Genova – «Come si vive a bordo di un sommergibile? È come “Il grande fratello”, l’unica differenza è che qui gli spazi sono ancora più angusti e si è costretti a imparare a non arrabbiarsi mai»: Francesco Paolo Peluso ha trascorso 16 anni a bordo del Nazario Sauro e il suo sguardo si vela di commozione mentre lo ammira ancorato alla banchina davanti al Museo del Mare. Accanto a lui altri 130 membri dell’equipaggio che negli anni hanno prestato servizio a bordo del sommergibile e che si sono ritrovati per il primo raduno degli equipaggi, in corso a Genova sino a stasera. Sono arrivati da tutta Italia per condividere ricordi e salire ancora una volta a bordo del loro sommergibile: «Sappiamo che non è semplice capire il fascino della vita a bordo – ammette sorridendo Claudio Rizzo, il veterano del gruppo – ma dopo averla provata resta nel cuore per sempre. Per me poi il Nazario Sauro ha un fascino tutto speciale: l’ho visto nascere a Monfalcone, nell’ottobre del 1979, e vi ho lavorato ininterrottamente sino alla sua fine, 22 anni e sei mesi dopo. Sono salito come marinaio semplice e sono sceso come capo di prima: quando è partito dal porto della Spezia per essere trasformato in un museo, io ero sulla banchina a salutarlo con gli occhi lucidi». Fermi sulla banchina, i membri dell’equipaggio si scambiano aneddoti e ricordi. I visitatori che hanno terminato la visita a bordo li ascoltano ammirati e anche un po’ scettici: gli spazi sono davvero angusti, le brandine molto strette e immaginare una convivenza a così stretto contatto per tre settimane (la durata di ogni imbarco) è davvero difficile. «In effetti non c’erano nemmeno letti per tutti – ride Claudio Rizzo – Quando qualcuno si alzava per iniziare il turno, chi smontava si metteva a riposare al suo posto. La chiamavamo la branda calda perché non c’era nemmeno bisogno di scaldare le lenzuola». Eppure, giurano tutti, si diventa una grande famiglia. «E non potrebbe essere altrimenti – scherza Michelangelo Monno – Da lì non si scappa: non puoi divorziare, non puoi scappare al bar o inventarti una scusa e sparire. L’unica cosa che puoi fare è capire al più presto come gestire e risolvere i conflitti».
Liberamente estratto da: Secolo XIX