grani di sabbia). Il problema che saltò fuori era di farlo senza rompere questi granuli, che nel caso della spiaggia rosa erano anche fragili!
Una delle immersioni che servivano per campionare la spiaggia sommersa, che costituisce la superfice maggiore di una spiaggia, anche in termini di volumi di sabbia.
Fu incredibile osservare anche a occhio nudo cone il ridotto impatto dell’uomo creasse microhabitat in buone condizioni, sia nell’ambiente somerso che sulla linea di costa.
La tecnica che allora mettemmo a punto viene usata ancora oggi (il Prof. la chiama “metodo “Bittau”, ma io preferirei evitare) e consente, con pochi soldi, di avere precisi campioni di sabbia dai fondali che si devono studiare.
La Miniacina miniacea, il foraminifero che cresce su substrati organici e che, una volta distaccato, va a formare la frazione rosa della sabbia della Spiaggia Rosa. Oggi è conosciuta anche dai bambini delle scuole elementari, ma allora completamente sconosciuta ai più, se non per averne già parlato nel libro che uscì qualche anno prima, e che scrissi con Marco Leoni e Fabio Presutti.
Un campione di sabbia osservato al microscopio, non a forte ingrandimento. Si osservano frammenti di briozoi, echinodermi, molluschi, foraminiferi e, naturalmente, di Miniacina miniacea.
Alcuni campioni di Miniacina miniacea, osservati al microscopio elettronico. Da questa immagine si capisce perché si chiamino foraminiferi, “portatori di fori, cavità”.
Questi gusci calcarei sono il segreto della Spiaggia Rosa, gusci di tante specie di microrganismi marini che, rompendosi in minuscoli frammenti, costituiranno la parte bianca della sabbia. E non solo: costituiscono gran parte dei fondali che ci deliziano con i loro colori,dallo smeraldo al blu. Tutti questi microrganismi vivono sotto e tra le foglie di Posidonia ocanica. E’ lei la ragione dell’esistenza di questa e di tante altre sabbie candide nel Mediterraneo e dei colori che rendono così belli i fondali sabbiosi dei nostri mari.
Il campione di sabbia rosa “rubato” negli anni 70′ e che ho avuto la fortuna di poter studiare, grazie alla concessione del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, per comparare quanto fosse cambiata la percentuale di sedimento rosa in 30 anni.
La cosa incredibile di quel posto è che tutto ricorda il colore rosa: perfino i “ripples”, le piccole formazioni sommerse sul fondale, sono rosa! con quei depositi di Miniacina che si accumulano tra le piccole creste..
Ed ecco come le lamine di sedimento rosa vengono “catturate” dagli strati di sabbia, così come qualsiasi altro sedimento
Tra le tante cose, ho anche effettuato alcuni voli con un piccolo aeroplano (il mitico Jabiru!) per poter fotografare la spiaggia dall’alto. Ebbene si: allora non esistevano ancora i droni! — con Gianluca Mosino
Non nascondo che vederla da lassù toglieva ancor di più il fiato.
Ecco come si presentava, e si presenta anche oggi quel tratto di costa dell’Isola di Budelli: centinaia di barche da un lato (mi pare che in questa foto se ne contino più di 300) con le relative ancore, e subito oltre quel piccolo promontorio… nessuna! il silenzio. Forse quel silenzio faceva e fa meraviglia ancora oggi, per chiunque visiti quel posto meraviglioso.
Ed ecco com’era la Spiaggia Rosa negli anni 80′ (credo), quando migliaia di persone potevano scenderci, e quando molti potevano portare via un po’ di sabbia come ricordo. Mi dissero che quel “souvenir” gli venisse anche suggerito. Io non l’ho mai vista così, nè la vorrei mai vedere così. (Non so di chi sia questa foto, mi scuso e spero si faccia vivo l’autore).
Questo articolo è stato estratto da un post di Mauro Morandi custode di Budelli, che a sua volta ha condiviso quello dell’autore Luca Bittau.
A loro va il mio particolare ringraziamento.