Primo di una serie di successi, quello nell’inaccessibile isola di Creta fu il coronamento di mesi di preparazione e addestramento
26 marzo 2022 Osvaldo Marchese
“Tutto era affidato a noi. Un uomo con il suo battello scagliato a folle velocità contro una grande nave: un siluro umano“. Non poteva descriverlo in modo migliore il regista Antonio Leonviola, quando nel girare la sua pellicola, “Siluri Umani“ appunto, decise di raccontare la genesi delle azioni insidiose messe a segno durante la seconda guerra mondiale.
Oggi, a 81 anni di distanza, ricorre una delle più grandi imprese compiute dagli uomini della X Flottiglia MAS: l’attacco alla baia di Suda. Primo di una serie di successi, quello nell’inaccessibile isola di Creta fu il coronamento di mesi di preparazione e addestramento, portando 6 tra ufficiali e sottufficiali della Regia Marina ad affondare un incrociatore pesante, lo York, e una petroliera, il Pericles. Tutto questo fu possibile grazie ad un’arma micidiale, destinata ad entrare nei porti del nemico per colpire la tranquilla sicurezza della sua flotta: il Motoscafo da Turismo Modificato.
Sebbene romanzata, la ricostruzione cinematografica di Leonviola rende chiaramente l’idea di quanto fossero letali i cosiddetti barchini esplosivi: “Il motoscafo conteneva 300 chili di tritolo, bastavano anche per una corazzata. All’urto contro il bersaglio una carica secondaria squarciava la prua, mentre una carica principale affondava la carena nemica scoppiando in profondità per produrre il massimo effetto distruttivo. E noi, eravamo votati alla morte come un Kamikaze giapponese? No. 50 metri prima dell’urto, bloccando i comandi, avremmo potuto sganciare lo schienale del seggiolino e lanciarci in acqua”. Ed è esattamente quanto accadde a Suda.
All’alba del 26 marzo 1941, il tenente di vascello Luigi Faggioni, il sottotenente di vascello Angelo Cabrini, il capo cannoniere Alessio De Vito, il capo motorista Tullio Tedeschi, il 2° capo meccanico Lino Beccati e il sergente cannoniere Emilio Barberi, al comando di altrettanti MTM, si avvicinarono il più possibile agli obiettivi, stabilizzarono il timone, quindi lanciarono i loro scafi alla massima velocità contro i bersagli nemici. Tutti e sei i protagonisti dell’eroica impresa si salvarono, ma furono fatti prigionieri dagli inglesi. Al ritorno in Patria, gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Per onorare la memoria di quell’azione, ai due autori materiali dell’affondamento dell’unità maggiore avversaria, Angelo Cabrini e Tullio Tedeschi, sono state recentemente intitolate le due omonime unità veloci tipo UNPAV destinate al Gruppo Operativo Incursori.